Le piume del Gallo

10 0 0
                                    

Spavaldo, quel giorno, il Gallo fece il suo ingresso nella sede della Standard Human Corporation.

Il suo aspetto tradiva un'arroganza epica: occhiali stimpunk da aviatore color fumo, spolverino da cacciatore del deserto con spacco che lasciava fuoriuscire il variopinto piumaggio posteriore, stivali impolverati giallo ocra, cresta all'aria e una camminata atteggiata, tipica del bullo incallito.

Arrivò ondeggiando verso la reception, puntando alla donna dietro al bancone, che lo accolse con aria severa: Giulia Martelli, una bionda soldatessa della SHC reclutata, tra molti pretendenti, per le sue doti di risolutezza e devozione alla corporazione.

Dall'alto dei suoi tacchi, lo precedette con uno sguardo sicuro di sè: "Buongiorno, come possiamo esserle utile?".

Il Gallo fece la sua mossa: con un balzo degno del miglior free runner, avanzò fin sopra il bancone della reception, avvicinandosi ad un paio di centimetri dal volto di Giulia che, atterrita, rimase sbigottita davanti a quello sguardo ribelle. Ci volle un attimo prima che Giulia ingoiasse l'amaro che quell'atteggiamento le provocò al palato.

Indietreggiò.

Il Gallo continuò la sua marcia verso la Direzione Centrale della SHC, sita al trentaduesimo piano di un grattacielo a vetrate specchiate scure, che rappresentava benissimo la pestilenza di quella struttura alloggiata in un contesto di degrado popolare, falsato dal perbenismo e dall'assoggettamento massivo del singolo individuo; era come vivere una pubblicità contro l'umanità.

L'ascensore arrestò la sua corsa al piano 32. Dalle porte che si spalancavano, fece capolino una figura imponente, corrugata ed accigliata, pronta ad impedire al Gallo di proseguire il suo cammino.

Era stata Giulia, dalla reception, ad avvertire la sicurezza, composta da un'elite di assoggettati speciali, provenienti dalla fucina della Sede di Addrestramento ed Istruzione, della SHC: una vera e propria lavatrice per cervelli, questa sede, rappresentava per la corporation il punto focale per la formazione e l'alterazione di nuovi umani.

Il Gallo ci mise poco a realizzare e non esitò: scivolò tra le gambe dell'energumeno e si diresse sicuro verso il pulsante dell'allarme anti incendio; lo armò facendolo scattare.

Il panico dilagò tra i dipendenti che, pieni di ansie e paranoie, rispondessero all'allarme correndo all'impazzata e generando il caos che serviva al Gallo per confondersi tra la folla, e sfuggire al goffo ed impacciato aguzzino, che puntava a passo veloce verso di lui. Intralciato dalla folla, l'energumeno, inizio a sparare.

I colpi fischiavano ovunque, amplificati dal rimbombo di quei locali sigillati dal resto dell'umanità che li circondava; un colpo sfiorò lo spolverino del Gallo che, agilmente, si muoveva tra quel delirio, alimentato dagli spari, evitando di essere colpito.

Non aveva scelta.

Prese a correre verso la porta in legno massiccio color ciliegio, e con un doppio calcio diretto, la spalancò.

Davanti a lui una bolgia di abomini in giacca e cravatta, che lo fissavano con freddezza dritto negli occhi, coi loro sguardi impenetrabili.

"Siete fottuti!" disse il Gallo, togliendosi dal volto gli occhiali da aviatore, "la rivoluzione è iniziata" continuò, "nessuno può distruggere la fantasia di un essere umano, ed io ne sono la palese prova: un gallo parlante con le piume variopinte e dall'aspetto stimpunk".

"Io sono la rivoluzione, io il futuro!" incalzò diretto, "voi siete il passato da cui trarre insegnamento, siete l'esempio di come si possa perdere l'umanità".

Il Gallo fece un passo avanti e con un salto, si pose sul tavolo osservando i gelidi occhi che lo fissavano atterriti: "guardatemi", disse, "se io esisto significa che non avete fatto un buon lavoro, significa che ancora c'è qualcuno che può dotarmi, con la sua fantasia, delle giuste armi per sconfiggervi".

Si voltò verso l'esterno di quella costruzione mostruosa e vide un mondo di esseri umani bendati confusi che lottavano tra loro per un tozzo di pane, che sfasciavano, rubavano, uccidevano, truffavano, alimentati dalla loro avidità e per questo diventati la causa del loro stesso male, e tutto per colpa della morte dell'umanità provocata dalla standardizzazione degli individui.

Un situazione comoda per pochi prescelti.

Si voltò ancora una volta a guardare gli uomini immobili e freddi che non trapelavano null'altro se non ansia e stress, fermi nella loro posizione: "siamo tornati ad essere umani e ve lo dimostreremo con la nostra musica!".

Le piume del GalloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora