12) Ti porto nel mio mondo.

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"Continuavo a guardarmi intorno" prosegue Lele con una voce più delicata del normale "ero incantato dalle foto appese alla parete. C'era una foto in cui eri piccola piccola. Avevi una testa piena di ricciolini ribelli ed eri tra le braccia di una donna, a cui oggi somigli in maniera impressionante. Accanto a voi, c'era un uomo che vi guardava. Innamorato perso. Mi soffermai sul tuo viso. Eri una bambina serena. Felice. Circondata d'amore. Guardando con più attenzione, notai una pancia appena accennata sul corpo di quella donna. Doveva essere incinta della tua sorellina. Non riuscivo a staccare gli occhi da quella foto. E riuscii a notare solamente che anche tu eri fissa a guardarla, come me. Il tuo sguardo però, non era felice e sereno come nella foto. La guardavi con gli occhi grandi, ma spenti. Mi avvicinai a te e ti presi tra le braccia. Non ti dissi niente. Non sapevo cosa dire. Ogni cosa sarebbe risultata sbagliata. Lo sapevo bene. Rimasi semplicemente lì, a stringerti più forte che potevo. Quando ti lasciai, passai ad esaminare la seconda foto. C'eri tu, ormai grande con i capelli lunghi, sciolti e ricci. Eri stupenda. Senza un filo di trucco, seduta su di un muretto con i capelli scompigliati dal vento. In quel momento pensai di essere l'uomo più fortunato sulla faccia della terra ad averti trovate. E ad averti tutta per me. Infine, iniziai a guardare un'ultima foto. In realtà era un collage di più foto. In ogni foto avevi un taglio diverso. Un colore diverso. Capelli bianchi. Grigi. Verdi. Rosa chiaro. Fucsia. Li avevi provati tutti. << Come mai non hai foto della tua adolescenza? >> mi venne istintivo chiederti. Non ci pensai te lo giuro. Le parole uscirono senza collegarsi al cervello. E a me non succedeva quasi mai. Mai in realtà. Mi guardasti confusa. Poi mettesti forse a fuoco la mia domanda. E vidi i tuoi occhi allargarsi piano piano e riempirsi di venature rosse. Mi si rimpicciolì il cuore. Avevo aperto una ferita che non dovevo toccare. << Scusami. Non avrei dovuto farti questa domanda>> mi precipitai a dirti. Mi avvicinai a te ti presi tra le braccia e ti portai a sederti sulle mie ginocchia. Mi guardasti con uno sguardo intenso, e piena di paura mista, però, a tanta forza e per mia fortuna, iniziasti a parlare e a dirmi: << l'adolescenza per me non c'è mai stata Lele. La mia infanzia si è fermata poco dopo quella foto che hai visto appesa alla parete. E' per questo che non ho foto esposte. Perchè in realtà non ce ne sono state. Ho sofferto tanto, tantissimo in quegli anni. E sono stata costretta a trasformarmi dalla ragazzina che ero, ad una piccola donna, pronta a combattere ed aiutare i suoi familiari. Tutti. Ecco perchè non ho foto della mia adolescenza. Semplicemente perchè non l'ho mai vissuta>>. Quasi soffocavo nelle tue parole. Se avessi saputo piangere, quello sarebbe stato il momento in cui, avrei pianto tutte le mie lacrime. << Oh amore mio>> mi venne solo da dirti, prima di affondare il mio viso nell'incavo del tuo collo e cullarti sul mio cuore. Non avrei mai più permesso a nessuno di farti stare male. Mai. Fosse stata l'ultima cosa da fare prima di morire... Fu proprio in quel momento che sentii due colpi di tosse provenire dall'altro lato della porta" racconta Lele ancora imbarazzato.

Scoppio a ridere perchè, nonostante sia ormai passato un po' di tempo, è sempre imbarazzatissimo nel raccontare quel momento. Decido, per cui, di proseguire io: " ci staccammo di colpo dall'abbraccio che ci accolgeva. << Papone>> esclamai vedendolo sulla porta mentre cercava di nascondere un sorriso tra il divertito ed il malinconico. << Ma che ci fai qui? non dovevi essere a quella mostra di fotografia ad Olbia?>> gli chiesi sinceramente stupita nel trovarmelo lì. Lui mi spiegò che quella mostra era saltata per il cattivo tempo previsto per quella sera, e poi si rivolse a te. Ricordo ancora la tua faccia. Era rossa come un pomodoro. << Tu devi essere Lele, giusto? chi ti ha dato il permesso di entrare in casa mia, con mia figlia? e soprattutto senza che in casa ci fosse qualcuno? >> ti chiese. Io sapevo che stava scherzando, ma guardare i tuoi occhi spalancati per la preoccupazione e le tue mani, che sempre più sudate, si torturavano tra loro era troppo divertente. << Buonasera signore. Si sono Lele, ed ho semplicemente accompagnato sua figlia per prendere dei vestiti. Mi dispiace di essere entrato in casa sua senza alcun permesso>> riusciti a balbettare con gli occhi rivolti verso il pavimento. Non ne potei più. Scoppiai in una risata isterica. Liberatoria. E mio padre mi seguì mentre si avvicinava a noi e allungava il braccio verso di te. Ti porse una mano, per stringertela,e ti disse <<Ragazzone, stavo scherzando. Sei il benvenuto in questa casa. Ormai so che ci verrai spesso no? >> Vidi il tuo volto distendersi, ed il tuo meraviglioso sorriso allargarsi sempre di più. << Si signore. Se sua figlia lo vorrà, mi rivedrà molto ma molto spesso>> dicesti con un tono sicuro ed asciutto. << Didì sono sicuro che non farà problemi in merito!>> disse sorridendo lui, prima di venirmi a dare un bacio sulla fronte. Come faceva sempre. Il mio papone, pensai. Ci ritrovammo tutte e tre in cucina, dopo poco, mentre mio padre preparava il caffè. Ci ritrovammo a chiacchierare tranquillamente. Tu e lui avevate una marea di cose in comune. Iniziaste a parlare di tutto. Di musica, di animali, di fotografica, di luoghi di cui non sapevo neanche il nome. Guardandovi, mi si riempirono gli occhi di lacrime. Finalmente, però, sapevo che quelle erano lacrime di felicità. << Io vado a prendere questi vestiti, tanto vedo che non conto molto in questa conversazione >> vi dissi, cercando una scusa per allontanarmi. Neanche mi rispondeste. Mi chiusi in camera ed iniziai a preparare un borsone con tutti i vestiti di cui necessitavo. Quando tornai in cucina, circa dieci minuti dopo, vi ritrovai ancora intenti nella chiacchierata di prima. Ridevate. La mia famiglia. Pensai. << Grazie>> sussurrai, credendo di non essere stata sentita da nessuno. << Cosa hai detto Didì?>> mi chiedesti tu. Da quando mi chiamavi così? cosa sapevi di quel soprannome? Come sempre, mi leggesti nel pensiero e rispondesti alla mia domanda inespressa: << tuo padre mi ha raccontato qualcosa di te mentre eri via. Ed adesso so che questo è il tuo soprannome, da sempre. Mi piace e credo che lo userò anche io. Sempre se non ti da fastidio>> ti affrettasti ad aggiungere. Ero confusa. Felice e stordita. << Papà, sei un traditore. Lo conosci da appena un'ora e mi sputtani così!>> urlai all'indirizzo di mio padre che scoppiò in un'altra fragorosa risata. Quanto mi faceva bene sentirlo ridere. Dopo quella che mi sembrò un'eternità, ti decidesti a salutare mio padre. Fu un saluto insolito. Vi deste un grande abbraccio, e vi prometteste di rivedervi presto, per poter scattare insieme qualche fotografia, non ricordo bene in quale luogo. Ero sbalordita dal vederti così a tuo agio. Appena uscimmo dal palazzo ti chiesi: << che vi siete detti di così miracoloso da sembrare quasi vecchi amici? >> mi sorridesti, ma restasti muto. Sapevo che non l'avrei mai saputo. Ma in realtà mi andava bene così, mi era bastato vedere te e mio padre così affiatati. Con i miei ex non era mai successo. Mai! Il potere di Lele, pensai, continua a fare effetto". Prendo fiato prima di continuare a raccontare: " quella sera, mentre ero in camera a sistemare i miei vestiti,però, improvvisamente sentii il mio telefono suonare. Era un messaggio. Lessi sullo schermo il nome di mio padre. Capii che di sicuro voleva dirmi qualcosa su quel pomeriggio. Per cui aprii il messaggio velocemente ed iniziai a leggere.."

<< Didì, è bello vederti così serena. E' stato bello anche ascoltarti raccontare la tua adolescenza. Non che mi faccia piacere sentirti dire di aver sofferto tanto. Ma è sempre bello sentirti raccontare la tua vita a qualcuno. Per me significa sapere che stai meglio e che ti fidi di una persona tanto da affidare anche la parte più difficile della tua vita nelle sue mani. Lele mi sembra la persona giusta per farlo. Parlagli sempre. Non limitarti. Fatti amare per come meriti. Ed amalo per come merita. Io già ho iniziato a farlo. Rende felice te, per cui lo amo già. Volevo dirti solo questo. Ti voglio bene. Non dimenticarlo mai! >>

"Soffocai un singhiozzo leggendo le ultime due frasi. << Ti amo anche io papà, e Lele non lo lascio scappare. Lo amo>> sussurrai tra me e me, rivelandomi un segreto che avevo tenuto nascosto fino a quel momento.Io amavo Lele. Senza se e senza ma. Digitai una risposta a mio padre e mi precipitai nella tua camera. Appena mi apristi la porta ti gettai le braccia al collo e ti dissi tutto d'un fiato: << sì, puoi farlo >> mi guardasti senza capire << chiamarmi Didì, intendo>> cercai di chiarire. Ti baciai quelle labbra che ormai conoscevo a memoria e ti sussurrai all'orecchio << ah, e ti amo Lele Esposito. Senza più alcun dubbio>>. Mi alzasti tra le tue braccia, felice di quelle parole. E dopo avermi dato un lungo bacio, guardandomi negli occhi mi rispondesti: << io ti amo sempre di più, Didì >> .

 Il bello viene nel lasciare spazio al resto.Where stories live. Discover now