Stressed Out.

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I wish I didn't have to rhyme every time I sang
I was told when I get older, all my fears would shrink
But now I'm insecure, and I care what people think.

Ti dispiace se mi stendo accanto a te?- chiese dolcemente, come se per un secondo fosse tornato il Salvatore Cinquegrana che conoscevo, o almeno lo credevo.

-Fa pure.- gli dissi con una certa nonchalance, il teatro è servito a qualcosa. Posizionò il suo corpo abbastanza vicino al mio, ma non gli diedi peso, era comunque per colpa sua che ero stata cacciata dalla classe. Per la restante mezz'ora non spiccicò mezza parola, a dimostrazione del fatto che magari si sentiva in colpa per avermi fatto cacciare. Avevo le cuffie nelle orecchie, la musica a tutto volume e stavo per abbandonarmi a Morfeo ma qualcuno stava accarezzando il mio viso.

-Hey svegliati, è suonata.- disse togliendomi una cuffietta per permettermi di sentire.

-Mh...- mugugnai girandomi verso di lui inconsapevolmente.

-Dai, dobbiamo andare.- sussurrò sfiorando il mio collo con le dita. Una scossa partì da quel punto del collo, fino ad arrivare al cervello, provocando un sussulto involontario che mi fece saltare a sedere. Sbattei i miei occhi più di una volta per realizzare quello che era appena successo. Salvatore aveva già recuperato il suo zaino e si stava allontanando. Raccattai anche io le mie cose in fretta entrando a scuola, per la seconda volta.

-Rosselletti! Per questa volta niente nota, ma la prossima volta, non sarò così tenera. Ringrazi Cinquegrana che si è dicharato colpevole della cosa.- sparì nel momento stesso in cui le stavo dando attenzione visiva. Si era preso la sua giusta colpa. Rientrai in classe sedendomi al mio posto, trovando Salvatore. Cominciò la lezione di storia dell'arte, dove era importantissimo prendere appunti. Notai con dispiacere che il mio compagno di banco non si degnava nemmeno di prendere appunti. Decisi che era meglio farsi i fatti propri fino alla fine dell'ora, soprattutto per non essere cacciata di nuovo. Dopo un ora di spiegazione, di impegno, il mio cervello si rifiutava di formulare una frase che potesse chiarimi le idee su Salvatore, quindi incrociai le braccia sul banco poggiandoci la testa a peso morto.

-Che per caso ti addormenti di nuovo?- chiese Salvatore ridendo, riportando in vita la mia attività celebrale.

-No, più tosto, perché non hai preso appunti?- chiesi nel modo più gentile possibile. Il suo viso mutò velocemente, da un sorriso ad un ghigno infastidito.

-Non sono affari tuoi.- ringhiò per poi alzarsi.

Non lo capivo. Avrei tanto voluto capire cosa si nascondesse dietro al suo comportamento da divo della scuola. Le quattro ore successive, passarono, lentamente e senza una parola da Salvatore, che non buttava nemmeno un occhio nella mia direzione. L'ultima campanella mi regalò una sensazione di leggerezza, così misi lo zaino sulle spalle e cominciai a camminare verso casa, quando qualcuno prese il mio braccio con poca delicatezza.

-Perché giri in torno al mio ragazzo?- sentii urlare dietro di me.

-Cosa?- chiesi titubante osservando la mia interlocutrice.

-Si, hai capito bene puttanella.- urlò ancora, senza preoccuparsi della folla di alunni ferma intorno a noi.

-Scusa chi sarebbe il tuo ragazzo?-

-Come chi sarebbe, Salvatore Cinquegrana.- squittì lei sempre più forte.

-Senti, deve esserci stato un malinteso. Ho fatto un regalo al tuo ragazzo perché l'anno scorso mi ha dato ripetizioni in fisica, fine.- dissi tranquilla.

-Ah si? Io ti uccido troia!- urlò camminando veloce verso di me.

-Ma..- dissi bloccando i polsi della tipa.

-Clara ma che cazzo!- lei venne strattonata lontana da me.

-Posso sapere che cazzo fai?- era Salvatore ed era davvero incazzato.

-Lei, quella puttana!- mi indicò facendo sembrare la faccenda una fiction scandente.

-Lei cosa? Senti la finisci? Mi hai rotto il cazzo, basta.- ringhiò lui perforandola con gli occhi, come se fossero trapani. Le persone che erano intorno a noi erano scomparse, quindi potevo andare via anche io. Voltai le spalle alla coppietta e ricominciai a camminare.

-Puttana dove vai?- urlò ancora quella. Non accennai a fermarmi, Salvatore le urlò che tra di loro era finita, lei cominciò a piangere, urlando il mio nome, come se fosse colpa mia. Scrollai le spalle non appena fuori dal cancello. 'Cosa cazzo è successo' pensai senza trovare una risposta. Che avevo fatto? Niente di che. Quel coglione mi aveva anche trattata di merda. Pensai di non tornare a casa, avevo bisogno di solitudine, senza lo stress di mia madre. 'Il mare', pensai per poi dirigermi proprio lì. Ci andavo con una persona speciale, che avevo perso qualche tempo fa. Odiavo e odio la sabbia, ma l'odore del mare e la pace, quello si che mi allettava. Prima della spiaggia, vi era una piazza con delle panchine, mi sdraiai su una di quelle, ripensando a quanto fosse stata folle quella giornata. A quanto fosse stato strano tutto. Poi tutto svanì, solo io ed il mare. Facevo solo pensieri felici, ricordavo solo cose felici. Mi venne in mente di controllare il cellulare. Notai che si erano già fatte le 17 e dovevo tornare a casa. Avevo bisogno di una dormita.
Abbandonai la spiaggia, e fissai la mia destinazione, cuffie nelle orecchie, cappuccio e via verso casa. Fu così che mi tornano in mente solo cose spiacevoli, tristi e dolorose. Ma il mio animo era quello, tristezza e amarezza. Pensavo a cose felici e colorate, riuscuvo a rovinarle con del nero orribile. Rientrai a casa, sbattendo tutte le porte dietro di me. Non attirai l'attenzione di nessuno, perché nessuno oltre a me era in casa. Tolsi tutto quello che mi ingombrava e finì sul letto. 'Finalmente un po di pace' pensai sperando di non gufarmi qualcosa di brutto. Infatti, dopo qualche minuto, il mio cellulare cominciò a squillare, ricevere messaggi all'impazzata. Bestemmiai in silenzio.

-Proprio quando ho cominciato a prendere sonno!- urlai e mia madre, che nel frattempo era tornata, di rimando, mi chiese di non urlare e di andare al diavolo. Una delle cose che non sopportava era proprio l'urlare. Fissai il cellulare, mille notifiche su Facebook, altrettanti messaggi sullo stesso social, messaggi di amiche che so complimentavano per la mia reazione. Odiavo già quella situazione, dopo il boom sui social ancora di più.
Un messaggio su whatsapp mi colpì. Era di un numero che non avevo salvato in rubrica.

Ginevra, devo parlarti. Al più presto.
17:45

Chi sei?
17:50

Come chi sono, Salvatore.
17:50

Dimmi.
17:51

Non qui e non ora. Domani mattina vieni con me, ci vediamo fuori scuola e ti porto prendere un caffè. Ti prego.
17:52

Tu sei pazzo. Non ci penso nemmeno.
17:52

Ti prego, è importante.
17:52

Okay, poi mi prometti che ti impegnerai a scuola?
17:53

Vedremo. A domani.
17:55

Il suo ultimo messaggio mi arrivò dopo due minuti. Pensai che gli avesse dato fastidio, come a scuola. La scuola sembra infastidirlo parecchio. 'Non era così...era dolce ed intelligente. Perché si comporta come se fosse un bulletto senza cervello?'

1162 parole.

Angolino dell'autrice.
Okay. Probabilmente questa storia fa schifo, ma che importa, pubblichiamo anche il capitolo seguente della storia! Ebbene, ci tenevo a precisare che il conteggio delle parole l'ho visto in una storia che ho in biblioteca. Ho ripreso l'idea dell'autrice, perché mi sembrava una cosa carina. Quindi se mai leggerai questa storia, questo è un tributo a te, che mi hai colpito a tal punto che io mi ricordassi di un dettaglio.
La storia è ancora in ua fase di stallo, tra un po, tutto diventerà più dinamico e ansia ovunque.
Vi saluto e vi invito a lasciare una stellina se il capitolo vi è piaciuto o se volete dirmi qualcosa a proposito della storia, di scriverlo in un commento. Mi scuso per gli errori di qualsiasi genere.
Buona lettura ♡

melovemates

•Faded•Where stories live. Discover now