Ellen

15.7K 349 20
                                    

La strada impolverata scorreva veloce sotto le ruote della jeep grigia, riempiendo di polvere i cerchioni argentati. I grandi occhiali scuri riflettevano la luce del sole, ormai quasi vicino al tramonto. Gli alberi, nel loro pieno vigore, erano tutti uguali.

Eleanor Ellen Kinsley aveva lasciato la sua vecchia città, la sua vecchia vita per un nuovo inizio. Peccato che l'euforia iniziale aveva lasciato il posto ad un altro sentimento, l'isterismo.
Si guardava intorno e vedeva solo lunghi campi e boschi, nient'altro.

"Va bene che cerco la tranquillità e sono partita per lasciarmi alle spalle proprio una vita frenetica, ma così è troppo!"

Per fortuna ho fatto il pieno prima di partire pensò tornando a guardare il paesaggio.
"Dove diavolo sono finita? All'inferno?"
I ventinove gradi facevano capolino dal computer di bordo ed il navigatore aveva perso il segnale, già da un po'.

Ad un tratto, ad interrompere la monotonia del paesaggio si intravide al margine della strada un cartellone, abbastanza nuovo con la scritta *Hiverhill*, posizionato su una struttura di mattoni rossi. Le due colonne bianche, posizionate graziosamente ai lati, rispecchiavano l'epoca della nascita della cittadina. L'epoca vittoriana.

"Perfetto, ci siamo! Se non mangio qualcosa di fresco posso morire qui e non sarebbe mica male come primo giorno di vita nuova".
Dopo aver superato con perplessità altre curve tutte uguali, finalmente una costruzione in lontananza.
Abbassò la radio e i grandi cerchi in lega si fermarono in una specie di parcheggio sterrato, avvolti da una nuvola di polvere.

"Ok, il cartello *la locanda di Ester* ispira davvero fiducia, ma chissà se saranno aperti!"
Eleanor scese dalla Jeep con in mano la borsa beige e bianca con lo stretto necessario, ovvero mezzo bagno tra lozioni e strumenti di tortura!

Almeno il porticato è illuminato, sarà sicuramente aperto pensò pregando mentalmente.
"Almeno spero", sussurrò a malincuore dopo aver constatato la desolazione in fatto di umanità! Non ci siamo proprio.

"C'è qualcuno?" Le porte della locanda erano aperte ma il locale era vuoto, a parte un ragazzo dietro ad un bancone intento ad asciugare dei bicchieri.

"Salve! grazie a Dio c'è qualcuno!", disse appoggiando la borsa sullo sgabello più vicino.
In quell'esatto momento uscì da una porta laterale un omone con una bacinella piena di bicchieri bagnati.
"Buona sera, siete aperti vero?", chiese la ragazza all'uomo, dato che il ragazzino era diventato una specie di pietra. Una pietra dopo aver visto, negli occhi, medusa.
L'omone guardò il suo collega e poi nuovamente la nuova cliente.
"Sì, sono qui davanti a voi e non sono un fantasma! Vorrei sapere se avete del gelato o qualche bibita fresca, per favore!"
Silenzio stampa ricevette come risposta.

Il presunto fantasma in questione si tolse gli occhiali da sole e li posò sul bancone avvicinandosi un po' di più al ragazzo.
"Okay, posso parlare con Ester?"

Incredibile, dove diavolo sono finita pensò spazientita.
"Buona sera, ci scusi. Amico, torna tra di noi!"
Non ricevendo nessuna risposta si avvicinò al bancone e posando la bacinella vicino al suo amico, con il rumore dei bicchieri di vetro, ci riuscì.
"Sì, ecco, Ester non c'è e non abbiamo gelato."
"Ok", rispose semplicemente Eleanor cercando di capire bene le parole del ragazzo.

A dire il vero non era un ragazzino, era un uomo, sui trentacinque anni con i capelli un po' più lunghi al limite della decenza e grandi occhi verdi, un po' di barba e grandi mani affusolate.
"Sì, va bene anche un frullato", chiese speranzosa.
"No, mi mi .. mi dispiace non facciamo frullati", rispose il ragazzo con ormai anche le orecchie rosse dall'imbarazzo.
"Ti prego", chiese infine, con le mani giunte in una preghiera ed i grandi occhi di ghiaccio spalancati, "del the freddo alla pesca?".

Dato che il ragazzo rimase a corto di parole e con la bocca aperta, intervenne in suo aiuto l'omone dai capelli scuri e simpatici occhi marroni, che nel frattempo si era piazzato a fianco all'amico.
Eleanor a quel punto cedette e crollò sullo sgabello, "ho bisogno di zuccheri. Che cosa mi potete offrire?", mormorò più al bancone che ai due personaggi.

"Ci scusi signorina ma dobbiamo ancora aprire la locanda con la nuova gestione e stiamo aspettando i rifornimenti. Però abbiamo dell'ottima limonata fresca!"

Eleanor non ci poteva credere.. aspettare i rifornimenti... i viveri... in che bel casino mi sono cacciata, ma dove diavolo sono finita .. nuova vita un corno ... io faccio inversione con la jeep e torno ... dove torno ... mise le mani sul viso .. si certo dove torno .. sentì una voce sconosciuta abbastanza insistente.. "Signorina! signorina! Tutto bene?"
L'omone riuscì a portarla di nuovo alla realtà.

"Sì mi scusi, la limonata andrà benissimo, grazie" rispose azzardando di nuovo uno sguardo davanti a lei.

Il ragazzo era sparito.

Si guardò un po' intorno e lo vide davanti alla grande vetrata della locanda che dava sulla veranda ed infine sul parcheggio. Aveva due grandi spalle ed una bella schiena, stava abbassando lo sguardo quando davanti a sé tintinnò del ghiaccio, immerso in un liquido giallo.. ah si la limonata!

"Ecco a lei. E' la prima volta che viene da queste parti vero? Hiverhill è una cittadina davvero piccola e ci si conosce tutti qui. Io sono Albert e se possiamo aiutarla".
"Si, io vi ringrazio Albert. Io mi chiamo Eleanor ed avrei bisogno di sapere l'esatta ubicazione di Eleanor House", iniziò a chiedere la ragazza tra un sorso e l'altro, quando una musica new age iniziò ad invadere la tranquillità della locanda.

"Mi scusi, devo rispondere! Pronto, pronto, zia?! Mi senti?", scattò in piedi lasciando uno sgabello traballante ed iniziò a girare per la locanda, come un gatto in preda ad una crisi isterica in cerca delle sue crocchette preferite, cercando di prendere un segnale decente.

"Zia non ti sento bene.. si, sono già qui.. si si, pensavo di arrivare molto più tardi! No, no non ho trovato tanto traffico!" doveva tagliare corto altrimenti sarebbe andata molto per le lunghe quella telefonata.
"Il nome del signore è James, sicura che mi aspetta vero? Ok, si ci sentiamo più tardi. Un abbraccio!"

Chiuse la conversazione e si accorse di un pianoforte a coda nero nell'angolo interno della locanda, lucidissimo. Rimase stupita di veder un simile strumento, così maestoso, così elegante, lì in mezzo al nulla.

Un ricordo della sua infanzia fece capolino tra i suoi ricordi. Era nel grande salone di Eleanor House, la sua casa. Era estate, le porte finestre erano aperte e si sentiva una melodia nell'aria. Entrando nel salone ricordava la sua mamma con la nonna Eleanor, da cui prese il primo nome, suonare insieme. Ricordò ancora il fiore lasciato sui tasti del pianoforte e il bacio ricevuto in cambio. Poi via a giocare di nuovo sulle note del pianoforte.

Un rumore di bicchieri sbattuti la risvegliò dal suo ricordo.
"Bellissimo pianoforte", disse più a se stessa che ai proprietari. Voleva toccarlo ma fuori il sole era tramontato e lei doveva ancora trovare la casa della sua infanzia ed il coinquilino, soprattutto il coinquilino che abitava nel cottage, dato che aveva lui le chiavi.
"Perfetto! Albert le stavo chiedendo la direzione giusta per Eleanor House, il mio navigatore è fuori uso e devo trovare il signor James prima che faccia notte!
"Eleanor House, signorina? Non ci abita più nessuno da tanti anni e James..", disse l'omone sempre più stupito guardando prima lei e poi l'amico, sempre di spalle verso la finestra.
"Sì Albert.. il signor James cosa?"

"Non troverà il signor James ad Eleanor House prima di qualche ora, ancora".
Finalmente il ragazzo iniziò a parlare!

"Come scusi? Qualche ora? Non ci penso proprio ad aspettare ancora! Ho bisogno di un bel bagno rilassante!Come mai ne è così sicuro?"
Incrociò le braccia al petto ed iniziò a sbattere il piedino.

"Ne sono proprio sicuro perché sono io James, sono io l'inquilino di Eleanor House".

L'ultima nota (Completa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora