Capitolo 8

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Il resto della cena trascorre in un turbine di batticuori traditori e di sorrisi falsi.

Dopo che Noah si è identificato come attore famoso, nonché uomo abilissimo nel campo azionario, ci spostiamo a tavola, dando il via alle innumerevoli, ma deliziose portate.

Per tutta la durata della cena, una conversazione dai toni leggeri fa da colonna sonora, dove io non esito a dare il mio contributo.

Sento la coscia dura di Alexander contro la mia, che tenta di avvertirmi del rischio che corro, ma anche questa volta preferisco non seguire il buonsenso.

Noah si rivela sin da subito un buon conversatore, e narratore, ed è infatti principalmente grazie a lui se non vi sono imbarazzanti silenzi a inframmezzare i discorsi.

Il mio boss, invece, mi sorprende spiacevolmente, col suo atteggiamento sostenuto e introverso. È lui a parlare di meno, e la cosa non passa inosservata agli altri commensali.

Temo che questo malumore sia dovuto al mio comportamento disubbidiente.

E ne ho la sicurezza solo quando, a fine cena, ci separiamo dagli altri.

Percepisco l'animale che è in lui, ruggire e sbuffare in segno di frustrazione e insoddisfazione.

Ma non solo, una nuvola nera di ira funesta lo ammanta, donandogli un'aria ancora più misteriosa e conturbante.

Il mio sguardo, una volta in macchina, lotta contro la sua voglia di cadere continuamente su di lui, mentre le mie labbra smaniano di parlare, di cercare di diradare leggermente quelle nubi oscure.

Ma non sono io a spezzare il teso silenzio.

"Hai trasgredito, Katherine."

Il mio cuore manca un battito, al suono melodioso del mio nome.
Le sue parole, troppo calme per essere pronunciate da lui, mi irrigidiscono visibilmente.

Lui sorride, consapevole del mio disagio e pienamente soddisfatto di ciò.

Assottiglio il mio sguardo, prendendo un lieve respiro, prima di ribattere.

"Non ho mai accettato di venire relegata al secondo posto. Che tu voglia o no, non ti permetterò di farmi questo. Non ho conseguito una laurea alla Berkeley per venire usata per il mio corpo. È il mio cervello a dover essere sfruttato."

Una risatina di scherno risale la sua gola, facendo vibrare sensibilmente il pomo d'Adamo.

Mi intimo di distogliere lo sguardo da questo piccolo spettacolo, nella sua semplicità, di una bellezza particolare, e di concentrarmi sull'espressione del suo volto.

La solita maschera d'indifferenza e apatia è calata abilmente, ma io so che Alexander non è altro che una bestia in gabbia, ansioso per liberarsi dalle sue catene immaginarie.

"Credo che tu sia dimenticando le basi di questo lavoro. Io sono il capo. Io decido. Io ho il potere di farlo. Per me. Per te. E per tutti i miei dipendenti. Loro lo sanno. Loro l'hanno accettato. Tu, no."

Il suo tono quasi annoiato, nonostante la tempesta che imperversa dentro di lui, mi fa uscire dai gangheri.

Mi fa desiderare di suscitare una reazione in lui che vada oltre queste piccole controversie.

Mi fa bramare un qualcosa che so di non poter avere. E questo mi fa ribollire il sangue.

"Io no. È vero. Non sono così disperata da dovermi abbassare a tanto. Non mi piegherò a questa bassezza. Siamo nel ventunesimo secolo, e tu ragioni come un uomo del Paleolitico. Mi stupisco che abbia anche solo preso in considerazione l'idea di assumermi. E che poi l'abbia fatto."

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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 06, 2023 ⏰

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