Capitolo 3.

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Capitolo 3.


Achille si guardava intorno con aria disgustata, appena entrato nella grande sala per banchetti del palazzo di Sparta.
A circa ventiquattro ore di distanza dallo sfascio totale contro le truppe ittite, Agamennone aveva indetto una festa con l'aristocrazia spartana, i sovrani convocati per la guerra e i loro migliori soldati, come a voler tranquillizzare la classe dirigente della città sull'esito della battaglia.
Achille avrebbe voluto urlare a quegli spocchiosi quanto bugiardo fosse il loro re.
L'unico motivo per cui si era presentato era stata la compagnia di Ulisse, che come sempre era riuscito a convincerlo.
Il Laerziade cercava di tenere calma la situazione, sapeva bene che i litigi tra Agamennone ed Achille avevano portato sempre e solo guai.
"Non capisco perché tu insista a prendere parte a questa pagliacciata" bofonchiò il biondo, con espressione torva.
"Achille, Achille, Achille..." – sorrise il re di Itaca – "per un sovrano greco è cosa buona tenersi caro Agamennone, è politica"
Ma l'altro già non lo ascoltava più, per lui la politica non contava un bel niente.
Telemaco, dietro di loro, chiacchierava con Patroclo, ed entrambi non potevano far altro che dare in parte ragione ad Ulisse.
"Agamennone è un vile ma nessuno ha il coraggio di mettersi contro di lui" disse Patroclo, facendo spallucce.
"Tutti tranne Achille" puntualizzò Telemaco, con un sorriso.
Ammirava molto il guerriero mirmidone.
Agamennone fece il suo ingresso in sala, sorridendo mellifluo, e dirigendosi subito da Nestore e dai suoi fidi consiglieri.
O come preferiva definirli Achille, dei palloni gonfiati che leccavano i piedi di quello stolto.
Patroclo lanciò un'occhiata al cugino, probabilmente se avesse potuto sputare fiamme dagli occhi Achille avrebbe tranquillamente incenerito Agamennone.
"Cugino, chi è quella donna?" chiese Patroclo, osservando la figura femminile che per la prima volta vedeva al fianco del re spartano.
"E' Clitemnestra, la regina. A quanto pare Agamennone la tiene segregata a palazzo per evitare che fugga come la sorella*... cosa che in verità non mi sorprenderebbe" commentò Achille, con distacco.
Probabilmente quella volta se ne sarebbe fregato del parere di Ulisse e sarebbe andato via molto prima da quella festa, ma il commento di Eudoro accanto a lui lo fece voltare.
"Oh per Poseidone!" esclamò il fedele amico di Achille, con lo sguardo rivolto verso le scale principali che portavano in sala.
Giada, in tutto il suo splendore, stava raggiungendo gli altri invitati.
Era meravigliosa, con i capelli biondi decorati con dei fiori e la tunica bianca impreziosita da una spilla d'oro purissimo.
Ma la cosa più bella era il suo luminoso sorriso.
Gli occhi della maggior parte dei presenti erano puntati su di lei, ma la ragazza procedeva tranquillamente verso il gruppetto formato dai Mirmidoni amici di Achille e Ulisse, come se degli altri non le importasse nulla.
Anch'ella dovette ammettere quanto l'aitante Achille fosse bello quella sera, anche se per lei lo era sempre. Per una volta in indossava l'armatura ma una tunica color cobalto che metteva comunque in risalto i muscoli sul suo petto scolpito.
"Sei bellissima, Giada" disse Ulisse, inchinandosi  al suo cospetto. Lei rispose semplicemente continuando a sorridere.
"Penelope sarebbe molto contenta di vederti così cresciuta"
"Spero di riuscire presto a farvi visita ad Itaca" disse la principessa con un tono dolce, per poi spostare lo sguardo su Patroclo e Telemaco.
"E voi due? Nemmeno un'accompagnatrice per questa sera? Pensavo che le ancelle facessero a gara per poter essere invitate da voi!" scherzò la ragazza, avvicinandosi ai due coetanei.
Telemaco arrossì leggermente, in effetti aveva avuto modo di conoscere un'ancella molto carina ma non gli era sembrato il caso di invitarla al banchetto con lui.
Pochi istanti dopo un suonatore iniziò sfiorare le corde della sua lira e la pista cominciò a riempirsi di coppie per i balli tipici.
"In verità non eravamo molto entusiasti di venire a questa festa, principessa" disse Eudoro con sincerità, poggiato con la schiena contro il muro.
"Vi capisco, è nello stile di mio zio indire banchetti per far credere che tutto vada bene. L'unica cosa da fare in questi casi è sorridere e annuire, ormai ci ho fatto l'abitudine" rispose la ragazza, con un mezzo sorriso.
"Avanti, ormai che siamo qui.. chi è che balla?" chiese, rivolta al gruppetto.
Patroclo scivolò ancora di più contro la parete, come se potesse scomparire da un momento all'altro.
Mai e poi mai avrebbe ballato.
"Noi Mirmidoni non balliamo, principessa"
Fu finalmente Achille a parlare, con il solito tono spavaldo, sottolineando bene la parola principessa per farla innervosire.
Giada sorrise di rimando, afferrando la mano di Patroclo.
"Non l'ho chiesto a te, Achille! Forza Patroclo, andiamo a ballare!"
Il biondo non smise di sorridere mentre la vide allontanarsi con il cugino verso la pista.
Al re di Itaca non sfuggì nulla.
"E' una tipa tosta, eh Achille?" gli chiese, attirando la sua attenzione.
Achille si limitò a continuare a sorridere, osservandola mentre con movimenti aggraziati ballava con l'amico, ridendo divertita.
Era bella, molto.
Dopo che le danze inaugurali furono terminate cominciò il vero e proprio banchetto.
Giada fu costretta a sedersi al tavolo dello zio, insieme alla regina Clitemnestra e ai membri più importanti dell'aristocrazia spartana.
La serata fu abbastanza noiosa per lei, costretta ad ascoltare questioni socio-economiche che ben poco l'allettavano.
Achille invece era seduto con i suoi compagni, quelli di Ulisse e il gruppo di Aiace.
Quasi verso la fine della serata, però, decise di uscire da quella sala soffocante, lontano da quei nobili capaci di farsi la guerra da soli per un appezzamento di terra.
Giada lo vide dirigersi verso l'uscita e pochi minuti dopo, con una scusa, uscì a sua volta.
Per la principessa non fu difficile trovarlo, in uno dei giardini del palazzo.
"Mi segui, Giada?" chiese lui, girandosi appena verso di lei.
"Se vuoi vado via" ribatté lei, colta nel vivo.
Achille si voltò completamente, ritrovandosela faccia a faccia.
"Non ho detto questo"
Allora Giada non si mosse, restarono lì uno di fronte all'altra senza dire una parola, lanciandosi degli sguardi ogni tanto.
A rompere il silenzio, come sempre, fu la ragazza.
"Secondo me voi Mirmidoni non ballate perché non sapete farlo!" esclamò, con tono superiore.
Achille si abbandonò ancora una volta ad un sorriso divertito.
Era strano per lui sorridere così tanto, eppure con Giada nei paraggi gli veniva naturale.
"Come dici tu"
"E' così! Altrimenti non avresti aspettato un attimo a portare in pista una bella ancella, credo. C'è chi farebbe la fila per ballare con te!"
Represse con successo una punta di fastidio mentre pronunciava quella frase.
Fece un passo avanti verso di lui.
"Beh, allora insegnami. Potrebbe tornarmi utile per portare in pista una bella ancella, un giorno"
Si lanciarono uno sguardo che faceva scintille, ma Giada non replicò, anzi fece un altro passo avanti. La distanza tra di loro era minima.
Poteva sentire il suo respiro solleticarle il collo.
"Innanzitutto, devi poggiare le mani qui..."
Gli prese le mani e gliele poggiò sui propri fianchi, dove lui esercitò una presa leggera, piuttosto insolita per un uomo forte come lui.*
Era la prima volta che si toccavano così esplicitamente e il cuore di Giada batteva all'impazzata ma sperò che lui non lo notasse.
Gli circondò il collo con le braccia.
"Attento a come metti i piedi..." disse, con il leggero accenno di una risata, fissandosi le punte dei sandali.
Quando rialzarono lo sguardo si resero conto di quanto fossero realmente vicini, stretti l'un l'altro in quello strano tentativo di ballare.
I loro profumi si fondevano e li inebriavano a vicenda, ma Giada cercò di rimanere lucida.
"Va bene, adesso comincia a muoverti così, segui me..."
Cominciarono a ballare in modo un po' impacciato.
Achille si sentiva a disagio, in imbarazzo. Lui era un soldato, non di certo un ballerino!
Se qualcuno lo avesse visto avrebbe riso di lui nei secoli a venire.
Alla sua espressione spaesata Giada rise e la vicinanza col suo viso fece vedere al biondo quanto fosse davvero bello il suo sorriso.
Il fatto di pensare certe cose di una donna lo destabilizzava, non era preparato a simili sensazioni.
Lui al massimo, quando aveva a che fare con una femmina, ci si divertiva di notte, come premio per le sue battaglie vinte.
"Ehi, il mio piede!" esclamò Giada, abbandonando l'abbraccio pur continuando a ridere.
"Avevo ragione, voi Mirmidoni non ballate perché non sapete farlo!" lo prese in giro la principessa.
Achille le lanciò il suo solito sorrisetto e avanzò verso di lei, facendo in modo che la sua schiena aderisse al muro di pietra del castello.
I loro respiri si mischiarono e il sorriso cominciò a scomparire lentamente dalle labbra di entrambi. Continuavano a guardarsi negli occhi intensamente senza dire una parola.
Fu un attimo e le loro labbra si ritrovarono incollate le une sulle altre.
Giada dapprima fu stupita, sgranò gli occhi color del cielo, ma non ci volle molto prima che si abbandonasse a quel tocco leggero e diede libero accesso alla lingua del guerriero.
Achille la baciò con ardore, con passione, un bacio più ardente del fuoco che Efesto aveva usato per forgiare le sue armi.
Quando si staccarono, entrambi avevano il fiato corto.
Nessuno dei due sapeva cosa dire.
Giada sembrava aver dimenticato come si proferisse parola, il turbine d'emozioni che si stava manifestando dentro di lei le impediva di fare qualunque cosa.
Achille fece un secondo mente locale.
L'aveva baciata, sul serio? Aveva baciato Giada.
Non ci aveva pensato un attimo, era successo e... incredibile.
Non riusciva a definire la cosa.
"Principessa Giada, è qui? Suo zio la richiede in sala!"
Uno dei consiglieri di Agamennone gironzolava per il piano terra.
Giada deglutì, cadendo nella realtà dal suo mondo dei sogni.
"Sono... sono qui! Digli che sto rientrando!"
Lei ed Achille si lanciarono un rapido sguardo.
"Meglio se non entriamo in sala insieme, mio zio si farebbe delle domande..."
Lui annuì.
La ragazza entrò per prima e dopo una manciata di minuti il biondo la imitò.
Entrambi con mille domande che vorticavano nelle loro menti.








NOTE:
– Clitemnestra era la sorella di Elena, le due sposarono i fratelli Agamennone e Menelao.
Si dice che Clitemnestra fosse meno bella e più altezzosa della sorella Elena, ambita da tutti gli uomini della Grecia. Il matrimonio tra lei e Agamennone non fu un matrimonio d'amore, anzi lei odiava il marito. Agamennone infatti era uno dei pretendenti di Elena ma gli venne poi concessa sua sorella.
– Sono perfettamente consapevole che nell'antica Grecia i balli fossero molto diversi da quello descritto, ma per i fini della narrazione ho scelto questo tipo di danza.

La principessa di Sparta [IN REVISIONE]Wo Geschichten leben. Entdecke jetzt