Capitolo 1

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Ti ho preso sotto custodia, ora sarò il tuo angelo custode. Non mi importa cosa tu ora pensi di me, non mi importa.
Quell'incidente ti ha distrutto i tuoi ricordi, tutto quello che sapevi ora è andato via insieme alla tua memoria.
Ne devi creare una nuova.
Quando hanno chiesto chi voleva aiutarti, non ho esitato nemmeno un secondo per alzarmi in piedi. Ti avrei protetta, da qualsiasi cosa. Ora sono il tuo angelo custode, Taylor, che tu lo voglia o no.
Costruiremo dei nuovi ricordi di ferro, quelli che non possono scomparire e che non possono essere distrutti.
Ti hanno detto che avevi una malattia strana, una di quelle che ogni mattina non ti ricordi nemmeno come ti chiami. E io ho deciso che ti ricorderò chi sei, chi sono.
Mi avresti detto, "Mi ricordi qualcuno," e io ti avrei sorriso. Ti avrei baciato la fronte e chiudevo gli occhi, mentre una lacrima rigava il mio viso.
Io sono innamorata di te, ma sono troppo testarda per dirtelo.
Te lo volevo dire prima che la tua macchina si fosse andata a scontrare contro un'altra.
Ma il tempo mi ha preceduto, e ora, anche se te lo avrei detto, te lo saresti dimenticata la mattina dopo, il sonno avrebbe spazzato via le mie parole.
-Chi sei tu?!
Esclamavi ogni volta che ti svegliavi, e vedemi il mio corpo di fianco al tuo. Ti saresti allontanata da me, però io ti riuscevo a prendere la mano prima che tu fossi andata troppo lontano.
-Karlie, sono Karlie.
Rispondevo. Ti sorridevo, cercando di farti sentire a casa anche con un semplice sorriso. Tu, ti avvicinavi, gli occhi che tenevano la paura per se stessi.
-Io...non ti conosco...
Sussurravi, spaventata. Sembri un cerbiatto, con quegli occhi preoccupati del nulla e nessuno. Ti lasciavo il polso e poi ti accarezzavo la guancia.
-Hai avuto un incidente due settimane fa, va tutto bene ora.
Rispondevo, cercando di farti avvicinare, però, penso che sono una fiamma implacabile per te. Hai paura di toccarmi, di guardarmi, tanto che quando ti dico che cosa ti è successo, tu mi chiedevi dov'eri.
-Sei in casa mia. Sei al sicuro.
E tu sembravi convinta quando te lo dicevo. Lo sembravi davvero.
-Come mi chiamo?
Chiedevi, cercando di ricordati tutto ma pensando al nulla. E io ti rispondevo, guardandoti dritta nei tuoi occhi spaventati.
-Taylor.
Tu alzavi le sopracciglia, ti chiedevi chi eri, qual'era la tua storia, cosa facevi prima di essere qui in questa stanza. E io, con coraggio, ti raccontavo la storia, ti dicevo la nostra storia. Ogni mattina mancavo sempre un dettaglio, non lo avresti notato, tanto.
Quando facevamo colazione, mi chiedevi qual'era il mio piatto preferito, dicevi che il mio era l'hamburger. Ma tu non ti ricordavi che io sono vegetariana, così ti avrei detto che era l'insalata. Avresti fatto la stessa faccia ogni volta, quella disgustata.
Io ridevo, chissà se ti ricordavi di questo suono. Te lo saresti dimenticato il giorno dopo, tanto.
Non ridevo molto quando ero con te, avevo paura che sarei scoppiata in lacrime.
Quella sera ti dissi che ero innamorata di te, tu mi avevi chiesto che cos'era essere innamorati.
-Essere innamorati vuol dire avere bisogno di qualcuno che, a volte, non puoi avere. Tu ti dimenticherai cosa io provo per te, ti dimenticherai le mie parole. Ti dimenticherai, tutto.
Ti spiegavo. E tu avevi gli occhi aperti, il colore azzurro mi perforava il cuore. Amo i tuoi occhi.
-Che succede ora?
Hai chiesto. Io ti guardavo gli occhi, e poi i miei erano caduti sulle tue labbra. Mi avvicinavo, tu ti tiravi indietro.
-Che stai cercando di fare?
Chiedevi preoccupata. Ti guardavo con occhi disperati, desiderando amaramente di poter fare qualcosa per aiutarti. Ma nulla era rimasto di te. Nulla. E così, io ti ho risposto.
-Amarti.

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