Come tutto ha avuto inizio

184 17 15
                                    

Sono sola. Non mi è rimasto piú nulla, piú nessuno. Ormai ho perso tutti. Tutta la mia famiglia è stata sterminata da un branco inferocito di licantropi. Non ho amici, non un posto dove andare e dove trovare un riparo. Che senso ha per me continuare a resistere in questo mondo? Meglio lasciarsi andare. La Morte mi accoglierá tra le sue forti ed accoglienti braccia. Magari lí troverò finalmente la pace che sto cercando.

Ma poi...che cosa ne direbbero i miei? Cosa ne direbbero loro, che si sono sacrificati per me? Il loro sacrificio sarebbe vano. Mio fratello, che mi ha protetto con il suo stesso corpo da un colpo direttamente mirato a me, cosa ne direbbe di me?

No. Non mi posso lasciare andare. Non ora, non quí, in questa landa desolata costituita interamente da ghiaccio e neve.
Devo andare avanti.

E poi i miei mi dicevano sempre di essere forte e di non farmi mai abbattere da niente e nessuno.
E c'è una frase che mi ripetevano sempre:
La morte è ciò che la vita ha sinora inventato di piú solido e sicuro.

Per questo motivo non mi devo abbattere. Devo guardare al fururo, perchè è questo che loro vorrebbero da me.

Con rinnovato vigore mi spingo sempre piú verso il bosco presente alla mia sinistra. Almeno lí potrei trovare un riparo.

Cammino per un' oretta buona, cercando di crearmi un varco tra le fronde innevate dei pini che mi circondano. Ad un certo punto vedo una zona dove non c'è neanche un millimetro di neve e dove l' erba cresce indisturbata, come fosse estate. Mi dirigo verso quella zona, spinta dalla curiositá.

Sento dei rumori strani di lamenti e di risate sadiche provenire da qualche parte imprecisata intorno a me.

Camminando tra i fiori e i cespugli, arrivo in un vicolo cieco circondato da una grossa quantitá di edera fresca.

"Peccato, ho fatto tutta questa strada per nulla" penso tra me e me. Quando decido di tornare sui miei passi, sento qualcuno arrivare. Istintivamente cerco un posto dove nascondermi. Mi guardo attorno disperatamente. Dannazione. Non c'è niente. E ora? L' unica soluzione sembrerebbe l' edera. Ma come faccio a spostare dei rampicanti? È praticamente impossibile. Vabbè, tanto che ho da perdere? Tantovale provarci.

Quando sto per sfiorare le foglie del rampicante però sento gridare da dietro di me.

-Hey, tu ragazzina! Cosa credi di fare, eh?- chiede una voce bassa, profonda e tagliente come la lama di un rasoio.
Mi volto lentissimamente e mi vedo davanti due uomini alti e grossi, armati fino ai denti. Uno di questi ha gli occhi di un verde scuro molto profondo e dei capelli neri corvini. L' altro è rosso, evidentemente tinto, con degli occhi neri profondissimi ed inquietanti. Una grossa cicatrice copre tutto l' occhio destro, che è quindi coperto da una benda a mo' di pirata dei Caraibi.

L'uomo con la cicatrice mi si avvicina e prova ad afferrarmi il braccio. Io mi scanso subito. Lui ci riprova. Io mi scanso nuovamente. Lui si spazientisce e prova ad afferrarmi per la vita. Io ancora una volta lo scivo e gli faccio un sorrisetto beffardo. Ora comincia a pulsargli una vena sulla tempia. Prende una frusta dalla cintura e la srotola. La fa scattare e quella si avvinghia come un serpente intorno al mio corpo. La mia pelle brucia al contatto con quell' arma. Cerco di dimenarmi per alleviare il dolore, ma non ci riesco, anzi, ottengo l'effetto opposto.

Questa frusta avvolta intorno a me mi sta prosciugando l'energia. Sento che presto cascherò e perderò i sensi. Cerco di resistere il piú possibile, finchè non ce la faccio piú e sono costretta a cedere.

Prima di perdere i sensi sento solo un forte braccio cincermi la vita e buttarmi su una spalla, come un sacco di patate, ed infine il cigolio di una pesante porta che si apre e poi il suo tonfo quando si chude.

Nuovo Mondo Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora