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Mi sveglio tutta dolorante. Sento la schiena a pezzi. Strano. Non ricordo se ho sognato qualcosa stanotte ma di sicuro non ho fatto incubi. È già la seconda notte che non ne faccio. Sinceramente non ho mai capito il motivo per il quale faccio questi incubi. Non ho niente che non va. Mia madre mi dice che non vivo a pieno la mia vita, che mi nascondo, devo essere più sicura di me stessa. Io credo che , fondamentalmente, ho paura del giudizio degli altri. Più che altro ne sono certa. Cerco di essere sempre perfetta in modo che nessuno possa giudicarmi, dirmi quello che devo fare , come mi devo vestire, deridermi. Ho davvero paura che qualcuno mi prenda alla sprovvista, devo essere sempre preparata, devo sapere quello che devo dire in ogni occasione, sempre. Altrimenti non riuscirei neanche a parlare. È una cosa che odio di me stessa, un mio grande difetto ma non ci posso fare niente. Vivo accompagnata da questo mio atteggiamento da più o meno quattro anni. Penso che sia partito tutto dalle medie, quando le ragazze della mia classe già formate fisicamente mi prendevano in giro perché io ero ancora una bambina. Semplicemente perché non ero ancora "diventata una donna", cosi come dicevano loro. Io non riuscivo mai a rispondere , a farmi valere e cosi mi chiudevo nella mia bolla di solitudine che ben presto divenne molto confortevole per le cinque ore quotidiane. Non sopportavo più questa situazione così dopo tre anni, precisamente il giorno in cui uscirono i risultati dell'esame di Stato, dissi a tutti i miei "compagni" tutto ciò che mi sono tenuto dentro in quei tre anni. Gli gridai contro ero rossa dalla rabbia, mi veniva da piangere per la frustrazione, volevo ridere e prenderli in giro per le loro facce sbigottite, sorridere per essermi presa la mia rivincita. Non ero mai stata cosi arrabbiata con qualcuno, ma avergli detto ciò che pensavo , è stata la sensazione più bella della mia vita, così liberatoria, e la cosa più bella era che dopo non mi sentii per niente in colpa, anzi era davvero orgogliosa di me stessa. E anche adesso è l'unica cosa di cui vado fiera apparte la danza. È parte di me, ce l'ho nelle vene. Letteralmente. È l'unica cosa che per qualche ora al giorno mi fa dimenticare di quel che sono realmente, e quando mi guardo ai grandi specchi mi sento diversa, rinata,mi sento me stessa e basta, ogni volta. E questa è davvero una sensazione fantastica, almeno per me è così.Guardo l'orario, sono le 06:45. È tardissimo! Mi ero svegliata alle 06:30 e ho fatto mezz'ora di soliloquio. Lezione imparata: mai pensare intensamente di prima mattina, appresa. Corro a sistemarli, per la fretta non vedo nemmeno ciò che indosso, mi trucco velocemente , prendo lo zaino , metto il giubbotto e mi faccio accompagnare da mia madre alla fermata, altrimenti non ce la faccio. Per fortuna riesco a prendere la corriera e ad arrivare a scuola in tempo. Le cinque ore passano lentamente, e io penso sempre a Josh. Mi sembra strano dedicare gran parte del mio tempo per pensare una persona. Di solito mi faccio i fatti miei e basta, senza interessarmi dei fatti altrui, ma con lui è tutto diverso. Il modo in cui parla, come gesticola, come si atteggia, i suoi comportamenti calmi, pacati ma allo stesso tempi grintosi e divertenti, mi piacciono. Non l'avrei mai detto ma all'infuori dei libri e della danza c'è un'altra cosa che mi piace: Josh. Sembra strano ammetterlo. E poi non è che mi piace in quel modo, no, per niente. Mi piace come persona, cioè , è il prototipo di una persona perfetta, e credo anche sotto tutti gli aspetti. Mi risveglio dai miei pensieri quando suona la campanella. Esco da scuola e dopo aver preso l'autobus ritorno a casa. Durante il pranzo mia madre mi chiede:

-"come ti senti?"-

-"Bene, perché questa domanda?"-

-"stanotte quando sono venuta in camera tua per controllare che tu stessi dormendo, eri sonnambula e stavi nell'angolo della stanza a guardare incantata io tuo letto"-

Immediatamente mi viene in mente il sogno di stanotte. L'angelo, il bacio, la luce. Ricordo tutto.

-"Mamma, io non ricordo niente"-

-"ok"-

Finisco di mangiare mente parlo con lei di come è basata a scuola...insomma le solite cose. Vado nella mia stanza a vestirmi per andare a danza , perché la lezione di oggi è alle 15:30 e almeno un quarto d'ora prima devo essere li per riscaldare bene i muscoli. Mi accompagna mia madre. Quando esco dalla macchina la piccola scuola di danza si innalza davanti a me. È una piccola scuola di paese niente di che, ma i nostri spettacoli sono fantastici e i concorsi a cui partecipiamo li vinciamo tutti noi. La mia insegnante è bravissima, pretende molto da noi, vuole che diamo il massimo e noi lo facciamo. Quando entro vado nello spogliatoio e mi cambio, le mie amiche sono già tutte qua e si stanno già riscaldando. Ovviamente io sono sempre ritardataria. Le saluto, e comincio a riscaldarli anche io, poi la porta della sala si apre. Che abbiano inizio le ore di tortura più belle al mondo.

* * *

Adesso sono piena di dolori, mi fanno male le gambe, i piedi, la schiena, tutto, ma la cosa che mi stupisce di più di me stessa, è che con tutti questi dolori io ora sto camminando per le strade buie che portano alla stazione solo per vedere Josh. Mi piace parlare con lui, e non mi voglio negare questo piacere. Quando arrivo lui ancora non c'è così deciso di entrare nella stanza, visti che ieri non ci sono entrata. Mi siedo sulla poltrona e alzo la testa per vedere tutte le foto. Mi piacciono molto. Sono tutte essenziali parti di me. Non le butterei mai. Qualcuno bussa alla porta e io salto in aria per la paura. Mi avvicino e apro lentamente la porta con prudenza, per vedere chi sia.

-"ehi sono io, stai tranquilla"- mi dice con un sorriso Josh.

-"oh, menomale"- tiro un sospiro di sollievo.

-" beh esci o no?"-

-"non mi va qua sto al caldo"-

-"allora entro io"-

-"eh no. Non mi freghi, mi dispiace"-

-"io ci provo"-

-"e non ci provare che è meglio. Risparmi tempo"-

-"me l'ero immaginato"-

-"ecco, bravo. Immagina, puoi"-

-"oggi siamo simpatiche?"-

-"ma guarda che io sono sempre simpatica"-

-"mhh...non credo proprio"-

-"fa come vuoi allora"-

-"ma come? Già ti arredi?"-

-"semplicemente non mi va"-

-"ah, okay"-

-"che facciamo?"- cercando di non fargli ricordare delle domande.

-"le domande?"- come non detto.

-"okay"-

-"che scuola frequenti?"-

-"liceo scientifico"-

-"ah, io vado all'industriale"-

-" che vuoi fare da grande?"-

-"credo che prenderò le orme di mio padre"-

-"carino, da parte tua. Ma è quello che vuoi fare veramente?"-

-"non proprio e comunque un domanda per volta"-

-"si, scusami"-

-"e tu cosa vorresti fare?"-

-"non lo so"-

-"come non lo sai? Non hai un obbiettivo? Un qualcosa per cui andare avanti?"- no.

-"no. Ci ho pensato su quello che potrei fare. All'inizio mi ero iscritta ad un liceo scientifico proprio perché volevo diventare una biologa, ma adesso non so più se voglio esserlo davvero."-

-"vedrai che lo capirai al momento giusto"-

-"grazie.."-

-"ehi si è fatto molto tardi"-

-"si..penso che me ne andrò a casa"-

-"si lo penso anch'io"- si alza mi da un bacio sulla guancia e dice:

-"ciao Mary"-

-"ciao Josh"- rispondo con voce flebile.


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