Prologo

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ABEL

< Derek, per favore, vieni a prendermi!>, Urlai al telefono mentre le lacrime rigavano le mie guance. Stavo piangendo talmente forte che il mio corpo aveva preso a tremare, o forse tremavo perché stavo perdendo una grande quantità di sangue.
Cercai di spostarmi dalla strada sterrata, ma il tremore me lo impedì, perciò rimasi sdraiata, ad almeno tre metri di distanza dal mio motorino.
< Che cazzo hai fatto, Abel?>, Chiese con un tono di voce misto tra l'incazzato e il preoccupato mio fratello.
< Sono caduta dal motorino, ti prego, non riesco nemmeno a guardarmi la gamba>, riuscii a dire tra un singhiozzo e un altro.
< Merda. Dove sei?>.
< Nella stradina sterrata vicino casa, ti prego, vieni>, risposi singhiozzando.
Lanciai un'occhiata alla mia gamba e mi sembrò di vedere l'osso fuoriuscire, ma pensai fosse solo uno scherzo dettato dalla paura. Poggiai la testa sul terreno, vedendo delle formiche camminare al mio fianco. Volevo alzarmi, ma il dolore alla gamba e il tremore me lo impedirono.
Aspettai mio fratello per quelle che mi parsero ore, ma in verità arrivò dopo cinque minuti scarsi; il forte dolore che provavo alla gamba faceva sì che mi sembrasse che il tempo scorresse molto più lentamente.
Derek scese dall'auto e non appena mi vide strabuzzò gli occhi, impallidendo, il che mi fece preoccupare ulteriormente.
< Oddio Abel, devo portarti al pronto soccorso!>, Urlò subito dopo. Mio fratello era una persona forte, perciò quando vidi la sua espressione spaventata e, oserei dire schifata, capii che la condizione della mia gamba era realmente critica, non me la stavo solo immaginando.
Mi prese in braccio e mi fece sedere sul sedile anteriore della macchina dal lato del passeggero. Cacciai un urlo per il dolore lancinante che provavo alla gamba e iniziai a singhiozzare ancora più forte.
< Come hai fatto a cascare?>, Chiese non appena chiuse lo sportello dell'auto.
< Ho perso l'equilibrio>, Risposi piangendo. Accesse l'auto e partì velocemente, facendo alzare un polverone dietro di noi.
< E il motorino?>, domandai guardando dal finestrino il mio motorino sdraiato a terra farsi sempre più piccolo mentre ci allontanavamo dal luogo dell'incidente.
< Non me ne frega un cazzo del motorino!>, Sbraitò aumentando ulteriormente la velocità. Era nervoso e preoccupato, perciò decisi di non ribattere. Rimasi in silenzio e voltai lo sguardo a destra, ammirando la città scorrere mentre noi viaggiavamo a gran velocità verso l'ospedale più vicino. Cercai di concentrarmi su ogni singolo dettaglio che vedevo, giusto per non pensare al dolore. Concentrarmi però mi risultava difficile, forse perché ero sempre più debole, a causa della profonda ferita.
Durante il tragitto verso l'ospedale Derek premeva insistentemente il clacson e con la mano sinistra teneva fuori dal finestrino un asciugamano bianco- uno di quelli che usava quando andava in palestra- per far capire agli altri conducenti che stava trasportando qualcuno di ferito; tutte le auto notandolo ci fecero passare, perciò riuscimmo ad arrivare velocemente all'ospedale. Parcheggiò proprio davanti all'entrata del pronto soccorso e mi prese in braccio, come aveva fatto poco prima.
A causa della forte stanchezza non riuscii nemmeno ad urlare per il forte dolore, ma emisi un gemito soffocato.
Corse all'interno della struttura e subito si precipitarono verso di noi due infermieri; uno, forse il più grande, ordinò all'altro di andare a prendere una barella. Poggiai la testa sul petto di mio fratello, sentendo che le forze mi stavano abbandondo definitivamente.
< Resta sveglia Abel>, mi ordinò Derek con tono di voce misto tra il dolce e il preoccupato. Cercai di fare come mi aveva detto, ma sentivo le palpebre pesanti ed ogni volta che si chiudevano diventava sempre più difficile aprirle.
< Derek>, dissi con un filo di voce proprio prima di svenire tra le sue braccia.

VALERIO

Mi svegliai sudato, nonostante l'aria fresca che penetrava dalla finestra, e tremante allo stesso tempo, a causa del solito incubo che tormentava tutte le mie notti.
Rimasi immobile a guardare il soffitto bianco sopra la mia testa, fin quando non riuscii a tranquillizzarmi.
Mi girai su un fianco e guardai l'ora sullo schermo del cellulare: erano le 10 del mattino.
Dato che per i miei standard era veramente presto provai a riaddormentarmi.
Mi rigirai nel letto per l'ennesima volta, ma non riuscii a riprendere sonno.
D'un tratto sentii mio padre scendere le scale, e il rumore dei passi veloci di mia madre subito dietro. Restai sdraiato, ma non provai a dormire, ormai consapevole del fatto che non ci sarei riuscito.
I miei genitori iniziarono a litigare animatamente e le loro urla riecheggiarono per tutta la casa, avvolta dal silenzio più totale fino a pochi minuti prima. Non diedi troppo peso alla loro lite, dato che non era raro che litigasserro. Mio padre non aveva un bel carattere, era molto isterico e aveva l'indole del leader, perciò voleva comandare su tutto e su tutti. Non accettava mai un "no" come risposta e odiava essere contraddetto.
Quando sentii un qualcosa di vetro rompersi, balzai in piedi, capendo che le cose stavano degenerando. Mi infilai velocemente un pantaloncino e corsi al piano di sotto, dove trovai mio padre che tirava i capelli a mia madre, la quale stava piangendo e lo pregava di lasciarlo. Rimasi sbalordito nel vedere quella scena; nonostante il suo carattere difficile e autoritario,mio padre era un bravo uomo, non aveva mai messo le mani addosso a mia madre, nonostante litigasserro di continuo, perciò pensai quasi che mi stessi immaginando tutto. Forse era solo un altro dei miei incubi. Magari se mi fossi concentrati sarei riuscito a svegliarmi.
È tutto un sogno, continuavo a ripetermi tra me e me, cercando di autoconvicermi.
Rimasi immobile, incapace di realizzare ciò che stava realmente succedendo.
< Papà, che cazzo fai?>, Chiesi, ma lo sussurrai talmente piano che nessuno mi sentì.
< Sei solo una puttana>, disse con disprezzo, per poi sputarle in pieno viso. Non era un sogno, non mi stavo immaginando nulla, era tutto vero.
Non riuscii più a contenere la rabbia e mi avventai contro mio padre.
< Lasciala stare!>, Urlai spingendolo; lasciò la presa dai capelli scompigliati di mia madre e cadde a peso morto sul divano.
< Valerio, vattene!>, Ordinò mia madre tra un singhiozzo e un altro. Mi girai per un attimo a guardarla e quando la vidi così distrutta mi sentii morire. Aveva i capelli arruffati e il volto stanco, solcato dalle lacrime.
< È una questione tra me e tuo padre, non devi immischiarti>, mi ordinò lei alzandosi in piedi.
Cercò di sembrare seria e autoria, ma il suo aspetto e il pigiama a fiori non glielo permisero.
< Ti stava mettendo le mani addosso!>, Sbraitai io indicando mio padre, che nel mentre si stava rialzando. Mia madre cercò di ribattere, ma un urlo di mio padre le fece morire le parole in bocca.
< Figlio di puttana>, sussurrò poi avvicinandosi a me barcollando.
Non avevo mai visto mio padre così. Il suo sguardo carico d'odio mi spaventò, ma non vacillai, non potevo e non volevo farmi vedere debole.
Mi lanciò un' altra occhiata truce, per poi avvicinarsi ancora di più a me, guardandomi dritto negli occhi.
< È solo colpa vostra!>, Urlò per poi restituirmi lo spintone, che mi fece indietreggiare fino a sbattere la testa e la schiena contro la parete; emisi un gemito di dolore al contatto con la parete dura, ma restai in allerta, mentre un quadro appeso poco lontano dal punto in cui avevo sbattuto cadde a terra. Il vetro della cornice si frantumò in mille pezzi e le schegge si sparsero sul pavimento.
Cosa era successo di talmente grave da farlo arrivare a questo punto?
< Siete solo un errore!>, Continuò ad urlare avvicinandosi nuovamente a me con fare minaccioso.
< Lascia stare Valerio>, urlò mia mamma tirandolo per la manica della maglia, ma tutto ciò che ricevette fu uno schiaffo in pieno volto, che la fece piangere ancora più forte.
< Stai zitta, puttana!>.
< Lasciala stare!>, Urlai nuovamente, per poi gettarmi addosso a lui e farlo cadere a terra. Mi posizionai a cavalcioni sopra mio padre e gli intimai di calmarsi, strattonandolo per i lembi della maglietta; capovolse la situazione e una volta che mi fui ritrovato sotto di lui iniziò a tempestarmi la faccia di pugni, proprio sotto all'occhio. La sua reazione esagerata mi aveva lasciato talmente spiazzato che non riuscii a reagire. Perché lo stava facendo?
Mia madre cercò di togliermelo di dosso, ma lui la spinse, facendola andare a sbattere contro lo spigolo del tavolo. Quando sentii le sue urla di dolore il mio corpo venne attraversato da una scarica di adrenalina e trovai l'energia e la lucidità necessaria per ribaltare un'altra volta la situazione. Alzai il gomito e gli assestai un pugno potentissimo in pieno volto, che lo stordì. Era mio padre, mi faceva strano picchiarlo, ma mi stavo semplicemente difendendo.
Dato che era leggermente stordito, ne approfittai per correre da mia mamma, la quale si toccava la schiena dolorante tra le lacrime.
< Mamma, tutto bene?>, Chiesi chinandomi vicino a lei ed accarezzandole una guancia. Non appena finii la frase sentii qualcosa di molto duro colpirmi la schiena e la testa. Mi accasciai a terra urlando e contorcendomi dal dolore. Alzai lo sguardo e vidi mio padre con in mano ciò che rimaneva della sedia di legno che mi aveva appena spaccato addosso. Strabuzzai gli occhi vedendo ciò che aveva fatto, mentre lui mi guardava con un sorriso beffardo dipinto in volto; si avvicinò e mi tirò un calcio all'altezza dello stomaco, che mi tolse il respiro, tant'è che non riuscii nemmeno ad urlare a causa del dolore lancinante che provavo nelle varie parti del corpo. Emisi solo un gemito soffocato.
Quella situazione era surreale, nonostante il reale dolore che provavo non riuscivo a crederci. Non poteva essere vero, doveva per forza essere un sogno. Anzi, un incubo. È solo un sogno, continuavo a ripetermi.
Mi portai le braccia davanti allo stomaco, contorcendomi ancora una volta dal dolore. Quando tirò un altro schiaffo a mia mamma, trovai nuovamente la forza di rialzarmi, seppur lentamente. La schiena mi tirava e anche un piccolo movimento mi toglieva il respiro, ma l'adrenalina superava il dolore.
Mi avvicinai barcollante a lui, che era girato di spalle, e con le ultime forze che avevo gli tirai un calcio in mezzo alle gambe, che lo lasciò senza fiato. Dopo quel calcio mi sentii completamente senza forze e rischiai anche di svenire.
Si contorse per un attimo, ma poi alzò lo sguardo e mi rivolse un sorriso inquietante.
< Di le tue ultime preghiere>, disse prima di avventarsi contro me. Strabuzzai gli occhi vedendo il sorriso macabro dipinto sul suo volto. Pensai che mi avrebbe ucciso, ne ero più che certo.
Mi fece cadere a terra e battei la testa già dolorante contro il pavimento. Vedermi soffrire sembrava quasi che gli piacesse, il che mi sconvolse. Era una persona seria e autoria, ma mi voleva bene, perciò non avrei mai pensato che avrebbe potuto fare una cosa del genere.
Mi intrappolò sotto di sé e, proprio come qualche minuto prima, iniziò a colpirmi ripetutamente il viso con dei pugni ben assestati. Si allungò verso il tavolino da fumo posizionato davanti al divano e prese l'unico dei tre vasi prima presenti su di esso rimasto integro e me lo ruppe in testa. Non si fermava davanti alle nostre urla, stava per uccidermi, ne ero sicuro. Nei suoi occhi avevo potuto vedere tutto l'odio che provava nei miei confronti, tutto l'odio che provava verso l'errore più grande della sua vita. Lui diceva sempre che ero un disastro e che come tale sapevo fare solo disastri, e forse aveva ragione. Sarebbe stato molto più felice se non fossi mai nato, ne ero più che certo, ora più che mai.
Quando vide che non ero più in grado di reagire, si alzò e tornò da mia mamma. Cercai di alzarmi, ma le forze mi avevano definitivamente abbandonando. Posai una mano sulla testa e subito sentii che era bagnata da un liquido caldo. Portai la mano tremante davanti al viso e quando la vidi completamente insanguinata strabuzzai gli occhi spaventato. Sentii le urla di mia madre, ma le avvertivo lontane, come se provenissero da un'altra stanza, invece lei era lì, davanti a me. Riuscivo a vedere mio padre tirarle dei calci sul ventre mentre lei urlava, piangeva e si dimenava. Cercai di alzarmi per l'ennesima volta per andare ad aiutarla, ma sentivo la testa pesante e non riuscii a fare nemmeno un piccolo movimento. Una scarica di adrenalina, odio e rabbia scorse nelle mie vene e credetti che questa volta sarei riuscito ad alzarmi, ma la rabbia e l'odio che provavo in quel momento nei confronti di mio padre non mi aiutarono.
< Scusami>, sussurrai mentre una lacrima rigava il mio volto; iniziai a vedere tutto a pallini bianchi e neri, mentre le urla di mia madre riempivano la stanza, facendomi sentire una merda per non essere stato in grado di aiutarla.
Improvvisamente sentii un colpo e le urla, seppur lontane, di mia madre vennero sostituite da quelle più profonde di alcuni uomini. Aprii gli occhi quel tanto che bastava per vedere che si trattava di alcuni carabinieri , o forse erano dei poliziotti.
Chiusi gli occhi, rilassandomi, felice che quell'incubo fosse finalmente finito. Odiavo gli sbirri, ma odiavo ancora di più mio padre, perciò fui felice di vederli.
Sentii qualcuno poggiarmi due dita proprio sotto alla mascella, ma non riuscii ad aprire gli occhi per vedere chi fosse. Mi sentivo bene, quasi come se fossi stato drogato.
< Il polso è debole, chiamate un'ambulanza!>. Queste le ultime parole che sentii prima di svenire.

SPAZIO AUTRICE
Ecco a voi la mia nuova fan fiction su Valerio. Nonostante quella su Nicole e Giorgio non sia ancora finita ho deciso di pubblicarla per farmi perdonare di non aver aggiornato spesso, dato che ero in vacanza; ve lo avevo anche promesso.
I protagonisti saranno- come avrete potuto capire- Abel e un Valerio diciassettenne,quando ancora non era famoso ( per altro l'immagine di copertina della storia è stata scelta proprio perché è stata scattata quando Valerio aveva 17 anni, è tutto calcolato).
Il nome della fan fiction, per chi non lo sapesse, è lo stesso del primo EP di Valerio, uscito nell'ottobre 2011.
Chi ha già letto le mie fan fiction [ che vi ricordo si chiamano, in ordine : "Correggimi se sbaglio", "Sorreggimi se cado", "Proteggimi, siamo rondini con il guinzaglio"] mi conosce già, perciò conosce già il mio modo di scrivere e sa anche che i commenti sono sempre ben accetti, sia positivi, sia negativi.
Nel caso questa sia la prima volta che leggete qualcosa scritto da me, spero che il mio modo di scrivere vi piaccia;
spero anche che "Unhappy" vi possa appassionare ed emozionare.
Bene, detto ciò fatemi sapere cose ne pensate di questa nuova storia.
Un bacio a tutte,
Nicole 😘❤

Unhappy ~ SerchoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora