Capitolo Ventuno.

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"Per me un cappuccino" risponde Justin, sfilando l'Iphone dalla tasca dei jeans.
"Anche per me" sorrido e il cameriere si dirige verso un altro tavolo.

"Non sapevo che gli hotel Gardens fossero anche in Europa." parlo, osservando Justin digitare qualcosa sullo schermo acceso.
"Per ora sono solo in Italia, Francia e Germania, ma mio padre sta trattando per estendere la rete anche a Spagna e Inghilterra" mi risponde con non-chalance.

"Eri già stato a Milano?" domando, osservando il giornale appoggiato alla mia destra.
Riconosco un paio di parole in inglese in mezzo al fiume di frasi italiane che non sono in grado di leggere.
"Un paio di volte, anni fa. Con i miei genitori."
"Quindi sai già dove portarmi" accenno un sorriso.
"Diciamo di si."

Allunga due dita sul tavolo e mi accarezza il dorso della mano, fino al suo anello attorno al mio pollice.
Il cameriere ci porta le due tazze bollenti.
Il cappuccino è completamente diverso da quello che sono abituata a bere.
Più forte, denso e dolce.
Gusto il sapore intenso del caffè e mangio un paio di biscotti.

"Devo prendere una cosa in camera, prima di andare" asserisco, afferrando il badge accanto al braccio di Justin.
"Ti aspetto in ingresso" mormora, finendo di sorseggiare il suo caffè.

Salgo le scale due a due, evitando la coda agli ascensori e arrivo stremata al quarto piano.
Spalanco la valigia e tiro fuori quasi tutti i vestiti fino a trovare la scatolina sul fondo.
Accarezzo la superficie blu vellutata incisa da due iniziali argentate.
JB.

La infilo in borsa e stavolta prendo l'ascensore, arrivando pochi minuti dopo in reception.
Justin mi aspetta seduto su un divanetto in pelle, stretto nel giaccone scuro, con un berretto grigio calcato sul capo.
"Andiamo?" lo risveglio dai suoi pensieri, finendo di abbottonarmi il cappotto.
Annuisce.
"Andiamo."


Io e Justin ci guardiamo attorno, camminando mano nella mano.
Resto ammaliata dai palazzi che ci circondano, le chiese, le vie, i negozi.
Non c'è moltissima gente per strada, per lo più turisti stranieri che parlano inglese, tedesco, spagnolo e altre lingue che non riconosco.
Saranno tutti a casa, da amici e parenti per il pranzo di Natale.

Justin mi ha già portata a vedere il Duomo. Le vie sono decorate con luci e luminarie di vari colori e forme.

Faccio ancora fatica a capacitarmi di trovarmi a Milano.
Chilometri e chilometri di terra e oceano mi separano da mia madre, dalla mia casa, dalla mia vita di tutti i giorni.
È come trovarsi in un mondo parallelo, in un'altra realtà.

L'aria invernale è fredda ma il cielo è tinto di un azzurro intenso, coperto solo da qualche nuvola qua e là.
A pranzo ho mangiato un risotto squisito e, ovviamente Justin ha insistito per pagare.
Sarà anche pieno di soldi, ma questo viaggio gli costerà comunque un occhio della testa.

Sorseggio la cioccolata calda dal bicchierino di carta, stringendomi al fianco di Justin.
"Volete anche dei biscotti?" mi domanda in un inglese quasi perfetto uno dei ragazzi che gestiscono il carretto delle cioccolate.
Credo siano degli scout.
"Si, grazie" sorrido, afferrando una cialda al cioccolato e cocco.
"Qui in Italia si mangia benissimo" mormoro a bocca piena.

"Siete qui da tanto?" mi chiede un ragazzo sui 15 anni.
"Siamo arrivati stanotte."
Si girano a parlare tra di loro, sorridendo e annuendo e poi tornano a noi.
"Stasera diamo una festa. Se vi va potete venire."

Mi volto verso Justin.
"Se non hai altre idee si potrebbe andare" mormoro.
"Non lo so. Non li conosciamo nemmeno" sussurra, cercando di non farsi sentire.
"Sono degli scout, mica degli spacciatori. Dai, stanno facendo beneficenza!" ridacchio indicando il tavolo alle mie spalle.

Non Sono Anoressica. || Justin Bieber FanfictionOn viuen les histories. Descobreix ara