Non ci sono vincitori. Solo sopravvissuti

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E così, è finita. La settantesima edizione degli Hunger Games si è finalmente conclusa stasera nel momento in cui, mentre la telecamera si soffermava sugli ultimi istanti dei tributi che annegavano, una povera ragazza pazza del mio distretto nuotava urlando il nome del suo compagno. Ora lei pensa di essere fuori pericolo. Non immagina neanche quanto sbagli.

Bevo in continuazione. In fondo, la festa è anche in mio onore, no? Tutto questo scintillio di gioielli e frusciare di vestiti piumati. Io sono il mentore maschile del 4, e avendo allenato Annie sono uno dei personaggi più importanti qui presenti. Non sarei potuto mancare alla festa in onore degli Hunger Games appena conclusi. Tanto più che il presidente ha deciso che stanotte sarò nel letto di una delle danarose signore che ora si accalcano affianco a me. La donna nel cui orecchio sussurrerò bugie d'amore tra poche ore è una quarantenne vistosamente agghindata, coperta di diamanti e seta gialla. Scommetto che indossa dell'intimo di pelliccia.
Mando giù velocemente un altro drink, non m'importa neanche più quale. L'importante è che mi faccia male, che cancelli ogni mio pensiero, che domattina, quando mi sveglierò stretto tra le braccia di qualcuno di cui non so il nome, io non ricordi più nulla. Tra qualche anno, spero, l'alcool mi avrà devastato così tanto che nessuna capitolina vorrà trascorrere una notte con me. Intanto continuo a sorridere a stuzzicarle, eccitandole sempre di più. Guai se la notte non piacesse a qualcuna di loro.
Vorrei essere morto nell'arena o perlomeno morire ora. Se avessi potuto, a quest'ora il mio corpo dondolerebbe da un cappio; ma Snow mi ha fatto arrivare chiaro il messaggio: se tu muori, anche Mags avrà un "incidente". Io servo ancora, sono una miniera di soldi e un esempio per i prossimi vincitori, ma un'ottantenne? Cosa ci sarebbe di più normale che la morte per lei? Il pubblico non ci troverebbe nulla di strano. Per questo continuo ad andare avanti, in questa recita in cui il depresso si finge allegro e il quasi suicida vincitore.

Sono passati alcuni mesi dalla vittoria di Annie. È ormai quasi la fine del Tour della Vittoria quando, una mattina, la trovo nel bagno del Palazzo di Giustizia del 12, con una corda che pende dal soffitto. Quando la vedo lei trasalisce. È chiaro come abbia provato a stringere un nodo scorsorio, e dalle lacrime che le rigano il volto capisco subito la sua intenzione: suicidio. "Non farlo!" le dico con una nota d'angoscia spontanea nella voce. "Perché?" sussurra tremando come risposta. Già, perché. Anch'io lo farei, se potessi. Annie non ha più nessuno a cui sia legata. È orfana, e il suo fidanzato era l'altro concorrente del 4. E sarebbe certo meglio morire che vivere così. "Perché qui potrebbero spiarti. E quel nodo è fatto male, non ti reggerebbe." replico in tono schietto ed estremamente pratico. "Ti insegnerò io a farne uno decente, se davvero ti servirà. Ora vieni alla festa e fingi di essere felice. Così" sorrido "imita me."

"No. Non in questo modo" le dico gentilmente, prendendole le mani per meglio aiutarla. "Vedi? La corda dovrebbe passare qui sotto." Annie annuisce, concentrata. I suoi morbidi capelli mi sfiorano le spalle e, senza volerlo, rabbrividisco. "Smettila, Finnick." mi rimprovero mentalmente. Ma non riesco a farci nulla: da quando siamo tornati al Villaggio dei vincitori io e lei ci siamo avvicinati sempre di più, anche perché di notte abbiamo bisogno l'uno dell'altro per evitare gli incubi. Ci sono sere in cui la sento gridare il nome del suo alleato ai Giochi e allora arrivo a coccolarla e tranquillizzarla fino a che non si addormenta nelle mie braccia, e sere in cui lei viene da me, mi toglie dalle mani l'ennesima bottiglia e mi stringe mentre piango fino a che non mi calmo. Siamo diventati l'uno l'ancora dell'altro, e per qualche settimana ho anche pensato che sarebbe potuto andare tutto bene. Che sarebbe bastato. Che noi due avremmo potuto essere felici insieme. Che Capitol avesse smesso di farci male. Ma ora manca poco ai prossimi giochi, e come ultimi vincitori siamo stati scelti per fare da mentori alle prossime due vittime. E stasera Annie è venuta a casa mia con un pezzo di corda, chiedendomi di tenere fede alla mia promessa. Mi scurisco in volto. "Questo nodo va bene, Annie. Ora puoi... andare." le spiego, abbassando lo sguardo.
Fanculo, sto piangendo. E lei se n'è accorta.
"Finnick" sussurra, accarezzandomi la faccia, "cosa c'è?" "Io... niente, vai..." "Abbiamo una regola. Non dire bugie." Sorrido stancamente. È vero, ci siamo inventati questo divieto perché tra noi possiamo parlare di tutto, anche di ciò che fa male. "Senti, Annie, io... non voglio che tu muoia. Io voglio che tu sia felice qui... e poi ho bisogno di te.
Per gli incubi. No, cosa dico, non solo per gli incubi, insomma hai capito Annie... per stare bene. Io sto bene quando sono con te, e tu con me, vero? Ti darò una mano. Giuro che da mentore farò tutto io, tu dovrai solo essere inquadrata qualche volta dalla telecamere... Non ucciderti... io... io ti amo, Annie" Lei si copre la bocca con le mani, mentre io continuo il mio discorso confusionario, spinto da un senso di urgenza che non avevo mai provato prima "Io... non so, forse sono egoista, ma voglio che tu resti. Mi prenderò cura di te. Ti renderò felice. Ti porterò a vedere il mare quando è forte e il suo rumore cancella tutte le cose che vuoi ignorare, e ti farò collane di conchiglia, e ti farò ridere con le mie battute, e ti insegnerò altri nodi, e guarderò che tu stia bene. Non posso dire che sarà facile, o che saremo al sicuro, o che ti sarò fedele - sai cosa mi fa fare Snow - ma" le prendo le mani "ne varrà la pena. Io ti amo. Dimmi... solo se va bene, ok?" La ragazza mi guarda ancora negli occhi, un po' smarrita. Poi sorride, annuisce, e prima che io abbia il tempo di realizzare esattamente quanta felicità mi è appena stata donata, mi bacia. La sorpresa si mescola al piacere, alla gioia, alle lacrime. Siamo felici, davvero felici, per la volta dopo mesi. Attraverseremo insieme la notte per vedere l'alba.

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