Capitolo 8

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Lui sorride quasi divertito.
-Non te lo posso ancora dire.-
Lo guardo piú perplessa di prima.
-Perchè non mi puoi dire niente? Sono anche io coinvolta in questa storia!-
Tra le strane informazioni e questo tizio antipatico, la testa mi sta esplodendo.
-È il volere degli dei.-
Dice facendo un ghigno.
-Tutte scuse.-
Rispondo.
-Meno chiacchiere e piú strada.-
Detto questo si trasforma e comincia a correre.
Corriamo per chilometri, percorrendo dei brevi tratti di praterie o strade sterrate. Corriamo di fianco a decine di cartelli stradali.
Sono stanca, ma ho paura che se mi fermassi ora non troverei mai piú Matia, o forse lo spero.
Attraversiamo un ingorgo sull'autostrada, nessuno ci nota. Cerco di leggere l'ennesimo cartello che mi ritrovo davanti ma leggo di striscio:Soul Dalota.
Non penso di averci azzeccato.
Tornati nel bosco lui si ferma e si trasforma.
-Dove siamo?-
Chiedo a Matia.
-Parco nazionale di Black Hills.-
Risponde col fiatone.
Cerco di ricordare le lezioni di Geografia sui parchi nazionali in America.
-Cosa? Seriamente? Quel parco è a piú di milletrecento chilometri da Portland!-
Che precisione, che ne so io di quanta strada c'è tra i due posti.
Comunque abbiamo viaggiato solo tre giorni, è impossibile aver fatto tutta quella strada.
-Ti ricordo che sei figlia di un dio e che corriamo a circa 400 km/h da giorni.-
-Ma se corriamo al massimo alla velocità di una 500!-
Ora non spariamo cavolate.
-Penso che il tuo massimo sia di circa 450 km/h, mica male.-
Continua.
Devo fermarmi un attimo a riflettere su tutte le cose strane successe negli ultimi giorni:
Sono figlia di un dio o una dea, sto correndo da giorni con un figlio di Apollo a 400 km/h e non ho idea di dove stiamo andando.
Bella situazione.
-Ora che facciamo?-
Chiedo guardandomi intorno:
Siamo sul confine tra la strada e il bosco.
Ci sono alcune case dal tetto verde smeraldo contornate da grossi garage grigi.
-Facciamo una sosta a Rapid City per mangiare.-
Dice per poi decidere di conto suo di farci dare un passaggio.
-Perchè non possiamo andare lá a piedi...o zampe?-
Dico sottolineando l'ultima parola.
-Perchè magari se dei mortali vedono un lupo e una ragazza correre a 400 km/h si potrebbe spaventare.-
Dice con tono stufato.
-Hai ragione.-
Ammetto.
Detto questo si mette sul ciglio della strada sorridendo e fa l'autostop.
-Tanto non si fermerá nessuno.-
È la frase che ripeto circa una volta prima che una jeep verde militare si fermi davanti a noi.
Il finestrino si abbassa rivelando un ragazzo sulla ventina, con folti capelli biondi e ribelli.
-Destinazione?-
Chiede mentre Matia sale.
-Rapid City, Stumer Street.-
Gli risponde mentre salgo anche io.
-Va bene.-
Dice il ragazzo impostando il navigatore
-Io sono Leo Neme.-
Continua mentre l'auto sfreccia sulla strada.
Appena sente quel nome Matia ringhia leggermente, come se gli ricordasse qualcosa di brutto.
-Siete turisti vero?-
Domanda Leo mentre fa ripartire l'auto.
-Si.-
Risponde secco Matia.
Se penso di non essere più una "mortale" mi sento diversa, troppo diversa; mi costringo a trovare cose positive in tutto questo, e ne trovo ben poche.
Penso a questo ragazzo che sta vivendo la sua vita normale, con momenti tristi e altri felici.
Ho una sensazione strana, mi formicolano le punta delle dita.
Viaggiamo per un buon quarto d'ora finché Matia ringhia:
-Hai sorpassato Stumer Street dieci minuti fa.-

Scusate per l'enorme ritardo!!
E per gli errori di scrittura...

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