Capitolo 1

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La sveglia.
Una delle cose più pericolose e odiate al mondo.
Era l'ultimo giorno prima delle vacanze natalizie, così mi costrinsi ad alzarmi.
Nell'orfanotrofio dove vivevo non si stava male, le nostre due madrine (così le chiamavamo) erano gentilissime, ogni tanto litigavano fra loro, ma era solo un motivo in più per farci una risata.

Mi stropicciai gli occhi.

Lì era tutto abbastanza spazioso, una cucina, un'enorme sala da pranzo, un giardino e tre bagni, uno per ogni piano.

Poi c'erano quattro camere: quella in cui ero io, occupata dai ragazzi tra i quindici e i diciotto anni; molti scappavano da lì, non so bene dove andassero, probabilmente a cercare i propri genitori, curiosità che io non ho mai avuto.

Mi guardai intorno: la stanza consisteva in nove letti a castello, due finestre e un tappeto pieno di vestiti sporchi che emanavano un forte odore di muffa.

Mi vestii, non che ci fosse tutta sta scelta, ognuno aveva: un paio di jeans, delle scarpe da ginnastica, una maglia blu e una giacca, tranne quelli che riuscivano in qualche modo a guadagnarsi dei soldi.

Scesi nel bagno del primo piano, che essendo quello dedicato ai più piccoli era sempre meno affollato.

Mi guardai nello specchio sopra al lavandino: i capelli biondo cenere si aggrovigliavano intorno ad un vecchio elastico nero, dovevano essere lisci, ma a stento riuscii a togliere qualche groviglio. Mi arresi e li legai in una coda spettinata. Guardai un attimo il mio riflesso, gli occhi giallo-grigio che mi fissavano come se volessero qualcosa, ma io non avevo niente, distolsi lo sguardo ed uscii.

Corsi a fare colazione e mi sorprese vedere che la colazione era uguale da quella che facevo da 16 anni: latte e aria.

Fui felicemente dispiaciuta di non vedere nessun nuovo arrivato che si lamentava del cibo o della propria camera, non sarei riuscita a sopportarlo.

Uscii. Andai sul marciapiede e continuai dritta.

C'erano molte cose che amavo di Portland, una di queste era che tutto intorno alle case c'era tantissimo verde. Da lì potevo notare il bosco rialzato rispetto alla città, peccato che fosse tutto coperto da un leggero strato di neve.

Percorsi Woodward Street e mi misi a fissare il taglio netto che divideva la mia parte di città, quella industriale, da quella piena di giardini, ville enormi e piscine.

Dopo 20 minuti arrivai.
Avevo il naso congelato, e il mio respiro usciva a nuvolette bianche.

La Cleveland High School era enorme, piena di vita.
Ed era una scuola privata.
Non avevo idea di chi me l'avesse pagata.
Sapevo solo che a settembre mi era arrivata una lettera di ammissione alla scuola, con già tutto pagato.
Provai a chiedere alla preside, al vice preside e a tutti i prof, ma nessuno sembrava saperlo, o volerlo dire a me.

Percorsi la scalinata che portava all'entrata principale e mi fermai sull'ultimo gradino. Mi guardai intorno:
I gruppi di amici erano ben delimitati, mi sarei unita a uno di questi, tipo il gruppo che stava vicino al parcheggio, ma non ero una tipa che amava socializzare, per cui me restai in disparte e cercai di riscaldarmi.

*Spazio Autrice*
Ehi! Questo è il primo capitolo, spero vi sia piaciuto!

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