● CAPITOLO 3 ●

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Una mattina di Maggio verso le sei decisi di fare un giro per la città, non avevo sonno e avevo proprio bisogno di una camminata per schiarire i pensieri che mi frullavano per la testa.
Mi incamminai verso il parco e siccome avevo la testa fra le nuvole andai addosso ad una ragazza. Quando tornai con i piedi per terra vidi che le avevo fatto cadere tutti i libri e il caffè...c'erano fogli macchiati sparsi ovunque che lei si affrettò a raccogliere. La guardai con attenzione, aveva capelli biondi, lisci e lunghi, occhi verdi e grandi, un sorriso bellissimo e una corporatura mozzafiato. Credo di non aver mai visto niente di più bello. Rimasi a fissarla per un po, non so bene quanto finché lei non si scusò. Non capivo perché si fosse scusata, teoricamente mi sarei dovuto scusare io.
Era diversa dalle altre ragazze. Si... era...come dire...più vestita e meno truccata! Beh non che io frequentassi molte ragazze, erano tutte amiche di Marcus, le portava a casa, ci si divertiva e poi le mandava via. Erano ragazze facili, poco vestite e super truccate. C'era una sottile differenza tra il loro trucco e quello di Moira Orfei.
Visto che non sono un gentiluomo non la aiutai a raccogliere quello che le avevo fatto cadere di mano.
Ero curioso di sapere come si chiamasse e lei sembrò leggermi nel pensiero e disse:
"Mi chiamo Alice, piacere."
Alice che nome bellissimo, solitamente non facevo caso a nessun nome anzi neanche me ne importava. Tagliai corto dicendole che mi chiamavo James. Ci andammo a sedere su una panchina sotto un pesco e Alice cominciò a raccontarmi la sua storia: Era all'ultimo anno del liceo classico e voleva studiare giurisprudenza l'anno successivo all'università nella quale il padre era il rettore. I genitori si separarono quando aveva soli 6 anni. Mi disse di aver sofferto molto e alcune volte aveva creduto di essere la causa dei loro litigi. Continuai ad ascoltarla per ore, ero affascinato dalle sue labbra che si muovevano, decise su quello che dovevano dire. Ero attratto da quella ragazza, per certi versi abbiamo avuto un'infanzia simile.
Mi piaceva sentirla parlare.
Alla fine del racconto della sua vita, delle aspettative sul futuro mi chiese quale fosse la mia storia, le mie origini. Rimasi senza fiato: nessuno si era mai accorto della mia presenza, mi reputavano un bravo ascoltatore ma nessuno si era mai scomodato per chiedermi qualcosa. Le parole e i fatti da raccontare di certo non mi mancavano, avevo fin troppo da raccontare. Ero solo sorpreso e felice che qualcuno si interessasse a me.
Mi schiarii la voce e presi a parlare. Durante il mio triste racconto dovetti prendere un paio di volte i fazzoletti perché Alice, come una fontana, aveva iniziato a piangere. Non sapevo cosa fare, se dirle di stare tranquilla, se rimanere zitto, se accarezzarla. Alla fine la abbracciai e le adagiai delicatamente la testa sul mio petto; mi strinse talmente forte che mi fece ricordare gli abbracci di mia madre, quei pochi abbracci che riuscì a darmi.
Guardai l'orologio e vidi che erano già passate tre ore da quando ci eravamo messi a sedere. Le proposi di andare a mangiare qualcosa da "Neco", un ristorantino italiano dove si mangia a buon prezzo ed è molto tranquillo. Non se lo fece ripetere due volte così ci avviammo.

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Passammo tutto il pomeriggio insieme e quando tornai a casa mi andai a sedere alla scrivania, presi carta e penna.
Avevo l'intenzione di scrivere una lettera per mia madre. So che può sembrare un'assurdità ma vi assicuro che dopo aver incontrato Alice qualcosa dentro di me è cambiato.

"Cara mamma,..."

Continuerò la storia solo se vi piace! ❤

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