2° capitolo

1K 103 21
                                    

Alisia

Per tutta la giornata osservai dal mio banco l'orologio appeso nella parete spoglia della mia classe. Guardai la lancetta che mi informava sullo scorrere dei secondi, minuti ed ore, per un tempo abbondante. Ciò ovviamente non mi aiutò nel far passare più in fretta il tempo, anzi, rallentò il tutto. Anche se il fatto che nessuno potesse gestire il tempo a proprio piacimento era qualcosa di scontato. Non mi illudevo di poterlo controllare ma quantomeno potevo cercare di correggere il modo in cui lo percepivo. Speravo di poter fare almeno quello.

Non prestai minimamente attenzione alle lezioni. C'erano giorni in cui preferivo immergermi nel mio mondo e non prestare attenzione a tutto il resto.
Il mio mondo, in realtà, non era così distante da quello reale ma alla fine cercavo di farmelo andare bene. Più le giornate passavano più diventava sbiadito ed io sempre meno pronta a vivere il quotidiano. Ero piena di affermazioni e domande. Mi sembrava di impazzire.

La scuola era un luogo dove le leggi del tempo sembravano non valere ma comunque la giornata scolastica arrivò al termine ed il suono della campanella fu meno sgradevole da udire rispetto alle voci di coloro che mi circondavano.

Non appena misi piede fuori dalla scuola una folata di vento fresco mi diede un senso di sollievo. Mi avvolse come se mi stesse aspettando. Mi scompigliò i capelli e rimescolò i miei pensieri dandomi qualche istante di confusione. La sensazione che mi lasciò addosso assunse delle sfumature vagamente estive. Il vento, così banale, mi diede tanto conforto da lasciarmi stupita.

La scuola mi stressava privandomi di molte energie e facendomi sentire uno straccio. Non ero mentalmente lucida dopo sei ore di lezione. I miei piedi si muovevano in automatico, anche se la mia testa era altrove. Non stavo prestando attenzione a dove mettevo i piedi. Come mio solito stavo osservando il cielo persa fra i miei pensieri. Quel cielo così azzurro e pieno di nuvole. Era qualcosa che non potevo controllare il modo in cui mi perdevo in quello scenario mai scontato.

Fu proprio quando mi piegai in avanti sullo zaino, per prendere gli auricolari, che delle ciocche di capelli mi finirono sul viso impedendomi di guardare la strada. Non fui abbastanza veloce nel riporre le ciocche di capelli dietro l'orecchio e proprio per questo pochi istanti dopo sentii qualcosa, o qualcuno, scontrarsi con violenza sul mio corpo facendomi perdere l'equilibrio. Non ebbi nemmeno il tempo di cadere per terra poiché una mano mi afferrò il polso mantenendomi in equilibrio.

Il tocco di quella mano così grande e forzuta mi fece sussultare, inoltre la presa così violenta mi fece provare un fastidioso dolore. Mi rimisi in piedi e i miei occhi poterono focalizzare colui che mi aveva quasi fatta cadere. Era un ragazzo dall'aria prepotente. Ero così arrabbiata con lui.

I miei occhi furiosi incontrarono i suoi azzurri e non potei fare a meno di notare il sorrisetto che si formò sul suo viso quando mi vide rabbiosa

Oops! This image does not follow our content guidelines. To continue publishing, please remove it or upload a different image.

I miei occhi furiosi incontrarono i suoi azzurri e non potei fare a meno di notare il sorrisetto che si formò sul suo viso quando mi vide rabbiosa. Continuò ad osservarmi dall'alto in basso senza preoccuparsi di pormi le sue scuse.

Degli zigomi decisamente scolpiti attirarono la mia attenzione. Le sue labbra erano ancora piegate in un ghigno e quando i suoi occhi si posarono sulle mie labbra andai su tutte le furie. Lo odiavo già, non si era nemmeno scusato per l'inconveniente.

Mi piegai sulle ginocchia per raccogliere da terra il contenuto del mio zaino che si era precedentemente versato sull'asfalto. Imitò i miei movimenti piegandosi sulle ginocchia. Mi raggiunse per aiutarmi ma cercai di non dare importanza ai suoi movimenti poiché sapevo che il suo aiuto non era sincero.

"Piacere mi chiamo Ryan." Disse porgendomi una mano. Continuai a fare ciò che avevo iniziato ignorandolo completamente. Non potei osservare la sua reazione ma sentii la tensione nell'aria. Non mi sembrava il tipo che veniva ignorato dalle ragazze.

La sua mano ancora pronta a stringere la mia tornò al suo posto, lungo i fianchi. Ero sicura di averlo lasciato senza parole con la mia indifferenza. D'altronde continuavo a studiare le sue mosse tramite l'ombra che il suo corpo proiettava sul terreno e ciò non poteva fargli piacere.

Quando tornai in piedi non lo degnai nemmeno di uno sguardo. Non mi era piaciuto il sorrisetto furbo che mi aveva rivolto e soprattutto detestavo la sua aria da cattivo ragazzo.

Lui continuò a fissarmi stando fermo ed io prima di lasciarmelo alle spalle gli diedi un'ultima occhiata. Non riuscii a frenarmi e d'altronde stavo morendo dalla voglia di imprimere il suo viso nella mia memoria. Ad uno sguardo più attento quel ragazzo mi sembrò familiare, anche se non riuscii a capire dove lo avessi già visto.

Delle ciocche di capelli gli finirono sul viso e quando li portò in dietro mi resi conto del mio sguardo fisso su di lui. Era passato più di qualche secondo. Più di quelli che avevo pensato di concedermi.

Notai fosse un po' più alto di me e che la sua ombra mi impedì di essere riscaldata dai raggi del sole facendomi attraversare da numerosi brividi.

Proprio quando mossi il primo passo dandogli le spalle, la sua voce roca mi fece venire i brividi.

"È stato un piacere anche per me conoscerti, cafona." Era indubbiamente ironico. Si percepiva del fastidio nella sua voce.

Probabilmente si aspettava che io cedessi al suo bell'aspetto e ai suoi modi di fare buttandomi fra le sue braccia. Quantomeno credeva che le sue orecchie avrebbero conosciuto il suono della mia voce. Ma avevo pur sempre permesso ai nostri sguardi di incrociarsi per qualche secondo.

Continuai a camminare per la mia strada pensando che mi avesse soltanto fatto perdere del tempo.

***

Una volta arrivata a casa l'immagine di quel ragazzo continuò a ronzarmi nella testa. Cercai di capire dove lo avessi già visto. Prima provai a togliermelo dalla testa ma mi conoscevo e sapevo bene che ci avrei pensato fino alla nausea. Chiunque avrebbe potuto dire che pensare ad una persona per delle ore dovesse significare qualcosa ma per me no era così. Volevo soltanto capire chi fosse e non passò poi così tanto tempo dopo che lo ricordai.

Ero sicurissima che fosse più grande di me almeno di qualche anno. Da come ne parlavano in giro era l'ennesimo ragazzo bello e tenebroso che usava le ragazze a suo piacimento finché non si stancava. Con qualche conoscente che non avrei mai osato definire amica aveva fatto la stessa cosa ed io le reputai delle stupide poiché conoscevano la sua reputazione.

Non riuscii a fare a meno che ripensare al momento in cui i nostri sguardi si incrociarono rabbrividendo al solo pensiero. Non riuscii a capirmi. Io che non capivo me stessa non era una novità ma la situazione mi lasciò inquieta fino alla fine della giornata.

The unexpectedWhere stories live. Discover now