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Il giorno dopo, al mio risveglio la stanza era vuota. Nell'aria aleggiava ancora il profumo di Dante che, nonostante tutto, dovevo ammettere fosse buonissimo. Non riuscivo a capire a cosa somigliasse, ma era una fragranza fresca e frizzante, che mi ricordava vagamente quella del pino, mischiato a qualcosa di ancor più esaltante e maschile.

Cercando di ricompormi, mi alzai dal letto senza sapere bene cosa fare. Volevo farmi una doccia, specialmente per lavare via le macchie di sangue rimaste sulla spalla e le lacrime secche sul viso, però avevo paura di uscire dalla mia stanza da sola, specialmente dopo quello che era successo la sera precedente. Mi sarebbe piaciuto anche avere dei vestiti puliti, considerando che della mia camicia era rimasto solo un brandello di tessuti, ma non volevo chiederli a qualcuno. Forse avrei potuto provare con Gabriel, ma comunque non volevo interagire con i changers più del dovuto, specialmente se era per chiedere loro favori.

Dante entrò in camera e, quando mi vide in piedi a esaminarmi, apparve sorpreso.

«Pensavo dormissi. Volevo prendere la colazione, ma Ace ha detto che dovevi andare in caffetteria a tutti i costi. Non ho capito perché.» Sbuffai. Dopo quanto era successo quella notte ancora voleva che rispettassi il patto?

Non mi focalizzai, però, sulla colazione dal momento che avevo un'altra priorità. Avevo davvero bisogno di una doccia, quindi cercai il coraggio di chiedere a Dante un passaggio fino al bagno.

«Ehm, mi chiedevo se potessi accompagnarmi in bagno, prima. Vorrei pulirmi il sangue dalla spalla.» Ancora mi sentivo strana nel pensare al modo in cui era guarita rapidamente. Quel formicolio e quella sensazione di calore annessa erano una magia che avevo provato direttamente sulla mia pelle, e la cosa mi lasciava scombussolata.

Annuì in silenzio e osservò la mia camicia a sua volta. «Forse hai bisogno di vestiti nuovi.» Quando il suo sguardo si poggiò sulla mia spalla nuda, esposta dallo squarcio, mi sentii in imbarazzo. «Lo dirò ad Ace. Torno tra dieci minuti.» Sparì di nuovo.

Al suo ritorno aveva con sé una pila di vestiti che portava cercando di non farli cadere. Alcuni sembravano pesanti, ma altri erano adatti alla stagione e alla mia corporatura.

«Vedi quali ti stanno bene, poi te ne troveremo degli altri. Ci hai presi alla sprovvista.»

Quasi mi venne da ridere per la sua stravagante affermazione. Non ero stata io a prenderli alla sprovvista, ma loro a volermi tenere per forza come ostaggio.

Mi trattenni dal commentare la sua frase e cercai nella montagna di vestiti qualcosa di comodo che fosse della mia misura. Erano giorni che dormivo con i jeans e non ce la facevo più, inoltre mi sentivo sporca come mai prima. Presi un paio di pantaloni neri leggermente elasticizzati e un maglioncino beige non troppo pesante. Sembravano essere perfetti per quel posto in cui faceva abbastanza caldo. Esaminai con attenzione la biancheria intima che era chiusa dentro una bustina: tutti i completi erano sobri e ancora legati alla targhetta, così presi quello con il reggiseno più piccolo che riuscii a trovare e lo nascosi tra la maglia e i pantaloni, in imbarazzo.

Ci incamminammo verso il bagno in silenzio, tranne per poche brevi parole che lui mi rivolse per informarmi che ci saremmo separati per la doccia e ci saremmo rivisti fuori dai bagni. Nelle ultime ore avevamo parlato fin troppo e mi pentii di averlo fatto. Dovevo ricordare che era mio nemico.

Nella doccia ci pensai e ripensai, ma non riuscii a trovare una motivazione per ciò che aveva fatto Dante nei miei confronti. Lui mi odiava, eppure mi aveva salvato la vita. Non poteva essere stato spinto solo dalla gentilezza e bontà d'animo che dubitavo possedesse. Cosa lo aveva indotto, allora, a salvarmi? Ma la vera domanda era: potevo fidarmi di lui?

The Changers - EtereaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora