Capitolo 14

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"Ecco cos'era la verità. Bellezza universale."

La signora Dalloway, V. Woolf



"Terreno sconvolto, dentro di noi e fuori di noi. Tutti siamo a questo modo, non soltanto noi qui; ciò che fummo un tempo non conta, quasi non lo sappiamo più."

Niente di nuovo sul fronte occidentale, E.M. Remarque



Quando suonò la campanella una fiumana di studenti vocianti defluì per i corridoi della scuola, dirigendosi verso le porte d'uscita. Giulia si attardò un momento, armeggiando con la cerniera dello zaino gonfio di libri che non si voleva chiudere.

Fu l'ultima a lasciare la classe; spense le luci e uscì nel corridoio semivuoto. Si guardò intorno in cerca di Vittoria o di Rachele, ma le ragazze erano probabilmente già andate a casa. Di Rebecca non si preoccupava più di tanto; usciva sempre di corsa da scuola senza guardare in faccia nessuno, il pensiero rivolto al suo bel Vampiro, quasi sempre appostato fuori dai cancelli dell'istituto con le mani affondate nelle tasche dei jeans. Quel giorno però lui non si era fatto vedere e Rebecca era ancora nel cortile della scuola ad aspettarlo, ben sapendo in cuor suo che non sarebbe venuto.

Elia aveva così tanto da fare e da pensare in quei giorni, da trascurare tutto e tutti, lei compresa. Giulia non l'aveva vista e procedette per la sua strada.

Uscì da sola dalla scuola, attraversò il cortile e raggiunse i cancelli. Si fece largo tra un gruppo di studenti che chiacchieravano animatamente, parlando degli esami e di alcuni test sostenuti quel giorno.

Giulia si incamminò verso casa e non si accorse dell'auto nera che la seguiva. Procedeva lentamente e aveva creato una lunga coda. Qualche autista spazientito aveva già cominciato a pigiare le dita sul clacson e a inveire contro quel SUV nero che andava così piano. Ma Giulia non si accorgeva di nulla, la testa presa da altri pensieri, lo sguardo rivolto verso il vuoto.

Si issò meglio lo zaino pesante sulle spalle e continuò a camminare mentre pescava dalla tasca della giacca un paio di cuffiette e le collegava al cellulare.

Fece partire la musica e si infilò velocemente le cuffie nelle orecchie. Fu colpa del volume alto della musica se si rese conto di ciò che stava accadendo solo quando ormai era troppo tardi.

L'auto nera si era fermata di colpo in mezzo alla strada, a pochi metri dalla rotonda. Giulia continuava a camminare, la lunga coda di cavallo che ondeggiava ad ogni suo passo, le labbra che si muovevano imitando le parole della canzone che stava ascoltando.

Un uomo sgusciò fuori dalla macchina, in un unico, lungo passo raggiunse la ragazza, strinse la sua mano possente sul suo braccio e la strattonò di nuovo verso la vettura.

Giulia avrebbe voluto reagire o anche solo proteggersi in qualche modo, ma la sorpresa le mozzò il respiro e le mancò così la capacità di urlare o fare qualsiasi altra cosa.

Qualcuno aprì il portellone posteriore e l'uomo che l'aveva presa la lanciò dentro l'auto senza troppi complimenti. Il forte strattone che lo sconosciuto le aveva dato fece scivolare le cuffie fuori dalle sue orecchie e quelle caddero a terra, trascinando anche il cellulare fuori dalla tasca della giacca. Giulia lo fissò impotente mentre cadeva sull'asfalto della strada e si rompeva irrimediabilmente. Un istante dopo qualcuno chiuse il portellone e la ragazza piombò nell'oscurità dell'auto dai finestrini oscurati.

Nessuno parlava e gli unici rumori erano il traffico di fuori e il respiro affannoso di Giulia. Senza che quasi se ne rendesse conto qualcuno le mise uno straccio in bocca, così che non potesse parlare o urlare, poi le infilarono un sacco di stoffa nera sulla testa e le legarono le mani.

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