Capitolo 3

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"Se non cambiasse mai nulla non ci sarebbero le farfalle." (Anonimo)


"Voglio quello che voglio, Sefan. E non mi importa ciò che devo fare per ottenerlo. La mia lista di vittime è lunga e non ho alcun problema ad aggiungere un altro nome a quella lista."

Katherine Pierce, The Vampire Diaries




Doveva ancora sorgere il sole quando Tommaso si alzò dal letto. Aveva avuto un incubo in cui il ragazzo biondo che usciva con Rebecca era in una sala buia assieme ad altre persone, inquietanti e misteriose.

D'un tratto il cane di Tommaso, Rolly, prese ad abbaiare con insistenza. Tommaso si precipitò di fuori e dal terrazzo vide Nora che, in mezzo alla strada, gesticolava e urlava il suo nome a gran voce.

«Ma che cazz... vuoi svegliare tutto il vicinato?» sbraitò Tommaso correndo giù per le scale esterne della casa. Inciampò sull'ultimo gradino e cadde lungo disteso sulle piastrelle in un fiume di imprecazioni. Rolly si fiondò su di lui e prese a leccargli tutta la faccia, ma Tommaso lo spinse via e gli ordinò di allontanarsi. Il cane ubbidì.

«Cosa ci fai qua a quest'ora?».

«Tutto a posto?» chiese di rimando Nora, sghignazzando.

«Smettila di ridere» sbottò il ragazzo, seccamente.

«Porta via quel cane sennò non entro» ordinò Nora, guardando Rolly, che scodinzolava al fianco di Tommaso, con diffidenza.

«Sei sempre la solita!» sbuffò Tommaso. Prese il suo cane per il collare e lo condusse nel garage, faticando non poco per costringerlo a restarci dentro, cosa a cui Rolly non era intenzionato ad arrendersi senza prima combattere.

Quando finalmente Tommaso ebbe la meglio, Nora superò il cancello e seguì l'amico su per le scale che conducevano al secondo piano della casa, dove Tommaso abitava con i suoi genitori. Arrivati in cucina, Tommaso prese subito ad armeggiare con le cialde del caffè, e mentre questo si preparava, chiese nuovamente a Nora per quale motivo fosse lì a quell'ora.

«Mi sento strana da ieri sera» confessò Nora, prendendo posto ad una delle sei sedie attorno al tavolo rettangolare della cucina. I suoi occhi color nocciola erano insistentemente poggiati su Tommaso e seguivano con apprensione quasi maniacale ogni suo movimento.

«Perché mi guardi come se fossi un hamburger?» chiese quest'ultimo, notando la strana espressione della ragazza.

«Ho fame in effetti... e mi fanno anche male i denti» replicò Nora, massaggiandosi le mandibole con una smorfia di dolore.

«... e devi anche andare in bagno, scommetto!» continuò Tommaso, memore di tutte le volte che uscivano e Nora chiedeva di fermarsi per andare in bagno in ogni posto dove ce ne fosse uno.

«Veramente no» lo sorprese Nora.

«Ora sì che sono preoccupato».

Tommaso passò una tazza di caffè all'amica e sorseggiò la sua con fare pensieroso.

«Da quant'è che ti senti così strana, di preciso?».

«Da quando mi avete trovata nel bosco, tu e Giulia» rispose Nora dopo averci pensato per qualche secondo.

«Mi spieghi cosa è successo prima che io arrivassi e ti trovassi distesa in mezzo ai rovi?» chiese ancora Tommaso.

Nora raccontò di come Rebecca l'aveva presa e trascinata nel bosco, di come l'aveva scaraventata contro un albero e lei avesse sentito il fiato mozzarsi e un paio di costole andare in frantumi, della sorpresa per la forza bruta di Rebecca e della sua incredibile velocità. Con una sorta di orgoglio, Nora raccontò di come aveva morso il braccio dell'avversaria e del sapore metallico del suo sangue. Infine, rammentò l'ultima cosa: il sonoro crac di qualcosa che si rompeva irrimediabilmente. Poi il buio.

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