Capitolo 7

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-Sveglia Pippiri!- Una voce femminile ha interrotto il mio sonno: un'infermiera. Era venuta per tirare su la tapparella. Nel reparto di psichiatria, infatti, si può alzare ed abbassare solo infilando una specie di gancio in una specie di buco, bello eh? Ma non è finita. Le finestre non hanno la maniglia, quindi sei destinato a morire di caldo o di freddo, a seconda della stagione. Il cellulare non si può tenere in carica in camera, in quanto il caricabatterie è visto come un potenziale strumento per impiccarsi, stessa cosa vale per le stringhe delle scarpe. Non si possono tenere oggetti di vetro/taglienti quali rasoi, pinzette, specchi, lampade e così via. Non ci si può chiudere a chiave in bagno nè chiudere la porta della stanza quando ci si cambia. La sveglia è alle 8.30, la colazione alle 9, il pranzo alle 12.30 e la cena alle 19. Si mangia in una sala comune. Questo per darvi un'idea del posto in cui ero. Comunque sono andata dagli infermieri per ritirare il mio cellulare. Ho visto un infermiere nuovo, non c'era l'ultima volta che sono stata ricoverata. Era giovane, alto e magrolino, capelli ricci tendente al rosso, sembrava un po' il protagonista di Ratatouille.
-Scusa... Mi daresti il telefono perpiacere?-
-Certo.- Dopo poco me l'ha porto.
Ho fatto in tempo a leggere il nome sul cartellino: Danilo.
-Grazie mille.-
Sono tornata in stanza. Molti messaggi erano del gruppo su whatsapp della classe, molti delle mie amiche e ce n'era anche qualcuno del ragazzo che mi piaceva. Ho risposto a tutti e mi sono coricata, senza nulla da fare. In quel posto il tempo non passava mai. Un'oretta dopo ho visto entrare Danilo nella mia stanza con un carrello.
-Prelievo!- mi ha detto, sorridendo.
Prelievo un cazzo.
Ho pensato io. Ho sempre avuto la fobia degli aghi, fin da quando ero bambina.
-Dai su...- mi stava tirando su la manica del pigiama.
-Guarda dall'altra parte se ti fa impressione.- diceva tastandomi il braccio per trovare la vena.
-Sei bravo?-
-Eh?-
-A fare i prelievi intendo..-
-Sono il più bravo.-
-E il più modesto.- Ho scherzato io.
Ho sentito una leggera pressione e un piccolo pizzico, poi, prima che me ne rendessi conto, l'ago era già fuori.
-Come sono stato?.-
-Bravo.-
Mi ha sorriso ed è uscito dalla stanza.
Contemplavo il mio cerotto fiera di non aver pianto o essere svenuta, come se fosse una ferita di guerra. Un attimo dopo è rientrato Danilo, mi ha posato un barattolino di plastica trasparente sul comodino.
-Quando puoi fai pipì qui.-
Ho annuito, un po' imbarazzata.
-Ci vediamo dopo.- mi ha detto, dandomi un buffetto sulla testa. Sono andata in bagno e ho fatto subito quello che mi aveva chiesto.
Così mi levo il pensiero.
Ho avvolto il barattolo in un po' di carta igienica e l'ho portato in una stanza dove stavano tutti gli infermieri.
Sono tornata a letto. Ho dormito, ho letto un libro, ho guardato un film sul computer, ho dormito di nuovo ed è arrivata l'ora di pranzo: la più temuta. Non mi sono presentata a tavola quando hanno chiamato, così è arrivato Danilo in camera mia.
-Mangi?-
Ho scosso la testa e lui è uscito senza batter ciglio.
Wow, facile. Ho pensato.

Il peso della felicità // Anoressia e Bulimia - la mia storiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora