1 - Inconveniente

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Per questo con il dolore ancora nel petto, ma con la voglia di rinascere mi asciugai le ultime lacrime rimaste e mi lasciai andare ad un sonno profondo.

*

Dopo sei ore interminabili di viaggio, iniziai a intravedere i palazzi della mia nuova città e non ci volle molto tempo prima che la voce dell'altoparlante annunciasse ufficialmente l'atterraggio a Miami.

Con il cuore in mano scesi dall'aereo e dopo aver recuperato le mie due valigie contenenti tutte le cose che avevo deciso di portarmi da New York mi avviai verso il parcheggio dell'aeroporto, luogo precedentemente stabilito come ritrovo con mia madre.

Mi guardai intorno nel tentativo di scorgere qualche sua traccia ma di lei non c'era nemmeno l'ombra. Trovai invece ad aspettarmi un piccolo uomo abbastanza paffuto che reggeva un cartello in mano con il mio nome e cognome "Olivia Harrison".

Titubante e incerta sul da farsi decisi di avvicinarmi allo sconosciuto.

«Ciao, credo che lei stia cercando me»asserì poco convinta dato che non ero stata informata di nessun cambio di programma.

«Ah eccola finalmente signorina Harrison, la stavo aspettando» affermó con un tono squillante facendo una breve pausa per poi proseguire.

«Io sono Albert, piacere di conoscerla» disse porgendomi la mano che decisi di stringere un po' titubante regalandogli comunque un piccolo sorriso.

«C'è qualcosa che non va signorina Harrison?» mi chiese gentilmente il piccolo omino guardandomi con preoccupazione.

Ed in quel momento di cose che non andavano c'è ne erano molte, una di questa era mia mamma che nonostante tutto quello che mi aveva fatto passare durante la mia infanzia non si era nemmeno degnata di venirmi a prendere il mio primo giorno in questa nuova città, a me ancora sconosciuta, ma infondo ho sbagliato io a crearmi false speranze.

Nonostante questo pensiero in testa decisi che non era il caso di appesantire lo sconosciuto che si trovava di fronte a me.
«Non si preoccupi Albert» lo tranquillizzai

«Se si sta chiedendo dove è vostra madre mi ha detto di avvisarla che è stata bloccata a lavoro» mi disse a disagio cercando comunque di farmi un piccolo sorriso rassicurante.

La cosa che mi sorprese nelle sue parole non fu tanto il fatto che mia mamma avesse messo ancora una volta il lavoro prima di me, cosa a cui ero abituata, ma piuttosto il fatto che non avesse nemmeno avuto il coraggio di dirmelo direttamente, magari tramite un messaggio.

Feci un sospiro sconfitto e seguí Albert intento a trasportare i miei due trolley lungo tutto il parcheggio per poi accostarsi vicino ad un auto nera che aprí.

Tuttavia solo una volta che l'uomo paffuto iniziò a caricare i bagagli uno ad uno all'interno del bagagliaio realizzai ciò che stava per succedere: sarei dovuta salire su quell'auto; e per me quello era un vero e proprio incubo.

Dopo l'incidente non avevo più messo piede in un'automobile, nemmeno come passeggero.

Non che non ci avessi provato, tuttavia ogni volta che ci provavo ricordi di quella sera riaffioravano nella mia mente portandomi ad un vero e proprio shock emotivo che non solo mi causava un attacco di panico ma che mi portava a cancellare ogni singolo progresso che avevo fatto nei mesi precedenti.

Mi grattai la fronte nel tentativo di trovare una scusa per non salire su quel mostro infernale, mentre un senso di rabbia mi invase il corpo al pensiero che mia mamma, forse nel tentativo di nascondere i miei traumi non avesse avvisato Albert della mia non disponibilità a salire su un'automobile.

Brothers - un amore  impossibileDove le storie prendono vita. Scoprilo ora