2. Caffè

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"L'hai visto?"

Frida allenta il nodo della sciarpa, sospira e scuote la testa. Ha passato quasi cinque minuti a controllare ogni angolo di Caffè Nero, le labbra torturate dagli incisivi bianchi e l'aspettativa proiettata negli occhi così vispi da sconcertare l'amica.
"No, oggi deve essere il suo giorno di riposo."
"Ne sei sicura? Magari ha già staccato, sono le sei passate."
Frida scuote la testa e allora Charlie sbuffa, perché è stata una fatica sprecata la corsa contro il tempo.
"Lo sai vero che mi devi un enorme favore?" la rimbecca, gli occhi scuri divertiti, ma una serietà fraintesa da chi la vede da esterno.
"Non rompere, non è stato spassoso nemmeno per me."
La situazione è meno complicata di quanto si creda, solo che alle due ragazze piace esasperare.
Se ne stanno sedute sulle sedie di legno scuro, i gomiti spigolosi stravaccati sul tavolino, con facce di bronzo, il trucco sbavato dal corso della giornata, e tanta, tanta voglia di strapparsi i capelli dalla tensione accumulata in quest'ultimo periodo.
Il fatto è che Frida era davvero così contenta di aver trovato un ragazzo che la intrigasse; così tanto felice, che Charlie ne era rimasta sconvolta. La guardava con occhi allucinati mentre lei parlava di quanto suggestivo lui fosse, che alla fine aveva accettato senza tentennamenti a constatare di persona il fascino di questo.
E quindi si sono fatte mezz'ora buona di metropolitana e una camminata da venti minuti sotto il gelo di una Londra spenta.
Charlie non ha pazienza, la perde più facilmente degli accendini. Frida questo lo sa, e si sente davvero molto in colpa, ma sa anche di non avere concreti torti.
"Senti - Frida sospira mentre si passa una mano tra i capelli sottili, poi continua -Non so nemmeno il suo nome, la sua età, se studia o faccia parte di qualche clan della mala. Come pretendi che sappia anche i suoi turni lavorativi?"
C'è un chiasso infernale all'interno del bar, il riscaldamento acceso, l'odore di caffè e candeggina. Charlie osserva un paio di ragazzi dietro il bancone, indaffarati a sciacquare stoviglie e preparare caffè americani. Si passa l'unghia del pollice contro l'angolo della bocca e assume un'aria concentrata.
"Puoi chiedere a loro."
Al che Frida alza gli occhi al cielo e se ne esce con un "Come no! Magari chiedo anche il suo codice fiscale, già che ci sono."
"Perché? Non lo vuoi?", Charlie sogghigna mentre appoggia la guancia sul palmo sinistro della mano, i capelli ramati le scivolano a contornare le guance spigolose. Frida contraccambia l'occhiata e trema di strizza, che' non le piacciono le esasperazioni, le frecciatine a scopo ludico. Non le sopporta proprio. E il limite di pazienza scadente è un dono pure per lei.
Quindi "Smettila," taglia corto.
All'amica viene da ridere, ma riesce a camuffare l'intento con un colpo di tosse. Ed è un bene, un po' alla volta il suo autocontrollo riesce a sopraffare l'istinto, altrimenti a quest'ora si sarebbe ritrovata un ennesimo livido sullo stinco.
Rimangono entrambe in silenzio, soggiogate dal clima caldo del locale. Ad ascoltare i brusii, con la pelle che si riscalda, mentre le ossa riescono a riprendersi dall'intorpidimento provocato dall'aria invernale.
Charlie è connessa su Facebook, chatta con Billy Hills - quello di quinta, un po' hipster e tremendamente carino - mentre Frida è in preda allo sconforto, anche se cerca in tutti i modi di non darlo a vedere. Con le mani nodose sfilaccia il maglione preso in prestito a suo padre, è di un bel colore, le ricorda i Natali passati in famiglia. Quelli dove era facile ridere, con gli occhi liquidi, l'odore di famiglia in casa e l'accontentarsi di quei regali fatti all'ultimo, perché dicono sempre che alla fine basti il pensiero. Frida stringe più forte l'estremità logora del maglione scarlatto; è l'accontentarsi che adesso la frega, che non le basta mai, che necessita quel di più che nessuno riesce a darle. E tutto ormai le sa d'estraneo, a partire da ciò che riceve, fino a ciò che da.
Di più. Di più.
Charlie la nota, Frida. Alza lo sguardo quell'attimo giusto da cogliere l'espressione assorta di una che reputa la vita una sufficienza mediocre.
E sospira piano, poi con la punta degli stivaletti neri le tampina il ginocchio e "siamo venute a scaldare la sedia? Voglio una cioccolata."
"E la dieta?"
"Lunedì. Le diete si fanno sempre di lunedì, non lo sapevi?."
Frida ride e si passa le mani tra i capelli scompigliati, con gli occhi la ringrazia, nonostante la solita espressione stoica. E quindi anche se sta cercando di risparmiare per comprare quel rossetto Mac che mostrano sempre nello spot pubblicitario - quello dove Kate Moss è da ammazza autostima- , non protesta e si fa incarico quell'impresa.
La sedia su cui è seduta slitta sul pavimento di piastrelle unte, Frida si alza con le mani piccole a fare leva sul tavolino di granito e quell'espressione di una, a cui alla fine, non importa di nulla. Di una che se ne frega delle interrogazioni programmate, di quelle a sorpresa, delle lasagne della domenica, dei ragazzi che fanno commenti osceni sul suo conto, delle stronze dall'aria verginale che le fanno gli sgambetti al cambio dell'ora. Se ne frega di sua sorella che le fa notare i vestiti stretti, lo smalto sbeccato, i suoi fallimenti.
A Frida il 'chissenefrega' è incastrato in bocca, irremovibile, dannoso come un dente del giudizio da operare senza anestesia. Che irrita, fa stringere i pugni e mette in crisi.
Charlie s'è rassegnata, al cambiarla. E un po', anche se fatica ad ammetterlo, quel modo di dire - fare?- l'ha pure contagiata. Ha iniziato pure lei a rimanere impassibile durante le sfuriate dei genitori, ad accontentarsi di quella C meno che qualche anno fa la mandava in crisi catatonica, a non rispondere alle frecciatine sul suo conto. E sì, ha ragione Frida.
A dire chissenefrega si sta davvero bene.

Erba Cattiva | One DirectionWhere stories live. Discover now