Lui sembrò voler dire qualcosa, ma si limitò a tornare al negozio scuotendo la testa e borbottando qualcosa di incomprensibile.

Alex Damon: 1 – 0

Dato che il posto in cui aveva parcheggiato era nascosto da parecchi alberi, mi cambiai senza temere che qualcuno potesse vedermi. I jeans erano un po' larghi, ma li testai e valutai con piacere che non mi sarebbero scesi mentre correvo.

Lontano. Molto lontano. Da Damon.

Lui tornò con le mie scarpe - degli stivaletti con la suola spessa, ovviamente neri - e quando fui pronta andammo a comprare da mangiare.

Avete presente i bambini che al supermercato vorrebbero mettere nel carrello tutto quello che trovano fra gli scaffali? Caramelle, patatine e schifezze varie? Ecco, Damon era uguale. Passavamo nelle corsie e lui buttava dentro il carrello tutto ciò che stuzzicava il suo appetito.

Quando lo guardai male, alzò le spalle. «Che c'è? Tanto non pago io».

«In che senso? Hai intenzione di rubare tutto quanto?».

«Io non rubo» commentò duro, lanciandomi un'occhiataccia. «Tutta la missione è pagata dall'Uomo Aldilà. Ci ha dato tutto quello che ci serve, compresa l'automobile in cui stiamo viaggiando e soldi. Parecchi soldi».

«Ma che gentile...» borbottai senza farmi sentire.

Finito di mettere cose senza senso nel carrello, Damon e io andammo alla cassa. La fila non era troppo lunga, ma comunque non vedevo l'ora di tornare in macchina.

In realtà non avevo idea di cosa mi sarebbe accaduto una volta posta davanti all'Uomo Aldilà, ma potevo immaginarlo: nulla di buono.

«Buongiorno» ammiccò Damon alla cassiera. Questa gli resse il gioco sorridendo seducente e ignorandomi completamente. Ma avrà avuto almeno dieci anni più di lui! Sbuffai e finalmente smise di fargli gli occhioni dolci. Grazie al cielo! Ancora qualche minuto e l'avrebbe messa incinta sul nastro trasportatore!

«Gelosa?» sussurrò Damon avvicinandosi al mio orecchio. Io risi sguaiatamente e presi una delle tante buste della spesa, uscendo fuori all'aria aperta.

Quando mi seguì all'esterno del market stavo ancora sorridendo. La cosa non durò a lungo però. Mi accorsi di loro ancor prima di vederli. Fu come una scarica elettrica dietro la nuca che urlava «Pericolo!» agitando furiosamente le braccia e accendendo i fuochi di segnalazione. Erano in quattro, tutti vestiti di nero e incappucciati.

Damon lasciò cadere le buste della spesa a terra e riuscì a fare quella sua magia del sonno con tre di loro, prima che l'altro lo colpisse con forza alla testa. Era enorme, come tutti si immaginano un buttafuori di un locale famoso e, grazie a quell'unico colpo, riuscì a mettere KO il mio rapitore.

Dopo allungò una mano verso di me e una strana nebbia densa e opaca gli fuoriuscì dalle dita. Quando mi investì, iniziai a tossire e gli occhi lacrimarono, bruciando.

Mi accasciai al suolo incapace di respirare, e cercai di allontanarmi il più possibile da quell'uomo incappucciato, strisciando a terra alla ricerca di ossigeno.

Tutto il mondo però era diventato di fumo e presto non riuscii più a muovermi. Era come se qualcosa mi bloccasse... la cavigliera!

Non potevo fuggire e nemmeno usare i miei poteri per colpa del bracciale. Pensavo seriamente che sarei morta, ma la nebbia si dissolse e potei tornare a respirare.
«Tutto bene?» Damon, che aveva un profondo taglio sul lato destro della fronte mi aiutò a rimettermi in piedi. «Dai andiamo. Prima che si sveglino». Accennò ai quattro uomini a terra prima di portarmi verso la macchina. Aprì la portiera e tornò al posto del guidatore. Poi partì.

«Avevano la fascia verde intorno al braccio» dissi. «Sai che significa?» chiesi, quando finalmente mettemmo molta distanza fra noi e quelle persone.
Damon scosse la testa. «No».

«Vengono dalla Base Nove» spiegai. «Hanno tentato di uccidermi, però». Mi morsi il labbro inferiore, incapace di comprendere. Perché avrebbero dovuto farmi del male? Perché invece non mi avevano riportata indietro? Damon non rispose, ma seppi che anche lui stava provando a trovare un senso a quella situazione. «Forse hanno rubato le divise a qualcuno» ipotizzò, svoltando in una curva stretta.

Mi accontentai di quella supposizione e poggiai la testa sul finestrino fresco.

Damon guidò per due ore, per capire se qualcuno ci avrebbe inseguiti, poi accostò, raggiungendo un altro motel. Questo era simile a quello in cui ci eravamo fermati la sera prima, ma - almeno da fuori - sembrava più pulito.

Damon pagò una stanza non prestando attenzione al commesso che stava facendo librare una tazza di cioccolata calda in aria, e mi accompagnò dentro la stanza che ci era stata affidata. Non aveva parlato per tutto il viaggio in macchina e capii che era meglio non ricordargli che per scappare avevamo perso le buste della spesa. Tuttavia ci pensò il mio stomaco che, affamatissimo, brontolò peggio del ruggito di un dinosauro.

«Potremmo ordinare qualcosa» sostenne il ragazzo, prendendo la pila di volantini su uno dei comodini.

Quando finalmente il cibo arrivò, mi sollevai dal letto usando i miei addominali inesistenti e sorrisi entusiasta per il cibo fumante dentro agli involucri. Mangiammo in silenzio e finalmente fu ora di andare a dormire. Non sopportavo la tensione che si era creata e non sapevo cosa passasse per la testa di questo ragazzo con gli occhi verdi e l'espressione stanca. Per il momento, era stato fin troppo buono... Certo, il suo ego superava ogni limite e aveva un caratteraccio, ma non era poi così insopportabile.
Mi stesi sul letto, mentre lui scostò la sedia dalla scrivania si sedette a peso morto.
«Buonanotte» esclamai dopo un'iniziale indecisione, ma non ricevetti risposta.

Il Dono - In viaggio verso l'aldilàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora