12

1.3K 109 9
                                    

Alex

Il viaggio in macchina fu molto teso. Dato che Damon aveva avuto la brillante idea, con i suoi amici psicopatici, di rapire i Nāyaka nel cuore della notte, io ero in pigiama e stavo morendo di freddo. Dopo l'ultimo incubo non ero più riuscita a dormire e lui era rimasto sveglio con me. Non per gentilezza ovviamente, ma solo perché così avrebbe potuto controllarmi.

Non aveva chiesto niente, non ce n'era stato bisogno. Lui non sapeva del mio legame con Jocelyn, quindi aveva creduto si fosse trattato di un semplice incubo.

Avevamo concordato - da persone civili - che c'era bisogno di fare compere; non solo per i miei vestiti e i suoi, ma anche per cibo e bevande. Non mangiavo dalla sera prima e il signorino Rapitore, al momento alla guida, non aveva pensato ai bisogni nutrizionali di se stesso o della sua vittima. Speravo che le sue sviste comprendessero anche l'attenzione, almeno avrei avuto qualche possibilità di fuggire o chiamare aiuto. Dovevo solo trovare il modo di disfarmi della cavigliera e del bracciale.
Gli alberi ci passavano accanto velocissimi, mentre Damon guidava sulla superstrada, diretto verso il centro della città. Canticchiava allegramente una canzone che stavano dando in quel momento alla radio, mentre io, nel modo più discreto possibile, cercavo di togliermi quel dannato bracciale dal polso. Avevo tentato in tutti i modi, ma ciò che avevo ottenuto erano solo delle escoriazioni dovute allo sfregamento continuo sulla pelle. Damon mi aveva detto che c'era solo un modo per toglierlo, ma ovviamente non aveva specificato quale.

«Cosa ti piacerebbe mangiare?» chiese quando superammo un cartello con il nome di una città sconosciuta: Burrentville.

«Da quando in qua i rapitori chiedono alle vittime cosa vogliono a pranzo?».

«Da quando in qua le vittime commentano arrogantemente ciò che i loro rapitori dicono?» mi fece il verso. «Comunque hai ragione» continuò, assumendo un'espressione di finta superiorità. «Ti ordino di mangiare la pizza».

Dovetti nascondere quello stupido sorriso che mi era spuntato in faccia senza che riuscissi a fermarlo. Dovevo tenere bene a mente quello che stava succedendo: lui mi aveva rapita per portarmi dall'Uomo Aldilà, non era mio amico. E alla prima occasione sarei dovuta scappare. Quando finalmente spuntarono delle case e dei negozi ai lati della strada, capii che la città non doveva essere molto grande. Forse era addirittura un paesino.

Damon parcheggiò davanti ad un negozio di vestiti, il Dark Dolls e si mise le chiavi in tasca.

«Ora scendi e mi compri qualcosa. Poi mi porti tutto qui in macchina e io mi cambio» dissi decisa.

Damon mi guardò sorpreso e poi scoppiò a ridere. Una risata tanto vera e profonda, che gli fece addirittura strizzare gli occhi e portare indietro la testa.

«Okay Bella Addormentata, ma lo faccio solamente perché non voglio farmi vedere in giro con una che ha un pigiama così orrendo» disse, tornando serio.

Mi guardai i vestiti: il maglioncino celeste aveva un elefantino sul davanti che faceva una bolla a forma di cuore con la proboscide. Non era brutto, forse un po' infantile, ma tutti i pigiami lo sono! Avevo intenzione di ribattere al suo commento ingiusto, ma Damon aprì lo sportello e corse dentro il negozio prima che ne avessi l'occasione.

Tornò dopo qualche minuto con una maglietta, jeans e giacca. Tutto nero.

«Numero di scarpe?» chiese con impazienza. Io alzai gli occhi al cielo e risposi «37».

«Wow, proprio un piedino da Cenerentola» esclamò sarcastico, sorridendo come avevo capito era l'unico modo che conosceva.

«Scusa, ma hai una fissazione con le principesse? Prima Bella Addormentata, ora Cenerentola... ma da bambino non guardavi cartoni un po' più da maschio?» risposi al suo attacco con altrettanto sarcasmo.

Il Dono - In viaggio verso l'aldilàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora