The Training

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Cinque anni ormai erano passati dall'arrivo di Clove all'Accademia e nel frattempo era diventata la più brava di quelli della sua età, così era stata spostata con quelli di sedici anni, dunque di tre anni più grandi di lei. Il primo giorno nel nuovo gruppo, non iniziò al meglio: alcuni di loro, infatti, la prendevano in giro perché era più piccola e l'aspettarono dopo pranzo per tenderle un'imboscata. Appena uscita dalla mensa, una delle ragazze le fece lo sgambetto e lei cadde a terra, fortunatamente, i suoi riflessi le permisero di mettere le mani davanti per evitarle un giro in infermeria per farsi fasciare il naso. Cercò di alzarsi, ma un ragazzo con i capelli scuri lisci che si era presentato come Rick, un armadio a quattro ante, la spinse a terra. Clove rotolò sul fianco ed estrasse dalla tasca dei pantaloni, il coltello su cui aveva pianto anni prima, quello che era appartenuto a suo padre. Nessuno la vide, così Rick si avvicinò a lei e, quando si abbassò per tirarle un pugno, Clove gli ferì il braccio che iniziò a sanguinare immediatamente. 

La ragazza che le aveva fatto lo sgambetto, si infuriò non appena vide che il braccio dell'amico sanguinava e anche lei -Clove credeva si chiamasse Helen- si avventò di corsa sulla più piccola che non si fece cogliere impreparata e le affondò il coltello nel fianco. Fortunatamente per Helen, oltre ad averle insegnato ad uccidere, il padre di Clove, le aveva anche insegnato i vari organi del corpo, la loro posizione e quali fossero necessari per sopravvivere, dunque evitò di colpire qualcosa di essenziale. Con quei due, a Clove era andata bene, ma presto le si fiondarono addosso altri tre, di cui due con dei coltelli in mano. Le tirarono dei calci sui fianchi e, quello senza coltello, un pugno nello stomaco che le tolse il fiato. Non si era ancora ripresa quando, uno dei due armati alzò il coltello sulla propria testa e Clove lo vide al rallentatore che calava in direzione del suo stomaco. Non voleva chiudere gli occhi: se fosse morta, non avrebbe chiuso gli occhi, per quel poco di dignità che le restava e che doveva essere mantenuto. Avrebbe guardato negli occhi chiunque avesse voluto ucciderla. Credeva che quando si sta per morire si veda tutta la vita passarti davanti, ma Clove non vide niente di diverso dagli occhi accesi di rabbia del ragazzo sopra di lei che calava lentamente il coltello, probabilmente per assaporare meglio il momento.

Ad un tratto notò una fasciatura sulla gamba destra, macchiata di sangue. Strinse la presa sul coltello che aveva in pugno per evitare di farselo scivolare dalle mani a causa del sangue di Helen sopra di esso. Il ragazzo aveva le gambe ai lati di Clove che le bloccavano i polsi che erano lungo i fianchi. Girò la mano verso l'alto con uno scatto brusco che le fece scricchiolare le ossa del polso, il ragazzo, a quanto pare, l'aveva preso come un tentativo di lei di liberarsi e aveva ghignato divertito appena aveva sentito lo scricchiolio che annunciava la rottura del polso della più piccola. Clove girò ancora un po' la mano e affondò il coltello appena sopra la caviglia del ragazzo che la sovrastava, proprio dove c'era la benda incrostata di sangue. Girò il coltello e il ragazzo lanciò un urlo disumano. Probabilmente gli altri ragazzi erano scappati mentre quelli feriti da Clove se ne stavano a terra, sperando di essere raggiunti da qualcuno.

Si girò per raggiungere le scale, ma si trovò a precipitare in due pozzi azzurri come il cielo, no, stava di sicuro volando. Si risvegliò dalla trance e guardò inferocita Cato che le stava davanti, più alto di lei di una decina di centimetri, a quanto pareva, tutti crescevano tranne lei -certo era più grande di qualche anno, ma era comunque la più bassa anche fra i suoi coetanei. «Stavo per venire ad aiutarti, ma...» iniziò lui, ma fu subito interrotto da una Clove alquanto irritata «Ma, come puoi ben vedere, ce la posso fare anche da sola.» lo spinse di lato e lo superò. «Dove stai andando, Clove?» una voce la raggiunse, credeva fosse quella di Cato, ma era da uomo quella che aveva appena sentito, era forte, rauca e quasi spaventosa.

Brutus.

Si voltò, reprimendo la paura che aveva provato un attimo prima. «Stavo venendo a cercarti, Brutus.» disse sicura, in fondo, voleva veramente andare da lui. «Sei stata tu?» disse indicando con una mano Helen e il ragazzo che l'aveva aggredita per ultimo sdraiati a terra e Rick seduto che si teneva il braccio ancora sanguinante, mentre guardava Clove, Brutus e Cato sperando che la ragazzina venisse punita. «No, sono stato-» provò a difenderla Cato con grande sorpresa sia di Clove sia del Vincitore, ma Clove, dopo essersi ripresa dallo stupore iniziale lo bloccò. «Non è vero, sta cercando di proteggermi anche se non so perché. Sono stata io, il sangue di quegli idioti ce l'ho io sulle mani e sul mio coltello.» disse alzando la mano e sventolando il coltello sporco del sangue che sgocciolava sui vestiti di Clove. «Complimenti, Clove. Sei stata brava, considerando che quei tre sono più grandi di te di età e di stazza, senza contare che si sono allenati tre anni più di te... dovremmo espellerli, forse non sono degni di imparare all'Accademia. Ma... toglimi una curiosità: perché sono in quello stato adesso?» esordì, con il suo vocione, che adesso sembrava divertito. «Legittima difesa.» rispose Clove, che aveva visto troppi di quei polizieschi che facevano secoli prima. Brutus sorrise e fece un verso che doveva essere una sottospecie di risata. «Tu,» disse guardando Cato «Le farai da scorta per una settimana per aver mentito per proteggerla. Devi tenerla sotto controllo e farle da guardia del corpo nel caso qualcuno voglia attaccarla di nuovo...» detto questo, Brutus ghignò e fece per voltarsi. «Io non ho bisogno della scorta! Tanto meno se la mia scorta è lui.» gli gridò dietro Clove, ma Brutus aveva già svoltato l'angolo, ridendo fra sé.

«Ora abbiamo una scusa per conoscerci, dato che passeremo molto tempo insieme, no?» domandò Cato sorridendole. «No.» rispose Clove indignata per il comportamento del Vincitore. È umiliante dover girare con sto qui che deve ''proteggermi'', non mi serve la protezione! Pensò arrabbiata. «Allora, raccontami un po' di te !» esclamò Cato raggiungendola e camminandole accanto. «Tu, non devi sapere niente di me, inte-» sentì qualcosa di scivoloso sotto la scarpa e non ebbe nemmeno il tempo di abbassare il capo per vedere cosa ci fosse che sentì il pavimento sparirle da sotto i piedi e vide lo scalino che le veniva incontro, un po' troppo velocemente. Chiuse gli occhi pronta ad incassare il colpo e a sentire il caldo famigliare del sangue colarle dal naso rotto, ma niente di tutto questo arrivò. Aprì di scatto gli occhi e vide, per la seconda volta in pochi minuti, gli occhi azzurri di Cato fissarla: l'aveva presa al volo e l'aveva, istintivamente, tirata verso di lui. Solo in quel momento si accorse dell'eccessiva vicinanza con il ragazzo e si staccò in fretta abbassando il capo per nascondere il rossore che aveva fatto capolino fra le sue numerose lentiggini. «Un grazie sarebbe gradito, non pensi ?»

Due ore dopo, era in camera sua, con una canottiera nera e dei pantaloncini fino al ginocchio di una tuta dello stesso colore, puliti, addosso. Si era fatta una doccia e aveva lavato accuratamente il coltello del padre, a cui era molto affezionata, con il quale aveva ferito i tre ragazzi, quel pomeriggio. Cato, che se ne era andato per lasciarla stare mentre si sistemava, era tornato da poco e adesso era appoggiato alla parete bianca della camera di Clove. «Ho parlato con Brutus, mi ha detto che dovevi sapere che Helen se ne starà per due settimane in infermeria, per poco non moriva dissanguata in corridoio.» con gli occhi cercava lo sguardo di Clove che lo evitava vagando per la stanza. Lei era seduta sul letto con le gambe incrociate e la schiena appoggiata alla testiera. «Se l'è cercata. Non è un mio problema.» annunciò stendendo le gambe davanti a lei e incrociando le braccia al petto. «Più che altro, perché ti interessa tanto di quella? Di solito siamo tutti freddi tra di noi, ed è così che dovrebbe essere, no?» chiese lei, guardandolo per un attimo negli occhi, ma lasciando subito dopo scivolare lo sguardo altrove. «Era la mia ragazza, fino a... ieri.» Clove, non capendone il motivo, sentì un moto di irritazione crescerle dentro mentre Cato pronunciava quelle parole. Cosa te ne frega, Clove? Non ti sta nemmeno simpatico lui ! La parte razionale di lei, prevaleva sempre, ma non quella volta, l'irritazione un po' si era attenuata, ma era ancora lì, persistente, pronta a bruciare di nuovo. «Perché fino a ieri ?» chiese cercando di sembrare indifferente. «Ti interessa davvero, saperlo?» Clove fece di no con la testa e poi aggiunse «Cercavo di far conversazione dato che ti avrò tra i piedi per un po'...» Cato sorrise divertito dall'affermazione della più piccola. «Giusta osservazione.» entrambi risero e Clove se ne sorprese veramente tanto: dopo la morte del padre, era diventata più fredda del solito e si era chiusa in sé stessa, gli unici momenti in cui mostrava la vera lei era quando era quando si allenava. Probabilmente anche Cato aveva notato la sua freddezza, da quando si erano conosciuti non l'aveva mai vista ridere, infatti disse «Wow, non sapevo che la grande Clove Kentwell sapesse addirittura ridire !» Clove prese uno dei cuscini che si trovavano sul letto e glielo lanciò contro, anche se avrebbe preferito se fosse uno dei suoi adorati coltelli. Cato lo prese al volo e, ridendo, lo tirò di nuovo a Clove. Adesso stava ridendo, per la seconda volta nel giro di qualche minuto. 

«Un vero amico, è uno in grado di farti ridere veramente. Se troverai qualcuno in grado di farti ridere, non lasciartelo scappare, piccola mia.» quello era ciò che le aveva detto suo padre alla domanda della piccola Clove «Qual è un vero amico, papà ?»

Forse, pensò Clove, io e Cato potremmo diventare veramente amici. Insomma, anche qui al due, i ragazzi hanno degli amici, no?

«Sei simpatico, Cato.» azzardò lei, abbassando istintivamente lo sguardo: non era abituata ad esprimere i suoi sentimenti o a dire cose del genere, anzi, non era abituata a parlare con qualcuno diverso dal padre. «Anche tu sei simpatica, Clove.» Cato sorrise.

«Dovresti tornare in camera tua, io dormo, non vado in giro da nessuna parte e mi chiudo a chiave la notte.» Cato annuì prima di dire:
«Buonanotte Clove.»
«Buonanotte Cato.»


Clato's Corner 

Ho amato scrivere questo capitolo quindi spero che a qualcuno piaccia almeno leggerlo ! Fatemelo sapere, siccome nell'altro capitolo non mi avete scritto niente... 

Spero che commentiate in molti, 

Baci, 

BellarkeStydia22


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