Capitolo 2

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Distretto 7 ~ Everything I Didn't Say
Il treno sfrecciava veloce nella notte.
Aiko si era chiusa nella sua camera subito dopo aver visto la registrazione delle mietiture.
Le venne un groppo in gola sapendo che nel giro di due settimane ventitré di loro sarebbero morti.
Sapeva di essere una di loro.
Aveva dodici anni e scarse abilità di sopravvivenza.
Sapeva maneggiare un coltello, ma era consapevole che se fosse stata presa da qualcuno di più grande e più forte sarebbe morta sicuramente.
Si chiese chi sarebbe potuto essere il suo assassino.
Forse la ragazza volontaria del Distretto 2? Aveva un sorriso così sadico.
Oppure quello dell'1, non aveva mai visto un ragazzo così muscoloso.
Quello del 9 poi, potrebbe uccidere con lo sguardo, pensò terrorizzata.
Scosse la testa, tentando di scacciare i cattivi pensieri.
Le mancava così tanto la sua famiglia.
Avrebbe voluto essere tra le braccia sicure di suo padre, o scherzare con sua sorella, oppure leggere un libro insieme a sua madre.
Pensò a tutto quello che avrebbe voluto dire, a tutto quello che avrebbe potuto fare, e capì che non ci sarebbe stato un futuro, che quelli erano i suoi ultimi giorni.
Si chiese se anche i suoi amici avessero voluto dirle di più, ciò che non erano mai riusciti a dire.
Durante gli addii c'erano stati solo abbracci e lunghi silenzi, pieni di una tristezza infinita.
Sospirò e guardò fuori dalla finestrella della sua lussuosa cabina, avrebbe voluto essere ovunque purché su quel dannatissimo treno che la stava portando verso la morte.
Sapeva che non sarebbe sopravvissuta ai Giochi, ma, infondo, sapeva che avrebbe comunque fatto di tutto per  tornare a casa.

Distretto 1- Royals
Berenice giocherellava annoiata con la sua colazione mentre Katy, l'orrenda capitolina, parlava allegramente con Amos, il muscolosissimo e senza cervello compagno di Distretto.
Sbuffò sotto lo sguardo severo della sua mentore Victoria.
"Lo sai che cosa significa colazione, ragazzina?" Chiese sarcastica la donna, ricevendo in tutta risposta un grugnito annoiato dalla ragazza.
Era già stufa di tutto questo.
Nessuno si era offerto volontario al suo posto, credevano in lei, i suoi genitori furono i primi ad applaudire orgogliosi per la sua estrazione.
Per lei i giochi erano una grande e inutile cavolata. Non capiva gli idioti disposti a tutto per partecipare, per essere apprezzati, glorificati.
Qualsiasi cosa avessero fatto, non sarebbero mai diventati dei reali, non scorreva nel loro sangue.
Loro rimanevano sempre e comunque dei burattini, una ridicola attrazione per i capitolini.
La cabina si fece buia, segno che erano vicini alla destinazione.
Restarono in silenzio per qualche istante, poi la luce tornò ad illuminare tutto.
Erano arrivati a Capitol City.
Folle di uomini e donne vestiti in maniera ridicola gridavano i loro nomi euforici, lanciando rose e altri fiori colorati. Li guardò e sorrise, aveva bisogno della loro benevolenza, per quanto ribrezzo avesse nei loro confronti doveva fare di tutto per essere notata. Non che fosse difficile, con quei lunghi capelli dorati, i grandi occhi blu e il fisico perfetto che si ritrovava.
Scesero dal treno e vennero scortati al centro immagine, dove fu riempita di complimenti, dalla pelle luminosa e priva di imperfezioni alla forma perfetta delle sue labbra. Non persero molto tempo con lei, dissero che non avevano mai avuto un tributo così facile da sistemare, e la mandarono subito dal suo stilista, un uomo bassino e snello pesantemente truccato, che le presentò vari modelli di vestiti.
Scelse un abito abbastanza semplice bianco ricoperto di brillantini, stretto nel busto e che si allargava fino al ginocchio, dove terminava.
Sulla testa indossò una corona di oro bianco (come lo stilista tenne a precisare).
Venne truccata pesantemente, le labbra vennero tinte di un rosso sgargiante e ricoperte di un balsamo fastidiosissimo. Sugli occhi applicarono un'ombretto brillantinato e le ciglia vennero allungate da un cosmetico che chiamavano mascara.
Infine le fecero indossare delle scarpe dai tacchi vertiginosi.
Odiava il fatto che per essere definita davvero bella dovessero ricoprirla di trucco. Non erano forse proprio coloro che l'avevano resa così 'stupenda' ad inondarla di complimenti prima?
Sbuffò mentre la guidavano verso il punto di partenza dei carri per la sfarzosa sfilata.
Amos era accanto ai cavalli e parlava con i tributi del 2, si avvicinò.
"Ciao, sono Berenice" si presentò mostrando un sorriso a trentadue denti.
"Io sono Enea, lei è Tracey, piacere!" Entrambi i tributi sorrisero.
Una voce annunciò l'inizio della sfilata e ordinò ai tributi di salire sul proprio carro.
Tracey sbuffò "Che palle..questo è uno dei momenti in cui desidero essere una degli sfigati che partono per ultimi" con questa affermazione fece ridacchiare i futuri alleati.
Berenice salì sul carro, mentre il compagno tentava di farle qualche complimento in un vano tentativo di rendersi desiderabile.
Lo ignorò e guardò dritto davanti a sè.
Il carro iniziò a muoversi.
Potete chiamarmi l'Ape Regina, pensò disgustata mentre la folla ruggiva.
Alzò di più la testa e iniziò a salutare, mentre sognava già il suo ritorno vittorioso a casa.

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Informazioneacaso: il nome Aiko (preferibilmente la pronuncia è Aìko) è di origine giapponese il cui significato è "bambina amata"

The 15th Hunger GamesWhere stories live. Discover now