•Capitolo 2•

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"Noo..." Biascico, accecata dalla luce del sole che filtra dalla finestra.
Come spesso mi capita ho dimenticato di chiuderla e adesso ci rischio gli occhi.

Sbuffando come un rinoceronte, infilo la testa sotto il cuscino e prego ogni santo di ridarmi il sonno e quindi la possibilità di riposare e recuperare le ore perse per il viaggio.
Ovviamente, non ci riesco. Rimango qualche minuto così, rannicchiata sul letto e con la testa nascosta finché non ci si mette anche mia madre che canticchia senza ritegno.
Ma come cavolo ci riesce? Come fa ad essere tanto arzilla di prima mattina?

Con un calcio tiro via le lenzuola fresche di bucato e solo quando noto le pareti vuote e verdi mi torna alla mente che non sono più nella mia camera.
Mi trascino giù dal letto, nervosa come non mai e vado dritta in corridoio da cui proviene la voce di mia madre che canta.

Lei si volta di scatto e sobbalza alla mia vista.

"Tesoro! Vuoi farmi prendere un infarto?" Esclama con una mano sul cuore.

Mi stropiccio gli occhi e sbadiglio. "No, scusa. Mi sono svegliata ora e..." Sbadiglio di nuovo.

"Lexie, perché non torni a letto? Sono solo le sette" mi suggerisce, guardandomi con tenerezza.
So già di assomigliare ad uno zombie che cammina e quello sguardo non aiuta di certo.

"Mi è passato il sonno, mamma" dico esasperata. Non è colpa sua se ho lasciato le tapparelle aperte, ma disgraziatamente è l'unica persona vivente qua dentro con cui possa lamentarmi e sfogare la mia rabbia repressa.
E ultimamente sono moooolto stressata.

Mi posa una mano sulla guancia e mostra un sorriso pieno d'affetto. "Ti preparo la colazione, va bene?"

A quelle parole il mio stomaco inizia a brontolare. "Grazie, vado in bagno e torno."

Al grande specchio che sta sopra il lavandino vedo il mio riflesso. Ho un paio di occhiaie gigantesche a contornare i miei occhi tondi e chiari e le labbra sono enormi come ogni mattina. Sembrano due cannoli.
Aggrotto la fronte e mi avvicino di più allo specchio.
È un brufolo quello che vedo?
Dal mio beauty ne tiro fuori una bella pomata e ce la spalmo sopra in uno bello strato.
Odio i bugni, e nonostante me ne compaiano due in croce e in rare occasioni faccio di tutto per levarmeli di dosso.
Mi lavo e sostituisco la camicetta da notte lilla con una salopette di jeans. Lego i capelli che ho fatto arrivare fino ai gomiti, in una coda alta ed esco dal bagno.
Adesso mi sento leggermente più sveglia e pronta per affrontare questa giornata.
È sabato e voglio visitare un po' la città.

Sto bevendo il succo d'arancia, quando mia madre mi chiede:"Mi faresti un favore?"

Mando giù il sorso e annuisco. "Dimmi."

"Andresti in città a fare un po' di spesa mentre io vado a fare una corsetta?"
Mia madre è una sportiva e ama tenersi in forma. Il mio contrario. Sono piuttosto alta e snella, ma ho un po' di pancetta e qualche millimetro di carne sui fianchi di troppo.

"Nessun problema, tanto volevo fare un giro."

Annuisce soddisfatta e si alza. Proprio quando sembrava stesse uscendo dalla cucina si gira e con un sorrisetto mi dice:"C'è un problema, tesoro. Non sappiamo dove sia il supermercato."
La sua frase mi spiazza, mettendomi in confusione. "Perché non lo chiedi a qualcuno?"

Rimango basita, finché non capisco e mi ritrovo a sorridere alzando gli occhi al cielo.
Mia madre è sempre la solita. Bella scusa per farmi conoscere l'intero vicinato.

Sa quanto odio perdere tempo e girare a vuoto, quindi mi vedo realmente costretta a chiedere indicazioni a qualcuno. Insomma, in case simili chi ci potrà mai abitare? Adulti perfettini con figli laureati ed educatissimi.
Non ho niente da perdere, quindi mi alzo ed esco di casa.
L'odore di rose che invade i miei sensi mi rilassa e con un sorriso guardo il piccolo giardino che mi circonda. Adorabile. Può essere definito soltanto con quell'aggettivo. Il prato verde scuro, che mi ricorda lontanamente il colore dei miei occhi è curatissimo e il vialetto che sto attraversando ricorda la mia vecchia casa. Mi affretto a rimuovere il pensiero, per non scoppiare a piangere e guardo il cielo azzurro e sereno. Proprio come voglio che sia questa giornata. Serena.

Supero il marciapiede e attraverso la strada.
Davanti a me si staglia un giardino gigantesco contornato da cespugli e una grande casa giallo chiaro dall'aria preziosa e regale. Sarà all'incirca dieci volte più grande della nostra attuale e quando vedo l'enorme piscina trattengo il respiro.
Il cancello è aperto, quindi senza pensarci entro e una volta oltrepassato il giardino salgo gli scalini e busso sulla porta bordeaux.

Nessuna risposta.

Attendo qualche altro secondo e non appena questa si apre, sento una voce dire:"Ho detto che non li voglio i vostri stupidi biscotti".

Cacchio stracacchio.

Davanti ai miei occhi ho un muro di muscoli scolpiti nella carne. Un'opera divina e ben fatta. Quel genere di muscoli che ho visto solo nelle copertine dei giornali di Vogue o qualche altra roba del genere.

Deglutisco, non appena noto i numerosi tatuaggi che contornano entrambe le braccia e buona parte del petto.
Tatuaggi così realistici che è come poterli tenere tra le dita delle mani.
"Sei una boy scout?"
Cosa?

Alzo lo sguardo e rimango una seconda volta con il fiato sospeso.
La prima cosa che noto sono gli occhi: allungati e dello stesso colore della nocciola. Ciglia lunghe e scure li incorniciano, mentre due zigomi incredibilmente alti completano quel viso da favola.

"Allora?" Al suono della voce scocciata, cerco di tornare alla realtà.
Quando sono lì lì per rispondere le parole mi muoiono in gola.
Si può essere così terribilmente belli?!

"Ehm, ehm...Io, no...non sono una boy scout" balbetto, cercando di mantenere lo sguardo sui suoi occhi.
Il mio sguardo, però cade sulle sue labbra carnose e ne rimango affascinata. La luce del sole fa brillare il piercing che porta al bellissimo labbro inferiore.
Questo tizio ha proprio tutto al posto giusto, accidenti.

"Perché diavolo sei qui?" Domanda impaziente.
Rimango interdetta per i suoi modi bruschi e il mio cervello inizia a ragionare.
Perché ero qui? Oh, giusto il supermercato.

"Per caso...sai la strada per arrivare al supermercato?" riesco a chiedergli.
Incrocia le braccia al petto, e i suoi muscoli si flettono sulle spalle larghe.

"Sei nuova?" Ribatte.

Annuisco." Sì, mi sono trasferita ieri."

Inclina il viso di lato e chiede:"Come ti chiami?"

Sbatto le palpebre un paio di volte e mi decido a rispondere. "Lexie."

Sorride. Wow, e che sorriso. Anche quello è da pubblicità.
"Lessi? Come il mostro di Lochness?"
Non lo ha detto davvero, giusto?

"Come, scusa?"

"Sei anche sorda?" Dice, alzando un sopracciglio.

Sento la rabbia fare i primi passi, così assottigliando lo sguardo rispondo:"No, non sono sorda! Io non mi chiamo come il mostro di Lochness!"

Il nome lo hanno scelto mia madre e mio padre ed è una delle cose che rimangono in vita di lui. Questa è stata una delle sue scelte e non permetterò a questo tatuato di prendermi per i fondelli.

"Va bene Lessi, abbiamo finito?" Insiste .
Vorrei ucciderlo con le mie mani.

"Sì, certo. Grazie" dico acida, girando i tacchi.
Ma chi cavolo si crede di essere?
Se le persone sono tutte così qui giuro che mi butto da una scogliera!

"Lennon street, seconda strada a destra" lo sento dire, poco prima di arrivare al cancello.

Con la rabbia che mi fa fumare le orecchie non mi giro neanche per ringraziarlo, e anzi gli faccio il ditaccio mentre proseguo e lo sento addirittura ridere.
Idiota.

Furente, riesco a raggiungere il centro e quando mi rendo conto che la via che mi ha dato esiste ne rimango sorpresa.
Seguendo le sue indicazioni riesco a trovare quello stupido supermercato ed entro.
La giornata non è incominciata per niente bene, e posso solo sperare che prosegua diversamente.

Nemici per scelta, amanti per caso. (DISPONIBILE IN VERSIONE DIGITALE E CARTACEODove le storie prendono vita. Scoprilo ora