Capitolo 40

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Resto immobile per qualche istante, incredula. È un lamento a riportarmi alla realtà. Mi volto verso Riley. Ha l'espressione sofferente. I capelli sudati sono appiccicati alla fronte, il fiato corto, una mano premuta sul fianco.

-Riley! – Urlo, piegandomi su di lui.

Delle lacrime iniziano involontariamente a solcarmi il volto.

Inizio ad accarezzargli il viso e i capelli, ripetendogli che andrà tutto bene quando in realtà non ci credo neanch'io.

-I tuoi piani sono pessimi – dico tra un singhiozzo e un altro. –Meglio i miei. E nei miei tu sei vivo, quindi resisti.

Apro il suo zaino. Forse ha portato qualcosa per situazioni come questa e infatti trovo delle garze e altre sostanze in barattoli, ma nulla per ricucire delle ferite. Non che avessi saputo come fare, ma avrei potuto provare.

-Dobbiamo ... andarcene ... da qui – dice.

-Ora siamo al sicuro. Se ne sono andati.

-Riparo – insiste agonizzante.

Annuisco con un sospiro.

Risposo tutto nello zaino che metto su una spalla, dopodiché provo a tirarlo su a sedere. Urla di dolore.

-Riley, non posso portarti da nessuna parte. Dobbiamo prima fermare l'emorragia.

Lui annuisce e si rilassa.

Io cerco di calmarmi e di tornare lucida. È l'unico modo se voglio aiutarlo.

Sollevo la sua mano dalla ferita e lo vedo stringere i denti. C'è sangue, troppo sangue.

-Tranquillo – sussurro stringendogli la mano.

Mi avvicino alla maglietta e provo a sollevarla, ma la stoffa è attaccata alla ferita e Riley lancia un altro urlo.

-Sst, andrà tutto bene – ripeto.

Prendo dell'acqua. Forse sto sbagliando tutto, ma non ho idea di cosa fare e come fare. Verso un po' d'acqua sulla ferita facendo imprecare ulteriormente Riley. In questo modo spero di riuscire a staccare la maglietta e ci riesco. Primo piccolo passo, superato.

-Prendi il barattolo marrone – mi dice Riley tra i denti stretti. –Dentro c'è della pomata. Spalmala e poi fascia la ferita.

-Ma resterà sporca! Prima devo pulirla dal sangue.

-Va bene anche così, per il momento. Non abbiamo molta acqua con noi e non abbiamo visto nessun corso d'acqua nei dintorni.

-Riley, non posso ...

-Fa come ti ho detto, almeno finché non troveremo un riparo.

Annuisco e faccio come mi dice.

Soffre, ma non urla più. Spalmo abbondantemente la pomata sulla ferita, poi inizio a fasciarla. Lo convinco a bere un po', dopodiché attendo qualche minuto prima di aiutarlo ad alzarsi. Non riesce a reggersi, quindi mi tocca trasportarlo quasi completamente.

-Resisti – lo incito per l'ennesima volta.

-Stavi per farti uccidere al mio posto – dice.

-Ma non è successo.

-Non hai esitato a sacrificarti per me.

-Risparmia il fiato, come dici sempre tu. Ne riparleremo tra un po'.

Non riesco a trovare un rifugio tra le radici degli alberi. Non riesco a trovare un rifugio da nessuna parte.

Poi più avanti scorgo una quercia. È più grande e maestosa rispetto a tutti gli altri alberi e, per mia fortuna, nasconde una tana. Ora il problema è far entrare Riley senza ucciderlo.

-Dovresti provare ad abbassarti – gli dico.

Fa come gli dico, ma è pallidissimo e le sue forze stanno per svanire. Non so come, ma riesce ad entrare. Fortunatamente non deve saltare per arrivare all'interno del rifugio, ma è come se ci fosse una piccola discesa ad accompagnare la caduta.

In un attimo, lo raggiungo. Lo aiuto a distendersi, dopodiché mi metto al suo fianco, concedendomi un attimo per rilassarmi e sospirare di sollievo. L'ho portato in salvo, mi dico. Non è ancora fuori pericolo, ma l'ho portato in salvo.

Caccio indietro le lacrime che stanno minacciando ancora una volta di sgorgare. Odio i piagnoni e sono certa che per Riley sia lo stesso.

-Karen – mi dice.

Trattengo il fiato. È la prima volta che pronuncia il mio nome, fatta eccezione che per la volta in cui l'ho sognato. È come se acquisisse un suono tutto nuovo pronunciato dalle sue labbra. Mi sfugge un singhiozzo e inizio ad accarezzargli i capelli. Lui allunga una mano e le sue dita callose incontrano le mie guance.

-Perché non mi ascolti mai? – Chiede con una smorfia di dolore visibile nella penombra della luce che filtra all'interno della tana.

-Faccio bene a non ascoltarti – rispondo. –Come posso fare per ricucire la ferita?

-Non far nulla. La pomata è creata con piante curative. Guarirò.

Annuisco per convincermene e poggio la testa accanto la sua. Ci fissiamo per qualche istante, i nostri volti vicinissimi. Riley cerca la mia mano e gliela stringo forte, aggrappandomi a lui.

-Grazie – mi dice.

Sto per scoppiare a piangere, quindi faccio probabilmente la più grande pazzia della mia vita, il che è tutto dire. In un lampo, annullo la distanza che ci separa e lo bacio. Il nostro primo bacio che sa di lacrime, di terra, di fatica. Per un istante ho creduto che mi respingesse, poi invece ricambia con più foga di me, cerca di attirarmi più vicina a lui e si lascia sfuggire un gemito di dolore, quindi sono io ad avvicinarmi ulteriormente, annullando ogni distanza. Affonda una mano tra i miei capelli e sospira tra un bacio e l'altro, sussurrando il mio nome al mio orecchio, ponendo rimedio a tutte le volte in cui non l'ha pronunciato. Il mio cuore continua a battere all'impazzata, incredulo. Possibile che anche Riley provi tutto quello che provo io per lui? Interrompo il bacio, fronte contro fronte, poggiando le dita sulle sue labbra.

-Tu ... provi i miei stessi sentimenti? – Gli chiedo.

-Cosa provi tu? – Mi domanda dopo qualche istante.

-Io credo ... credo di amarti.

Una scintilla gli attraversa gli occhi. Mi stringe forte, più forte di quanto potrebbe nella sua condizione e mi dà un ultimo bacio leggero prima di accompagnare la mia testa sul suo petto continuando a stringermi. Ed è così che ci addormentiamo.

Fairy Blood I segreti di Oakstone Valley (#Wattys2015)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora