[1]

13.6K 549 148
                                    

Mi svegliai con un dolore lancinante alle tempie, e a quasi tutto il corpo.
Alzai lo sguardo sulla strana stanza, e la prima cosa che riconobbi fu un letto sul quale ero sdraiata, sotto le coperte. Ma la cosa che mi colpì di più fu la stanza in cui ero; non l'avevo mai vista prima, ma dall'apparenza sembrava una stanza di un ospedale. L'unico posto in cui non sarei mai voluta andare, ma per qualche strana circostanza, ci ero proprio dentro.
Mi guardai intorno, davanti a me c'era un armadio bianco probabilmente fatto di plastica. Di fianco c'era una televisione piccola, ma abbastanza grande per riuscire a vederci da lontano, vicino al letto in cui ero stesa c'era una sedia vuota e bianca.
Riflettei un'attimo:
Non sapevo dov'ero ne perché ero li. Non ricordavo nulla dei giorni prima di questo risveglio, forse ero svenuta. Ma cambiai idea vedendo che avevo i polsi e le caviglie legate al letto. Spalancai gli occhi, non avevo neanche la minima idea del perché ero legata, e questo mi preoccupava parecchio, oltre ad avere le lacrime agli occhi per lo stupore.
Immediatamente pensai a cosa potrebbe essermi accaduto, ma qualcuno bussó alla porta e mi interruppe dai miei pensieri.

"Avanti"
"Ciao Ellie"
"C-ciao..."
"Come ti senti oggi?"
"Io... C-credo bene.."
"Ti ho portato un giornalino se per caso ti annoi"
"Ma chi sei, se posso chiedere?"
"Non ti ricordi di me?!"
"No"
"Ellie, sono tua mamma" detto questo mi toccó la mano e alcuni ricordi mi affiorarono nella testa.
"Io- scusa non ti avevo riconosciuta"
"Che ne dici di riposarti un po'? Vedo che sei molto stanca.."
"O-okey" Si alzó dalla sedia e uscì dalla stanza, non prima di avermi salutato e fatto un timido sorriso.
Non ebbi il coraggio di chiederle perché ero legata ai piedi e alle mani, non osavo pensare.

Mi addormentai con mille pensieri, la maggior parte brutti, per poi fare incubi tutta la notte.
La mattina seguente mi alzai dal letto, non avevo ne le mani ne i piedi legati, per fortuna, e uscii dalla mia grigia stanza. Non avevo una meta, volevo solo esplorare.
Passai diversi corridoi con molte stanze, la maggior parte chiuse.
Un'infermiera mi salutó
"Ciao Ellie"
"Come fa a sapere il mio nome?"
"Questo posto è piccolo, noi ci ricordiamo tutti i nomi"

Passai ad un corridoio con molta gente fuori dalle stanze, quindi optai per andare nel bagno, visto che non mi ero ancora guardata allo specchio.
Quello che vidi fu una scena orribile, avevo i capelli sporchissimi e poco pettinati, le occhiaie erano profonde fino all'osso e la bocca incrostata di sangue. Mi lavai il viso con delicatezza e poi feci pipì.
Tornai in camera e notai che sopra la sedia c'era una lettera, la aprii senza aspettare un'attimo:
Cara Ellie,
Spero tu ti ricorda di me, sono Alberto il tuo fidanzato. Ti ho scritto questa lettera perché sono in Germania e non posso ritornare in Italia. Ho saputo il tuo incidente e volevo solo dirti di stare forte come sei sempre stata.
Il tuo caro Albé <3 Ti amo

Mi massaggiai le tempie per cercare di ricordare chi fosse questo 'Alberto' ma non ricordavo nessuno, nemmeno mia madre.
Dopo qualche istante entró proprio lei, mia madre con un vaso di fiori, non erano belli. Erano rossi fuoco con la punta del fiore gialla, io odiavo il giallo.
"Ciao tesoro"
"Posso farti una domanda?"
"Dimmi pure"
"Perché non ricordo nessuno? Perché ieri ero legata al letto? Perché quando esco dalla stanza tutti mi osservano come se fossi un'aliena? E soprattutto, perché sono qui?" Dissi tutta d'un fiato questa frase, e guardandomi intorno mi accorsi che non ero in un ospedale, ma in un manicomio.
Mi vennero le lacrime agli occhi, non ricordavo nemmeno chi ero o quale fosse il mio nome.
Mi sedetti sul letto e, in preda al panico più totale mi misi a piangere.

Quello che successe dopo fu brutto, non ricordavo molto. Ripercorsi il ricordo e vidi mia madre che mi abbracciava e io, come d'istinto la buttai a terra. La guardai con gli occhi gonfi e rossi dalle lacrime salate, e le diedi una botta in testa con il piede.
Decisi di scappare da quel manicomio e saltai dalla finestra del primo piano, cioè della mia stanza.

Correvo per le strade senza una vera meta e ad un certo punto mi fermai; chiesi a me stessa cos'era successo, ripercorsi tutti i ricordi di quell'istante. Ero veramente pazza? No, non potevo esserlo, mia madre non avrebbe mai potuto partorire una matta. A questo pensiero mi misi a piangere, pensando a lei e a quanto mi mancava.

Insane || Lorenzo OstuniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora