Alesia

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[702 AUC (80), consoli Quinto Cecilio Metello Pio Scipione, Gneo Pompeo Magno]

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La notizia era giunta al campo poco prima, creando un clima di eccitazione che però, quasi immediatamente, aveva lasciato il posto alla preoccupazione.

Le truppe di Labieno (81) stavano arrivando per ricongiungersi al resto dell'esercito di Cesare, che aveva ripiegato verso i confini della provincia (82) per cercare di difenderla dal prevedibile attacco che i Galli avrebbero sferrato da lì a breve. Tutti erano consapevoli delle difficoltà che l'esercito stava affrontando, e solo la fiducia nel loro comandante manteneva la coesione delle truppe. La defezione degli Edui (83) era stato solo l'ultimo colpo alle certezze dei Romani, che ora si ritrovavano praticamente a combattere da soli contro l'intera Gallia in rivolta.

Tuttavia, la notizia della brillante vittoria di Labieno a Metsoledo (84), grazie alla quale era riuscito a svincolarsi da una situazione complicata, aveva risollevato almeno in parte il morale ai soldati, ed ora che tutte le forze erano riunite, pur in una situazione complessa, la speranza di una vittoria si era riaffacciata con rinnovato vigore.

Ora spettava a Cesare trovare il modo di soffocare la rivolta. Anche se la priorità era, in quel momento, difendere la provincia dagli assalti contemporanei degli Edui e dei Segusiavi (85) contro gli Allobrogi (86), dei Gabali e degli Arverni (87) contro gli Elvi (88) e di Ruteni e Cadurci (89) contro i Volci Arecomici (90) (91).

Praticamente, tutta la provincia era sotto attacco.

Appariva evidente come ai Galli non fosse sufficiente impedire l'espansione del potere di Roma sui territori del Nord, ma che volessero cacciare definitivamente oltre le Alpi le legioni e riappropriarsi dei territori della Gallia transalpina.

E, da come si stavano mettendo le cose, sembravano poter avere successo. Gli attacchi simultanei che Vercingetorige aveva organizzato avevano come scopo anche quello di tagliare le linee di rifornimento di uomini e vettovaglie alle truppe di Cesare, togliendogli la speranza di poter ricevere aiuti dall'Italia o dagli alleati della provincia, impegnando allo stesso tempo i popoli amici di Roma nella speranza di farli defezionare e passare dalla loro parte.

Leonte vedeva passare le legioni, ordinate come sempre, anche se si percepiva la stanchezza che accompagnava gli uomini che le componevano, costretti a combattere e a cambiare tattica ad ogni momento, senza avere la possibilità di passare alla controffensiva, ma soltanto di cercare di uscire da situazioni sempre più complicate per mantenere l'integrità delle truppe, in attesa di un colpo di genio dei loro comandanti o di un evento fortunato.

Anche se, fino a quel momento, di eventi fortunati ce n'erano stati pochi.

Un colpo sulla spalla distolse l'attenzione di Leonte dai sui pensieri.

Girandosi, vide davanti a sé l'espressione sempre sorridente di Fabio Anicio, come lui centurione della decima legione.

Si conoscevano da anni ormai, da quando si erano incontrati per la prima volta da reclute e poi avevano seguito strade parallele, fino a ricoprire lo stesso ruolo all'interno della stessa legione. Potevano considerarsi due amici, anche se Leonte era perfettamente consapevole che, nella sua condizione, la cosa peggiore che poteva fare era quella di legarsi a qualcuno in modo profondo. Lo aveva già sperimentato sulla sua pelle con Iceta, il cui ricordo continuava a riaffiorare fin troppo spesso, a testimonianza dell'importanza del rapporto che lo legava al ragazzo. Pensava di aver imparato a controllare le emozioni al riguardo, ma talvolta si dimenticava di come fare a gestirle, e allora la malinconia riaffiorava.

E con essa la consapevolezza che era stato suo fratello ad ucciderlo.

Si era ripromesso di non incolparlo per questo, ma c'erano dei momenti in cui non ci riusciva. La stanchezza che cominciava a farsi largo nella sua ormai fin troppo lunga vita lo portava a degli attimi di cedimento, e allora tutti i suoi buoni propositi scomparivano.

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⏰ Huling update: May 21 ⏰

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