Capitolo 7

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Suona la sveglia. È prestissimo, ma devo andare alla mia lezione individuale delle sei.

Corro in bagno a prepararmi, fino a quando sono pronta e, a quel punto, raccolgo i capelli in uno chignon. Sul comodino trovo, come sempre, un post-it, questa volta da parte di mio padre, con scritto «Andrà bene, amore». Sarà andato presto a lavorare. Mia mamma ha chiesto se potesse prendersi un giorno libero per accompagnarmi a fare le analisi. Tutti e due sono infermieri. Si sono conosciuti a lavoro e si sono innamorati, quasi subito. Lavorano in un settore, in cui vedono di tutto e di più. Per questo, mia mamma si è preoccupata: sta sempre a contatto con casi rari e quando si tratta di sua figlia, non capisce più niente. Cerco di uscire da casa senza fare rumore: non voglio svegliare mamma. Ci siamo messe d'accordo che, una volta finita la lezione delle otto, l'avrei chiamata e lei mi sarebbe venuta prendere.

Appena arrivo all'Accademia, apro il portone ed entro. Incontro il signor Colombo, intento a pulire le scale del teatro, che mi saluta affettuosamente. Dalla prima volta che mi ha visto ha instaurato con me un bellissimo legame di amicizia e, soprattutto, di rispetto.

«Ciao, Alice, come stai? Ho saputo che ieri sei stata poco bene»

«Buongiorno signor Colombo, sto bene, ma mia mamma vuole farmi fare dei controlli», gli rispondo

«Fa bene, Alice»

«Signor Colombo, posso farle una domanda?»

«Certo».

A quel punto, mi appoggio al cornicione della scala.

«Lei conosce Edoardo Villa?».

Mi fissa e poi annuisce.

«Non riesco a capire che sia. Non riesco a capire perché è sempre insieme alla maestra, anche durante le mie lezioni individuali delle sei. Ho cercato su Internet, ma non spunta niente di niente»

«Hai provato a parlare con lui?», mi chiede

«Sì, ma non risponde mai alle mie domande. Non vuole rispondere. Sa tutto di me, ma non sa niente delle altre ragazze», gli rispondo

«Alice, non posso rispondere alle tue domande. Deve essere lui a parlatene»

«Parlarmi di cosa?»

«Non credi che sia ora di andare a lezione. È già tardi».

A quel punto, mi mostra l'orologio e noto che sono le sei meno dieci.

«Oh, santo cielo... devo andare subito e devo correre. Arrivederla, signor Colombo».

"Sbrigati, Alice. Non puoi arrivare un'altra volta a lezione tardi".

Passo dallo spogliatoio per posare il borsone e prendere le punte. Dopodiché, controllo che tutto sia perfetto e corro verso la sala.

Sono le 5.57. Non c'è ancora nessuno.

Così, indosso le punte, ma non ho il tempo di fare riscaldamento perché la maestra è già entrata e accanto a lei c'è, come sempre, Edoardo.

«Signorina Ferrari, noto con piacere che sta bene. Edoardo mi aveva detto che non sarebbe venuta». A quel punto, la maestra si gira verso Edoardo e, successivamente, verso di me.

«Allora, possiamo incominciare. Cambré alla sbarra»

Mi avvicino alla sbarra ed eseguo l'esercizio. I miei occhi vagano per la stanza, fino a quando incontrano quegli occhi verde smeraldo. Lui mi osserva con sguardo di rimprovero.

«Cambré grand dégagé».

Ho sempre adorato questo passo. Chiudo gli occhi. "È sempre quello che hai desiderato, Alice: ballare".

«Sa, signorina Ferrari, quando ero piccola ed ero una allieva, come lei, la mia maestra di danza, una volta, mi disse che una ballerina deve essere morbida come un gattino, leggera come una piuma, agile come uno scoiattolo, graziosa come un cigno. Lei, signorina Ferrari, è come me...», la maestra mi fissa con gli occhi lucidi. A un certo punto, cambia discorso e mi dice «adesso deve andare a mangiare qualcosa; ci vediamo dopo alla lezione delle otto, insieme alle altre allieve». Annuisco e mi avvicino alla porta, per poi girarmi di scatto e chiederle «Maestra, posso chiederle una cosa?»

«Sì»

«Quando ha capito che la danza era la sua più grande passione?»

«Credo di averlo sempre saputo dentro»

Le sorrido ed esco dalla porta. Sento dei passi seguirmi. Sicuramente sarà Edoardo.   

Sono qui, con teWhere stories live. Discover now