Capitolo 2

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Non appena mi giro, gli occhi cadono sul ragazzo dagli occhi verde smeraldo, accanto alla maestra.

«Buongiorno, ragazze. Sono la maestra Anna Bianchi, piacere di conoscervi. Benvenute all'Accademia della Scala di Milano. Come ben saprete, non a tutti è concesso di entrare a farne parte. Per diventare una ballerina bisogna fare sacrifici, bisogna avere disciplina e, soprattutto, si deve amare la danza. Una qualsiasi ragazza può essere brava, ma una ballerina è una ballerina solo se ama ballare.
Ogni giorno, nel vostro borsone ci devono essere assolutamente le scarpette da mezza punta e da punta con salvapunte, scaldacuore, scaldapiedi.
Inutile dirvi che dovrete presentarvi con body e gonnellino e, poi, con collant».

In quell'esatto momento, la maestra si sofferma sulle macchie rosse all'altezza del ginocchio.

Così, continua,

«Tutto deve essere impeccabile!»

A quel punto, tutte le ragazze si girano verso di me e, fissandomi, incominciano a soffocare risate.
Osservo le ragazze intorno a me, ma i miei occhi si soffermano nei suoi, negli occhi verde smeraldo, che avevo osservato qualche minuto prima. Anche lui solleva un angolo della bocca. Così, abbasso la testa.

«Come si chiama?», chiede la maestra, osservandomi accuratamente
«Alice Ferrari, maestra», rispondo
«Si vada a cambiare. Subito», dice la maestra, con tono piuttosto alterato.

Mentre cammino verso la porta, sento una voce maschile dire: «Ed è solo il primo giorno, Alice...» Cerco di non farci caso e continuo a camminare.

Quando arrivo alla porta, mi rendo conto che non so dove si trovi lo spogliatoio femminile.
«Maestra, io non so...», dico, con un pizzico di vergogna
«Edoardo, puoi indicarle la strada?», risponde la maestra, rivolgendosi, però al ragazzo.Si chiama Edoardo, quindi.

«Si,certo».

Così, usciamo dall'aula.
«Devi girare l'angolo, in fondo al corridoio. La prima porta a destra è il vostro spogliatoio». Edoardo, così sembra chiamarsi, mi dà tutte le indicazioni per arrivarci.
«Grazie», rispondo, con gentilezza.
«Devi stare più attenta la prossima volta, signorina Alice Ferrari», mi dice con un ghigno beffardo.

Seguo le sue indicazioni. Non appena arrivo, poso il borsone su una panchina, provo ancora a cercare i collant di riserva.

«Ti prego, ti prego, ti prego...è inutile, non li ho portati»

«Hai bisogno di un paio nuovo?».

A un certo punto, sento la stessa voce maschile, che mi aveva aiutata a non perdermi. È la voce di Edoardo. Mi giro, subito. I miei occhi si incastrano nei suoi. Rimango immobile, senza dire niente, senza rispondere.

«Grazie...». Mi avvicino per prenderli, ma, non appena lo faccio, lui alza il braccio in aria. A quel punto, «Cosa stai facendo, Edoardo?» e lui «Prova a prenderli, Alice», con un ghigno beffardo. Mi alzo in punta, poiché ancora non mi sono tolta le punte, e cerco di afferrarli. Un momento, in un momento esatto, sento il suo respiro sulla mia bocca, e in quell'esatto momento, lui mi prende la mano e su questa appoggia i collant. Così, se ne va. Resto senza fiato, non sapendo cosa sia successo. "Hai la maestra che ti aspetta, Alice", una voce dentro di me mi fa svegliare. Ecco che cerco di indossarli, stando attentissima. Dopodiché, ripercorro il corridoio e ritorno in sala.

«Signorina Ferrari, quanto tempo ha impiegato?!Ritorni al suo posto, adesso!!!», mi rimprovera la maestra, non appena varco la porta.
«Adesso voglio vedere plié. Poi, piegate e distendete le ginocchia in quinta posizione. Dopodiché, Tendu. Fondamentale la postura, ricordatevelo sempre! Infine, Rond de jambe»

Cerco di eseguire tutto alla perfezione. La maestra osserva con attenzione tutte noi. Non esprime nessun giudizio. Almeno, fino ad ora non ha espresso nessun giudizio. Provo a concentrarmi al massimo, ma i miei occhi si soffermano nei suoi e ripenso a quell'attimo vissuto nello spogliatoio. C'è qualcosa che non capisco.C'è qualcosa nella sua voce, nei suoi occhi. Sembra che stia nascondendo qualcosa. Mi distraggo per un attimo. Davvero solo per un attimo. Ma, quell'attimo mi fa cadere per terra.

La maestra interrompe tutte le altre ragazze.
«Signorina Ferrari, ho bisogno di parlare con lei. Per oggi la lezione è finita!», conclude, così, la lezione.
Fa andare via tutte quante. Anche Giulia, che mi guarda con occhi spaventati...
Rimaniamo nella sala solo io, la maestra e Edoardo, il ragazzo dagli occhi color smeraldo. Prendo un bel respiro. La guardo e la ascolto.
«Alice Ferrari, giusto?»
«Si, maestra»
«Se ne rende conto che è all'Accademia della Scala di Milano, vero?».
Cerca di soffermarsi su ogni singola sillaba.
«Si, maestra», rispondo
«Allora come mai è arrivata con la calzamaglia sporca? Perché non è stata attenta? E poi...poi è caduta signorina... Per fortuna che si è ricordata di portare una calzamaglia di riserva, altrimenti non so come avrebbe fatto e se sarebbe rimasta ancora qui» «Maestra...» Vorrei dirle che, in realtà, questi collant non sono miei, ma quando provo a parlare, qualcuno mi ferma. È lui, che rivolgendosi alla maestra, dice «Credo che Alice non sia stata fortunata, ma che abbia semplicemente saputo cosa avesse dovuto portare. Credo, anche, che abbia imparato la lezione, Anna»

Che sta cercando di fare Edoardo?

«Me ne rendo conto e mi dispiace per tutto»
«Le lezioni incominciano alle otto del mattino. Per lei inizieranno alle sei. Ogni giorno». La maestra scandisce ogni lettera di "ogni giorno".
«Va bene, maestra»
«Adesso vada a casa»
«Grazie, arrivederla, maestra»


Sto quasi per arrivare alla porta quando sento le parole della maestra...
«Una ballerina deve essere leggera e quando balla, non deve pensare. Deve essere libera»
Con il capo chino, ricomincio a camminare. Chiusa la porta, comincio a correre, fino a quando non mi ritrovo fuori dal teatro. Inspiro ed espiro. Inspiro ed espiro. "Con calma, Alice", dico tra me e me. È tutto ciò che cerco di ripetermi. 

Sono qui, con teWhere stories live. Discover now