23.Bezmŭrtie

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Gamsutl, Russia, gennaio 1996

La testa di Violeta scoppiava

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La testa di Violeta scoppiava. Il suo Cerebrum aveva dovuto sopportare troppo da quando era stata trascinata in quel luogo orribile, non aveva più nemmeno la forza di lamentarsi anche solo con il pensiero. Il seme della pazzia stava per prendersi la sua mente, ne era certa. La ribellione, il fuoco, le sue ali... ogni cosa si era spenta in lei.

Anche il tempo, da quando era distesa su quel letto più rigido di una roccia, pareva aver cessato di scorrere. Tutta la sua esistenza si era ridotta all'immobilità, ai lacci che la costringevano in quella posizione scomoda a cui ormai si era abituata, al grigio soffitto in pietra grezza che la velava dal cielo, e alle visite di Maksim a cui seguivano torture che le restavano appiccicate addosso anche dopo ore trascorse dalla sua assenza.

Poteva sembrare ironico, ma l'unico rifugio per lei era diventato il suo stesso passato, proprio quello che l'aveva condotta a quella esistenza inesistente e quello in cui aveva sofferto, bruciato, fin da quando il primo Vortice aveva distrutto l'Ephia e la maggior parte della sua famiglia. Forse perché, almeno allora, Violeta, anche se prima non se n'era mai resa conto per davvero, era viva. Il suo spirito non era mai stato ammaestrato completamente, non fino a quando non aveva trovato quella piccola e incriminante stanzetta segreta che aveva distrutto ogni sua aspettativa, sbattendole in faccia la realtà. La loro condanna eterna.

Aveva creduto di volare, aveva teso le mani verso quella che le era parsa libertà, ma improvvisamente il suo stesso peso l'aveva trascinata verso il basso e il terrore della consapevolezza l'aveva arsa. Oramai, non esisteva più. Non si era ridotta ad altro che semplice... cenere.

Un'illusa, ecco cos'era stata per tutta la vita. Un tacchino che, uscito dal recinto, era finito nello stufato. Proprio come aveva detto il ragazzo messicano.

Trattenne un fremito quando sentì la porta aprirsi. Ecco che cominciavano altre torture, come se la sua mente non fosse già stata portata allo stremo.

Questa volta era venuto prima del solito. Aveva calcolato che gli intervalli di tempo in cui Maksim veniva a farle visita erano per lo più regolari per permetterle di riprendersi a sufficienza per affrontare l'interrogatorio successivo. Cosa c'era di diverso questa volta? E perché dalla sua bocca di serpente non stava uscendo nemmeno un po' di veleno, quando di solito non si esimeva da insopportabili provocazioni e insulti? Dalla posizione in cui si trovava non poteva vederlo, ma era certa che fosse ancora fermo sulla porta. In completo silenzio.

Era successo qualcosa.

Lenti passi presero ad avanzare verso di lei. L'anta non fu nemmeno chiusa alle sue spalle, quasi l'uomo non vi avesse dato importanza. Strano. Era un cambiamento, e in quell'esistenza piatta in cui ormai era sprofondata non avvenivano mai cambiamenti, si susseguivano solo le torture, le grida, e poi le interminabili ore di silenzio nella muta attesa di altro dolore.

JivonhirDär berättelser lever. Upptäck nu