Il fantasma

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Provò ad alzare un braccio, lo fece lentamente e dopo essersi concentrata solo su quell'arto. "Su forza sollevati maledetto braccio. Per tutta la vita hai praticamente fatto tutto tu... e ora?", pensava con una certa ansia, "Ti rifiuti anche solo di alzarti? Dio come sono stanca. Anche di te mi sono stancata, comincio a detestarti". La mano si mosse leggermente ma questo le provocò un immediato dolore da qualche parte lì dietro, la spina dorsale, la spalla o chissà che altro. La luce che entrava dalla finestra era scura, doveva essere quasi scesa la sera. Non se n'era accorta. Mancava ancora un po' al passaggio dell'infermiera, non era del tutto consapevole delle ore che passavano ma riusciva a capire quando si avvicinava il controllo. L'unico rumore nella stanza era un ronzio, proveniva dalla macchina vicino al suo letto: uno stupido ammasso di circuiti che, con placidità ferina, le comunicava che era ancora viva. In effetti se non fosse stato per quel monitor il dubbio di essere già morta l'avrebbe probabilmente sfiorata. Era distesa in quel letto da un tempo che le sembrava lunghissimo. Giorni? Mesi? Impossibile stabilirlo. Unico contatto umano le chiacchiere con le infermiere, Sonia soprattutto. Una bionda sempre stupidamente allegra, magra come un chiodo e con una parlantina che avrebbe sfinito chiunque. Entrava nella stanza parlando, compiva ogni singolo gesto senza mai chiudere la bocca e poi si fermava sempre svariati minuti accanto alla porta aperta prima di uscire: i suoi discorsi non potevano certo esaurirsi nello spazio di quei brevi controlli. Però era rilassante a volte, sentirla blaterare del figlio perennemente in rotta di collisione con lei, del marito che apparentemente non capiva nulla e addirittura del cane che non voleva imparare a fare i bisogni nei tempi e luoghi giusti. Rassicurante. In un certo senso. La vita andava avanti no? Ed erano vite molto lontane dalla sua, peggiori se vogliamo. In un anonimo letto di un'anonima stanza d'ospedale, in attesa di una morte inevitabile e sempre più vicina, era confortante sapere di avere vissuto una vita migliore di altre. E di aver spinto chi si aveva intorno a fare lo stesso, con alterna fortuna. Era una cosa buona giusto? Sì, una cosa davvero buona a quel punto.

Improvvisamente sentì che l'aria intorno a lei era cambiata, lo percepì in maniera così netta e chiara da smettere un attimo di respirare. Non era più sola, qualcuno era entrato nella stanza. Ma la porta proprio non l'aveva sentita, non aveva percepito alcun rumore o passi, ma qualcuno era comunque seduto sul piccolo divano di fronte al suo letto. Non osò alzare la testa, in fondo non ne sarebbe nemmeno stata capace, troppo doloroso. Rimase immobile, non muoveva nemmeno gli occhi e respirava a tratti, sentendosi anche un pochino ridicola a stare lì stesa con qualcuno che chiaramente la stava osservando. Aprì la bocca per parlare e poi subito la richiuse, poteva sentire il respiro dell'altra persona: sembrava rilassata. "Ok", rifletté, "se c'è qualcuno avrà pure qualcosa da dire no? E io sono qui senza far niente. O forse è la morte, magari inizia tutto con le allucinazioni. È possibile". Si schiarì un po' la voce, come se fosse necessario segnalare la sua presenza, e poi si azzardò a dire qualcosa.

«Ai fantasmi non credo. Non c'ho mai creduto. E comunque non sono sicura che, se esistessero, respirerebbero. Ma in fondo che ne so... Eppure sono abbastanza certa del fatto che un fantasma sarebbe più educato di lei».

«Ciao Sofia. Come ti senti oggi?». A rispondere fu una voce maschile, sconosciuta e piuttosto piatta ma calda, priva di qualsiasi inflessione. Una voce calma e rassicurante, non da fantasma. O almeno questo era ciò che Sofia si ritrovò a sperare.

«Sa il mio nome. Bene. A questo punto propendo per l'allucinazione. Troverebbe fuori luogo se urlassi? O magari potrebbe presentarsi. Basterebbe anche un "piacere sono un fantasma", mi farebbe capire il livello di follia a cui mi ha portata il ronzio di questo monitor».

«Non credo abbia importanza il mio nome, non in queste circostanze almeno. Invece di urlare troverei più corretto rispondere alla mia domanda. Come ti senti oggi?».

Il fantasmaWhere stories live. Discover now