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La carrozza procedeva a scossoni lungo la strada.
Dall'interno della cabina, Cassandra sentiva la pioggia cadere sul tettuccio e sui vetri. I finestrini ad arco erano coperti da tende cobalto che non le permetteva di vedere la situazione fuori e la cosa non le piaceva, le metteva ansia. I continui scossoni facevano traballare il tavolino al centro e tutto ciò che vi era poggiato sopra, il che non le aveva permesso di bere il suo tè pomeridiano e lei odiava quando la sua routine veniva interrotta. Aveva provato a leggere uno dei libri che tenevano lì, nella biblioteca della cabina, ma non era riuscita a completare nemmeno il primo capitolo. Di solito non era un problema per lei, leggere in carrozza, nonostante il suono continuo degli ingranaggi del macchinario che la aiutava a concentrarsi grazie al suo ritmo costante, il problema in quel caso erano le strade non asfaltate di quella parte della città di Gair, il "Terzo Cerchio", gestito dalla famiglia Ios.
«Ogni volta che passiamo da queste parti è sempre la stessa storia. Cos'hanno contro una strada asfaltata per bene?»
Sua madre era rimasta seduta con eleganza tutto il tempo, senza scomporsi neanche quando la carrozza saltava a causa di un sasso sotto le ruote, non si disturbò neanche a risponderle.
Suo padre abbassò il libro che stava leggendo e lo chiuse con eleganza, dopo aver inserito un segnalibro tra le pagine: «Noi non ci facciamo domande su cosa passa per la testa degli altri, Cassandra, noi rispondiamo alle domande che gli altri ci pongono.»
«Lo so, padre, ma questo concetto del "è la vita spirituale ciò che conta, non il mondo materiale, mi manda davvero fuori di testa.»
«Questo è lo stile di vita che hanno scelto, noi non siamo nessuno per giudicarlo. Non apertamente, quantomeno.» Le fece uno dei suoi soliti occhiolini che le fece sfuggire un sorrisetto.

Odiava quel viaggio annuale, più di ogni altra cosa al mondo, avrebbe tanto voluto rifiutarsi di andare ma non le era possibile. Era l'unica figlia della famiglia Lazalum e, di conseguenza, l'unica erede, il che da un lato era una comodità ma dall'altro la obbligava a partecipare ad eventi, feste, cene e pranzo quando avrebbe voluto, invece, stare chiusa in camera sua o nella biblioteca della villa a leggere.

All'ennesimo sobbalzo della carrozza, il buon umore che aveva ritrovato per un attimo le passò subito. Bussò molto educatamente alla porta che divideva la cabina dal carro per chiedere al cocchiere: «Ardev, non si possono evitare tutti questi scossoni?» Anche il tono con cui parlava doveva essere regolato con cautela: calmo e paziente ma con una nota di autorità. La servitù doveva rispettarla, amarla e temerla allo stesso tempo.
«Mi dispiace tanto signorina, senza luce è molto difficile camminare su queste strade. Siamo quasi al confine con il territorio della famiglia Iaspis. Altri cinque, dieci minuti massimo.
Cassandra sospirò. Incrociò lo sguardo del padre che invece di riprendere a leggere il proprio libro la stava osservando.
«Tutto bene, padre?» Sostenne quello sguardo con fermezza.
«Tutto bene, Cassie, tranquilla.»

In realtà sapeva bene che lui la stava solo osservando per studiare tutti i suoi gesti, movimenti e ogni singola sfumatura del suo tono. Lo aveva sempre fatto, fin da quando lei era piccola, e anche lei aveva ormai imparato a farlo a sua volta.
«Non manca molto, sarà una lunga notte. Si sente pronto?»
L'uomo annuì: «Qualunque cosa verrà detto, voglio tu non intervenga e che osservi con attenzione. Capito? Al resto penso io.»
«Certo, padre. Parlerò solo se interpellata.»
«Benissimo. Se le cose andranno come previsto, avremo una possibilità.»

Circa dieci minuti dopo, secondo l'orologio a cucù posto all'interno della cabina, uscirono finalmente dal territorio degli Ios e entrarono in quello degli Iaspis, il secondo cerchio della città nonché il territorio più piccolo tra i sei.
Cassandra finalmente poté sbirciare dalle tende: in lontananza poteva vedere la fortezza di Gair, dove una volta si trovava il castello, quando la città era ancora governata da un re, con le sue alte torri, freddo e privo di vita, ormai divenuto un'accademia per addestrare la guardia cittadina.
Tutte le case di quella zona della città in realtà erano in pietra, segno di continuità con il cerchio precedente che bene o male manteneva lo stesso stile di vita: freddo e austero, incentrato sul rispetto delle regole. Non capiva davvero come la gente potesse decidere di vivere in quel modo ma era sempre più accogliente del primo cerchio, dove arrivarono dopo un altro quarto d'ora di viaggio.

Le sei Gemme di GairDove le storie prendono vita. Scoprilo ora