XV. Gli incubi (erano solo segreti non detti) - Parte 2

Start from the beginning
                                    

Sono entrati in una sorta di anticamera, che sembra più una cappella: nota l'ingresso verso la chiesa, che sembra parte integrante di quel luogo. Dinanzi a loro, due larghi corridoi dalle pareti levigate. Forse, un tempo, quegli spazi appartenevano a una cava di tufo; per ampiezza e maestosità, però, ricorda più la navata di una chiesa.

Vi è una sorta di verticalità sacrale, là dentro, che indirizza lo sguardo verso l'alto, verso il soffitto appena visibile, come a scorgervi un affresco o l'illusione dipinta di un cielo stellato.

Quella è un'enorme cattedrale, più che un cimitero. Anzi, una cripta gigantesca. Una catacomba, in effetti, con la quale condivide l'odore umido del tufo, coperto dalla traccia sporca di molti ceri accesi e da quella stordente dell'incenso.

È solo quando le sue pupille si abituano alla luce fioca e si appuntano sulle pareti, che trova la definizione più corretta, mentre un rivolo gelido gli si arrampica sulla schiena e gli strizza il fiato in gola.

Orbite vuote lo fissano da ogni angolo, a corredo di ghigni spenti e nasi forati; curve ossee si intersecano e accavallano, formando un macabro mosaico di forma indistinguibile lungo le pareti, un'anatomia umana che diventa tutt'uno con le viscere di quel luogo.

Teschi. Migliaia e migliaia di teschi occhieggiano nella semioscurità.

Ritrova la voce dopo qualche secondo, e non suona così ferma come vorrebbe:

«È un ossario.»

«Più o meno. Qua ci stanno morti di peste.» Maione parla poco più udibile di un lieve mormorio. «Gli ecclesiastici stanno nell'altra navata e di qua,» fa un gesto alla loro destra, in un'alcova ancor più buia, ma ravvivata da uno sciame di fievoli fiammelle, «i poveracci e i disgraziati, quelli senza nessuno.»

Ricciardi fissa il buio punteggiato di quelle che appaiono come lucciole tremule e congelate a mezz'aria. Poi, rivolge di nuovo lo sguardo di fronte a sé, a scrutare quel luogo mastodontico nel suo peso di morte; eppure, così calmo. Anche quello è solo un altro cimitero, in fin dei conti, sebbene qui vi si aggiunga una tinta più cupa.

I cimiteri normali esortano al silenzio e al quieto raccoglimento. Questo, invece, sembra esigere un rispetto assoluto, incontestabile; sembra ammutolire ogni suono vi osi entrare, divorato dalle pareti vertiginosamente alte e dalle schiere ordinate di teschi, eterne sentinelle di quel luogo che, seppur dominato dalla morte, sembra rinfocolare una stilla di vita ben palpabile. Ne sono testimonianza i fiori, freschi o rinsecchiti, i rosari che adornano alcuni crani, i ceri accesi, le teche che sembrano custodire alcuni resti.

Ciononostante, appare deserto. In cuor suo, però, non saprebbe dire se il fruscio costante che ode sia solo il vento intrappolato nelle cavità tufacee della collina, o un bisbiglio umano; o, forse, spettrale.

Si volta di colpo a un lieve movimento di Maione, che è semplicemente avanzato di un passo, e si attira lo sguardo interrogativo del brigadiere.

«Facciamo un giro di perlustrazione,» si schiarisce appena la voce, a mascherare il suo scatto; si sente già i nervi logorati.

«Qui ci saremmo dovuti venire con la Squadra Mobile al completo,» commenta Maione, che aveva già suggerito tale mossa mentre lasciavano la Questura.

«Lo so,» sospira piano Ricciardi, «ma non posso permettermi un buco nell'acqua, nel caso il nostro sospettato non sia qui, cosa che temo. Non so quanto spazio di manovra mi verrà ancora concesso, ma suppongo sia molto poco.»

A dire il vero, è inesistente. Può quasi sentire l'OVRA che freme nel buio assieme ai teschi, in agguato, pronta a balzare.

È stato già un rischio notevole perder tempo per rintracciare Corrado Sannio: un uomo insignificante e non particolarmente acuto che, dopo un gran infervorarsi di Maione e l'implicita minaccia d'esser messo agli arresti, aveva infine confermato di non essere stato di guardia la notte del delitto, su ordine di Gigliolo stesso. Avendone poi ritrovato il cadavere la mattina seguente, aveva ben pensato di tenere per sé quel fatto, in un notevole sfoggio d'ottusità.

La Ruota degli AngeliWhere stories live. Discover now