La Rupe

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-PROLOGO-

Ed ora passiamo agli unici motivi per cui davvero vale la pena di raccontare questa storia.
Una storia che non avrei mai sognato di dire e che invece esce fuori dalla mia testa attraverso questa penna nera.
I motivi sono tre e si racchiudono in tre parole, ovvero sogno, solitudine e serenità.
La storia è breve e l'ho racchiusa in tre paragrafi.
Si può leggere separatamente, poiché ogni pezzo è a sé stante, ma insieme creano un'unica linea temporale.

-SOGNO-

È bello sognare, forse lo è anche più del sesso, ma per Sarah era diverso. Per lei sognare era diventata la causa della sua rovina.
Il sognare continuamente l'aveva portata ad un allontanamento dalla realtà per seguire Chimere inesistenti, personaggi fantastici, Demoni irreali.
Se le chiedeste com'è iniziato tutto, lei vi direbbe che cominciò a sognare perché non sopportava udire le grida dei suoi genitori.
Un motivo banale si potrebbe dire e, in effetti, lo è.
Il suo voler fuggire era dovuto al suo essere essa stessa una banalità. Non amava affrontare le situazioni a meno ché non si parlasse dei Demoni e Stregoni che coloravano il suo immaginario.
I genitori, esasperati da tale rifiuto della realtà da parte della figlia, la mandarono da quello che per lei fu un potente Demone capace di manipolare la mente altrui, ovvero lo psicologo.
Costui era una lei dai capelli come il fuoco e gli occhi come il cielo, ma per la nostra sognatrice, quella donna, era la creatura più deforme e orrenda mai vista prima. Una creatura che per fortuna poteva vedere solo Sarah.
Il primo approccio di questo Demone fu di capire Sarah cosa pensasse della sua famiglia facendole paragonare ogni membro della famiglia ad un personaggio dei suoi sogni.
Sarah ci pensò un attimo prima di rispondere. Non voleva farlo ad essere onesti, ma la sua ingenuità la portò a parlare con la dottoressa che la ascoltò interessata tutto il tempo.
Sarah paragonò i familiari a creature diverse per affinità e fu sorprendente vedere la capacità di associazione di una bambina di appena sette anni.
Il padre, Roberto, fu paragonato ad un giullare di corte, la madre Rosa ad una Shamana mentre il fratello piccolo ad un consigliere maligno.
Inutile dire che Sarah si paragonava all'eroina solitaria di questo Mondo.
Inizialmente la faccenda sembrava mettere in risalto una dote particolare di Sarah, ma a distanza di dieci anni anni ciò rappresentò un disturbo serio della personalità.
Sarah aveva rigettato categoricamente la realtà e tutto ciò che le accadeva la faceva fuggire nel suo Mondo immaginario.
Non era né autistica né affetta da qualche handicap, era semplicemente una adolescente sconnessa dalla realtà. Viveva due vite separate e quella che doveva essere la realtà, per lei era un Incubo da cui uscire il prima possibile.
Altri dottori, nel corso del tempo, videro Sarah, ma tutti avevano la stessa opinione. Opinione che dopo dieci anni persistette nonostante la diagnosi fosse cambiata in 'il soggetto rifiuta la realtà'.
Ormai i genitori erano esausti e non sapevano più che fare.
Smisero di mandarla dagli psicologi, stanchi di sentire sempre le stesse parole e provarono a risolvere il problema da soli.
Compresero poco più tardi che Sarah capiva bene la realtà e che era proprio per questo che la rifiutava.
Era un paradosso quasi ironico.
All'età di vent'anni, Sarah riuscì a distruggere la Shamana, il giullare di corte ed il consigliere maligno. Tuttavia fu portata in un grande palazzo bianco, confinata in una cella dove fu osservata giorno e notte dai Demoni deformi.
Viveva nel suo Mondo adesso e se pur era anch'esso un Incubo, Sarah lo preferiva alla realtà.

- SOLITUDINE -

Da quando Sarah era entrata in quel palazzo bianco che altro non era che il manicomio della città, erano passati trent'anni ed ormai non sembrava avere più alcun ricordo del suo passato, né reale né irreale.
Agli inizi i suoi genitori la andavano a trovare, poi vedendo che la ragazza non li riconosceva più hanno preferito abbandonarla.
Addirittura, per darsi pace, sembra avessero inscenato un funerale in suo onore.
A monte di ciò, si sospettò che il rifiutare la realtà fosse un qualcosa di genetico.
Tornando a Sarah, che ormai aveva cinquant'anni, ci si accorse di come fosse isolata da ogni contatto esterno, restando impassibile alle varie torture a cui veniva sottoposta.
Non era un vagare, anzi interagiva con vigore alle varie attività di gruppo ed anche la sua attività mentale era molto sviluppata. Tuttavia si notò che sembrava essere diventata un'automa.
A conti fatti, il paziente non percepiva né dolore né piacere, ma rispondeva agli impulsi esterni quasi per riflesso incondizionato.
La concezione della realtà era ormai nulla, ma stranamente anche quella fantastica lo era diventata.
Sembrava quasi che più la realtà moriva più la sua concezione di realtà subita la stessa sorte.
Un caso simile non era mai accaduto. Sarah sembrava letteralmente un Robot. Non aveva crisi e neppure sbalzi d'umore.
Dopo un po', anche i dottori più sconsiderati mollarono, vedendo che nulla più la toccava.
Nessuno poteva dire se stesse bene o male o a cosa stesse pensando.
Si poteva solo dire che Sarah Spensierata non aveva alcun problema, che forse non meritava di stare in quel luogo per pazzi.
Agli atti, racchiuso in un piccolo fascicolo, vi è però un'unica reazione provata dal paziente, si spera, in un momento di coscienza.
Fu molto insolito e semplice a cui nessuno prestò attenzione.
Sarah pianse.
Pianse un'intera notte invocando il nome dei suoi genitori, Roberto e Rosa.
Probabilmente quello fu un momento in cui la ragazza comprese la vera identità di quella situazione. Tuttavia era tardi.
A quel tempo i genitori l'avevano già abbandonata e data per morta.
Quella notte fu anche il momento in cui perse definitivamente contatto con la realtà.
Forse, se i genitori fossero andati a trovarla, quando i medici glielo chiesero a seguito di quell'accaduto, Sarah sarebbe stata rimessa già da ventisei anni.
A parte quest'attimo di emozione non ve ne furono altri. Il paziente sembrò essere sempre passivo agli agenti esterni, come fosse manovrato da altra mano.

Avendo un'età avanzata e non avendo dato mai alcun problema, si decise di far uscire il soggetto dalla cura.
Non vi fu alcuna reazione da parte di Sarah al momento dell'addio. Restò impassibile come sempre.
Era finalmente libera da quel castello bianco, abitato da Demoni deformi, ma ormai per Sarah non esistevano già da molti anni, come anche gli psicologi.

- SERENITA' -

Tutto ha una fine, anche e soprattutto i Sogni con cui è cominciata questa storia.
Sarah ormai è anziana, eppure i suoi occhi non lasciano trasparire né passato né presente.
Lenta cammina per quel vialetto che porta sui pendii di una ripida scogliera.

Quando Sarah uscì dal manicomio, non tornò dai suoi genitori che ormai erano morti, bensì dal fratello e affidata alle sue cure.
Visse bene e non ebbe da lamentarsi mai, ma qualcosa, come una vocina seducente, la chiamava, la invitava, ad andare su per quel vialetto appena battuto e infittito da una foresta da entrambi i lati, situato dietro la villetta del fratello.
Sarah dormiva proprio nella stanza che dava su per quella stradina sottile come una lametta e, in alcune notti, si soffermava a fissarla sorridente.

Ora, finalmente ha raggiunto quella scogliera che la vocina le diceva di raggiungere. Tuttavia quella voce adesso tace.
Dinanzi a Sarah si estende un grande ed immenso mantello blu.
Lo guarda affascinata, come rapita da quella visione ed avanza dei passi, prima di perdersi per sempre in quel manto blu.

"Sono la Dott.ssa Sarah Spensierata e vi ho raccontato la mia condizione mentale, meglio di chiunque altro dottore."

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