*

"Dovresti venire" disse Kat, in attesa del suo turno al bancone in sala mensa.
"E in cosa consisterebbe questo magnifico sabato sera a Jackson Hole?" le domandai scettica.
Non ero sicura che l'idea di uscire fosse da prendere in considerazione.
"Non è che ci sia molto da fare qui" rispose Briget, controllando il trucco nello specchietto che stringeva tra le dita. "C'è solo il Milton Dollar, ed è lì che di solito si incontrano tutti."
"Non sono propriamente un tipo da locali" sussurrai.
Ero poco interessata alla conversazione, i miei pensieri erano rivolti altrove. Precisamente alla zona in fondo alla grande mensa, dove Mike e Jamie erano seduti per il pranzo.
Non fu il volto meno teso di Jamie ad attirare il mio sguardo, ma la ragazza accanto a lui.
Era la stessa che mi aveva parlato nell'aula di scienze naturali
"Chi è lei?" chiesi.

"Oh lei," rispose Pamela che mi stava tenendo d'occhio. "È Mad, la figlia di Sten. Sono perfetti assieme, vero? Un concentrato di tremenda avvenenza da far invidia a chiunque."
Era vero.
Mad e Jamie, seduti vicini, uno accanto all'altra, erano un mix micidiale di eterea bellezza.
Lei con i capelli ordinati e il viso rotondo, lui con quei ciuffi neri e scompigliati posati sul candore della pelle.
Entrambi avevano in controllo così sicuro dei movimenti, della postura, nel modo schiudere le labbra nel pronunciare ogni parola, da far piegare chiunque di fronte alla potenza del loro carisma.
Mi sentii distante, come un corpo rotto che rimpiccioliva a loro cospetto. Non che mi disturbasse risultare tanto insignificante, ma qualcosa mi punse l'animo, osservandoli.
La spina di un rovo che mi era improvvisamente cresciuto sul cuore.

Ero colpita dall'empatia che fluiva tra loro, invisibile ma concreta, mi faceva ribollire il sangue.
Mad addolciva i tratti aggressivi di Jamie, era evidente dal modo in cui le si rivolgeva, dalla disinvoltura con cui le sedeva accanto.
La sua presenza non lo metteva a disagio, non tirava fuori il suo lato peggiore: quello lo aveva riservato solo a me.
Mi chiedevo come sarebbe stato tra noi se fosse riuscito ad accogliermi con più calore, ad accettare senza riserve la mia presenza a Jackson Hole. Forse sarebbe stato semplicemente tutto meno contorto e difficile.

Inviai un messaggio a Finn per informarlo che non sarei passata da lui dopo la scuola.
Era stata una mattinata strana, avevo la sensazione di avere bisogno di recuperare le fila della mia esistenza in brandelli.
Era come cavalcare un cavallo impazzito, io bramavo calma, ma seduta sulla sella, percepivo solo lo scalpitio degli zoccoli e nessuna ferrea presa delle redini.
Mi avviai verso casa, deviai sul sentiero poco prima di arrivare.
Mi concentrai sul suono dei passi sulla neve, le nuvole si stavano addensando nel cielo e grandi fiocchi cominciarono ad appoggiarsi sui ciuffi rossi che mi ricadevano scomposti sulle spalle.
Respirai il silenzio.
E fu un sollievo.
I polmoni si aprirono e trattennero aria senza il minimo impedimento.

Mi scosse ripensare al professor Milton, al modo in cui avevo reagito alle sue parole, ai suoi occhi puntati addosso.
Non doveva capitare di nuovo, dovevo essere più forte, più sicura, più intenzionata a tornare in vita.
Se Jamie non fosse intervenuto forse non sarei riuscita a impedirmi di piangere, o forse sarei rimasta richiusa troppo a lungo in quello stato di ingiustificata apatia da garantirmi l'appellativo di pazza ragazza irlandese.
Seduta su un enorme masso sulle sponde dello Snake fissai l'acqua limpida, la neve ne sfiorava la superficie per poi sparire d'improvviso.
Era bellissimo realizzare come due forme diverse ma composte dallo stesso elemento, potessero riconoscersi e fondersi l'una con l'altra senza alcun attrito.
Aprii lo zaino e presi la macchina fotografica.
Catturai i lunghi fili d'erba che resistenti spuntavano dai cumuli ghiacciati sotto gli alberi, poi il fondale del fiume da cui si scorgevano le infinite tonalità di grigio, le orme che i miei passi disegnavano sulla neve, e la casa di Finn, un'immagine calda spezzata dai fitti tronchi disseminati sul sentiero.
Feci così tante foto, trovai così tanta bellezza che neppure mi accorsi di aver terminato gli scatti.
Provai a ricaricare, ma la leva inceppata non me lo permise.
Sten doveva essere ancora aperto, così mi diressi di nuovo in città.

La porta tintinnò quando entrai.
"Già di ritorno!" disse Sten, da dietro il bancone.
"Non so come ricaricare il rullino." Mi avvicinai, porgendogli la macchina fotografica. "Se la apro ho paura che la luce rovini gli scatti."
"Beh, è proprio così, piccola Bride." Afferrò la leva sopra l'obiettivo e cominciò a riavvolgere il nastro.
Seguii i suoi esperti movimenti per imprimerli nella mente, poi riposi la macchina nello zaino.
Non mi accorsi del nuovo tintinnio del campanello sulla porta.
"Dovresti pensarci veramente" sentii dire alle mie spalle. "Vinceresti di sicuro. E non fare il modesto, lo sai anche tu."
Riconobbi la voce di Mad e quando mi voltai fu impossibile non notare il corpo slanciato di Jamie alle sue spalle, la superava di una spanna.
"Grazie Sten!" dissi, raggiungendo l'ingresso a grandi passi.
Mad mi guardò confusa, il mio goffo tentativo di sparire in fretta doveva averla sorpresa, ma c'era una cosa che lei non sapeva, la prestante figura dietro di lei che mi stava fissando nervosamente mi aveva quasi colta sul fatto.

Mad mi guardò confusa, il mio goffo tentativo di sparire in fretta doveva averla sorpresa, ma c'era una cosa che lei non sapeva, la prestante figura dietro di lei che mi stava fissando nervosamente mi aveva quasi colta sul fatto

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The Untouchable LoveWhere stories live. Discover now