Capitolo 10 - La Stanza E' Fredda

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"E' lei... Edoardo Colanio?"

Quando erano arrivati, io decisi immediatamente di seguirli. Non so ora perchè lo avessi fatto così rapidamente, era il semplice fatto che in vita mia non avevo avuto niente a che fare con la polizia, e quindi ero abbastanza spaventato, e quando si è spaventati di qualcosa, si fa semplicemente quello che pare più conveniente, no?

Quindi fu quello che feci, e scoprii che anche i miei genitori erano stati contattati riguardo alla cosa, e scoprendo che anche i miei genitori sapevano che la polizia mi stava cercando per un qualsiasi motivo, non avevo più niente di valido da dire all'interno di me stesso per convincermi a fare qualche sorta di ribellione.

Mi presero e mi portarono fuori dal paese. Ero però consapevole di non essere il responsabile di nessuna sorta di crimine, anche perchè mi avevano assicurato che si trattava solo di una richiesta di interrogatorio, e nonostante non fosse assolutamente più rassicurante, non potevo che avere un minimo di sollievo, nonostante rimanessi estremamente nervoso.

Ero uscito dal paese da un po' di tempo ormai, e mi trovavo in un luogo che non conoscevo, con persone che non conoscevo, senza i miei genitori.

L'ultima cosa che mi ricordo è che mi fu chiesto di rimanere in questa stanza, in questa sporca stanza, senza neanche avere una minima idea del perché, del perché dovessi rimanere in questa stanza.

Non potevo che temere, ovviamente, che cosa si sarebbe potuto fare nella mia situazione? Non sapevo perchè mi trovavo dove mi trovavo, volevo disperatamente saperlo ma non potevo, e proprio questo credo accentuasse come mi sentissi, ma fortunatamente quel sentimento si chiuse relativamente in fretta, grazie al semplice fatto che ebbi presto compagnia.

Un uomo, che non avevo mai visto prima, entrò nella stanza, e io non potevo far altro se non fissarlo, mentre lui condivideva l'azione.

Era un omone, e non stavo scherzando, lo era per davvero questa volta, e non poteva in nessun modo avere meno della mezza età, per quanto paresse una cosa cattiva da fare. Si muoveva in modo lento, davvero lento, ma non ero sicuro se fosse una mia impressione o semplicemente un qualcosa di oggettivo, ma era un tipo abbastanza grassottello, quindi probabilmente era la mia impressione che da quel fatto traeva un minimo di spunto. Si incamminò con una calma e tranquillità disarmante verso un angolino della stanza, prendendo una sedia che mi pareva, poveretta, anche abbastanza rovinata.

In quel momento osai parlare, perchè quei tre giorni di gioco e spensieratezza mi avevano viziato, e avevo in essi indirettamente imparato come parlare.

"Cosa... Succede?"

"Eh?" L'omone si era sorpreso a sentirmi parlare. Si voltò verso di me, prendendo la sedia e avvicinandosi.

"Perchè sono qua?"

"Te lo spiego adesso."

Si sedette immediatamente, e io e lui ci guardammo in volto.

Il suo viso era rugoso, e mi pareva anche stanco. Ovviamente il viso complimentava la corporatura, era un faccione rotondo con dei baffoni bianchi stampati sopra, e la cosa mi faceva abbastanza ridere. Mi pareva uno stereotipo di un poliziotto grassone, gli mancava soltanto la ciambella. E nonostante fosse un pensiero divertente, non era il momento degli scherzi.

"Come ti chiami?"

"Eh?"

"Come ti chiami?" La domanda era secca, e la ripetizione mi dava l'idea che avrebbe potuto ripetersi altre duecento volte non fossi stato in grado di sentire.

"Edoardo... Ma, non sapete già il mio nome?"

"Non sei tu a far le domande." Dimenticai dove mi trovavo, e realizzai che forse dovevo starmene un po' più zitto del solito.

StomachevoleWhere stories live. Discover now