Odoroki.

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Scott avanzò piano, aggrappandosi psicologicamente al contatto dei suoi polpastrelli con la pietra fredda. Scivolò lungo la parete, accertandosi di avere ancora Rose subito dietro di sé.

Ad ogni passo dalla caviglia partivano delle scosse di dolore che arrivavano fin alla punta dei capelli. Si morse il labbro, cercando di pensare ad altro. Mike e Sam erano spariti, scomparsi. Quando loro si erano svegliati nel bel mezzo di un'arena, loro due mancavano all'appello.

   Dopo lo scontro con le tigri, lui, Rose, Madison, Stiles, Lydia, Alexandra e John si erano addentrati in un tunnel di pietra. Avevano messo K.O. due tigri gigantesche facendole scontrare fra loro. Tutto questo ovviamente facilitato dal potere di Stiles, di evocare l'acqua e di Rose, che giocherellava con le fiamme. Sembrava persino divertita. Finché una tigre non le aveva quasi mozzato un braccio.

Acqua e fuoco, poof vapore! Con questa arma segreta erano stati in grado di vincere.

Poi era stato il turno delle pareti che si restringevano, in quel maledetto tunnel che puzzava di cacca e marcio. Erano scampati a quella trappola per miracolo, girando una torcia strana ed entrando in una specie di apertura che si era formata fra i massi grigi e consumati.

Avevano camminato spiaccicati contro la parete per ore, in modo da non perdersi nel buio o incappare in altri spiacevoli contrattempi.

Scott sospirò. Ancora non aveva capito qual era il suo potere, e ancora non si era reso utile. Voleva davvero aiutare i suoi compagni, ma più tentava di comportarsi da eroe, più disastri combinava.

Alexandra lo aveva salvato buttandolo di lato, mentre lui era rimasto imbambolato. Aveva rischiato la pelle per lui e lui si era anche slogato la caviglia. Così aveva proposto di guidare la spedizione nel tunnel della morte, per guadagnare qualche punto.

«Ben venga!» aveva detto Madison. «Un culo in meno da salvare!» e Scott si era sentito davvero tanto, troppo inutile.

Continuò a camminare assorto nei suoi pensieri.


Si scontrò contro qualcuno. Cercò di non farsi la pipì addosso e di mantenere la calma. Qualcuno aveva urlato "Ahia!". Trattenne il respiro, inutilmente. Gli afferrarono il polso. Era nel panico, in iperventilazione.

Stava per gridare e menare calci all'impazzata.

«Sam?» bisbigliò Rose dietro di lui. Scott si accigliò, corrugando le sopracciglia e cercando di intravedere nel buio il viso che aveva difronte.

«Rose? Sei tu?» Scott fu preso da un attacco improvviso di euforia e abbracciò la ragazza. «Beta!» l'altra ricambiò l'abbraccio, incredula. «E-ehi, Scott!»

Scott era davvero sollevato. La presenza di Sam lo faceva sentire protetto.

«Mike è ferito, e sanguina abbondantemente.» annunciò la Beta, in tono cupo. «Abbiamo camminato fin qui, dietro non c'è nulla. Ci siamo attaccati alla parete e siamo arrivati qua.» dietro di lei si udì un lamento soffocato.

Scott sentì la mano di Rose stringersi attorno alla sua. Fu così sorpreso che dovette trattenere a stento un gridolino.

Arrossì fino alla punta delle orecchie, almeno in quel tunnel era tutto buio. Avrebbe volentieri evitato una figuraccia.

Alexandra, ultima della fila, si alzò in punta di piedi.

«Che si fa allora?» Sam corrugò la fronte, già... che si fa?

Quel tunnel era una trappola, non c'era niente, se non le due uscite all'estremità, per niente ospitali.

«Rose, hai provato a fare un po' di luce?» disse Sam, cercando con gli occhi l'amica, ma non vedeva proprio nulla.

«No, abbiamo pensato che fosse stato meglio restare in incognito, per evitare altri incidenti o attacchi indesiderato...» la presa attorno alla mano di Scott si strinse.

Rose non sapeva perché l'aveva fatto, sapeva solo che quel contatto la scaldava, la faceva sentire al sicuro. Anche se, a dirla tutta, Scott non era il tipico eroe medievale con spada e scudo, le piaceva.

«Dobbiamo far luce e staccarci dal muro, guardiamoci attorno.»

Scott avvertì la mano di Rose scivolare via, e un'enorme sensazione fredda di vuoto che prese il suo posto. Si udì uno scoppiettare, poi il volto di Scott venne illuminato dalla luce fioca delle fiamme che danzavano nella mano di Rose.

Il suo viso era carino, colorato di arancione. I capelli neri sembravano splendere nel buio, così come la sua pelle.

Scott sorrise imbambolato, guardandola. Poi la ragazza spalancò gli occhi esterrefatta e Scott, spaventato a morte, si voltò, seguendo il suo sguardo. Sulle pareti si accesero a scatto centinaia di lampade, incastonate nella pietre, trenta centimetri più in alto della sua testa.

Si trattenne a stento dal vomitare. Non poteva credere ai suoi occhi. Aveva camminato per ore appiccicato alla parete umida, avvolto nel buio più totale, e non aveva minimamente immaginato che si trovasse su una delle sei pareti di una sala immensa.

I suoi occhi si abituarono alla luce dopo un po' di fatica, e i suoi occhi poterono scorgere la sala esagonale nel suo insieme. Il soffitto era altissimo, a cupola, irraggiungibile. Le pareti di pietra chiara, marmorea, illuminata dalla calda luce arancione del fuoco. Non bastava comunque, perché quel posto continuava ad avere un'aria spettrale. Bianca, immensa, come circondata dalla nebbia. Le colonne che costituivano lo scheletro della sala erano tondeggianti, con capitelli in stile corinzio, pieni di ghirigori e spirali.

I suoi occhi scesero verso il basso. "Voglio morire." Si disse. Davanti a lui, sul pavimento cristallino, quasi trasparente, apparentemente di vetro, migliaia e migliaia di corpi giacevano per terra, occupando quasi tutto lo spazio. Erano corpi morti. Donne, bambini, uomini, anziani, tutti vestiti di bianco erano stesi a terra in posizioni scomposte, gli occhi vitrei aperti, come fossero stati fulminati all'improvviso.

Il volto di Lydia era rigato dalle lacrime. 

   Le porte, dove erano finite le porte?

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