Kyōfu.

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Sam ci provò. Provò a descrivere tutto ai suoi amici, quello che aveva visto, quello che aveva provato quando Brenda le era saltata addosso selvaggiamente. Di quanto aveva avuto paura della morte. Dello sguardo agonizzante della donna, e delle sue grida. Tutti la guardarono, a metà fra le perplessità e lo stupore.

«Quindi mi stai dicendo che una tizia pazza ti si è buttata addosso in una stanza che non esiste e ti ha dato anche un biglietto?» Sam avrebbe voluto strozzarla. Madison non sapeva mai quando era il momento di chiudere quell'enorme boccaccia.

«Sì, mi ha dato questo.» disse mostrando il foglietto bianco agli amici. Un numero, un solo grande numero era scarabocchiato in nero in fretta e furia: 4 e la parola: ricordami.

Mike aggrottò le sopracciglia. «Cosa può significare?» Sam fece spallucce.

«Non ne ho idea...»

Poi parlarono della situazione nella quale erano intrappolati, e per la prima volta Sam andò nel panico. Non ricordava nulla, niente di niente. Come tutti gli altri. La voglia di riavere i propri passati creava una voragine nella stanza e nei cuori dei ragazzi, piena di elettricità statica, pesante come un macigno. Era tutto così triste e vuoto, Sam se ne rese conto allora.

Parlarono, si sfogarono, Lydia pianse, tutti cercarono di essere uniti, come una vera squadra, di consolarsi a vicenda. "C'è un traditore fra noi." Si ricordò Sam, scrutando Madison con la coda dell'occhio, mentre con una mano accarezzava il volto di Lydia rigato dalle lacrime. «E' così brutto avere nostalgia di qualcosa che non puoi ricordare.» diceva, ed era vero. Era tutto così deprimente.

La Tenente entrò nella sala, interrompendo il pianto collettivo e il fluente scorrere dei pensieri di Sam che le inondavano la mente.

«Che state facendo, teste di rapa? Vi sembra questo il momento di piangere? Forza, andiamo, la seconda prova vi aspetta.» Sam rabbrividì. Si era completamente dimenticata della prova. Lydia l'abbracciò, stringendola forte. Quella ragazza era a pezzi, non era pronta per una prova. Sam ricambiò l'abbracciò, lisciando i suoi capelli rossi che profumavano di fragola. Era tutto così triste.

Quando l'ago gigante trapassò la pelle di Sam, rabbrividì. Il liquido verdastro prese a scorrerle nelle vene. Si sentiva intorpidita, disorientata. La Tenente la guidò verso la Sala delle Prove, esattamente come la prima volta. Aprì la porta e la spinse dentro.

Una ventata di aria calda investì il volto di Sam. Aprì gli occhi lentamente, facendosi ombra con la mano, per via della fortissima luce che la circondava.

L'aria era come calore in polvere, piena di fiamme bollenti. Sam abituò gli occhi, che subito si scontrarono contro uno scenario terrificante. Sam era in piedi, inerme, senza armi con cui difendersi, su un piedistallo di marmo, in mezzo ad un'arena gigantesca.

Il pubblico esplose in un fragoroso applauso. Le urla eccitate degli uomini penetrarono le orecchie di Sam, le mancò il respiro. L'arena era così grande e lei, in mezzo, era così piccina.

Qualcuno le afferrò il polso. Sam sobbalzò e trattenne un urlo, era Mike. In piedi accanto a lei. Come aveva fatto a non accorgersene?

«Che ci facciamo qui, Mike?» il ragazzo la guardò cupo, con quegli occhi verdi così brillanti e belli, ma pieni di preoccupazione. La presa intorno al polso di Sam era ferrea e stretta, come se lui non volesse lasciarla andare.

«Nulla di buono.» Sam si guardò attorno. Erano circondati da una mare vasto di polvere giallognola contornata da immensi spalti pieni di persone vestite in modo stranissimo: con tuniche di tutti i colori e vestiti davvero insoliti.

Romani! Ecco cos'erano, romani. Sam spalancò gli occhi.

«Mike, questo è il Colosseo.» Sam fece scivolare la mano dalla presa di Mike e la strinse attorno la sua. «E noi siamo i gladiatori.»

Fu un attimo. Un solo istante. Sam venne sbalzata via, crollando come un sacco di patate sulla terra calda. Il piedistallo sotto di loro era esploso, assieme agli applausi del pubblico. Sam era stata scaraventata in aria assieme ai detriti di roccia per poi piombare nella polvere. Si rialzò a fatica, tossendo.

«Mike!» lo cercò disperatamente con gli occhi. Si era alzato un nuvolone di polvere, che impediva a Sam di vederlo. Non c'era.

«Mike!» Sam provò a muoversi, ma non ci riuscì. Delle pesanti catene di ferro le bloccavano le caviglie. Sam andò in iperventilazione. Urlò, cercando di divincolarsi e di liberarsi da quella morsa di ferro che le impediva di muoversi.

Un ruggito. Sentì un ruggito, forte, famelico, scuotere la polvere. Avrebbe tanto voluto piangere, vomitare e implorare pietà.

«Mike!» tentò ancora. Aveva bisogno di lui.

«Sam!» Sam spalancò gli occhi, continuando a girarsi, lo individuò, molto più lontano, incatenato per le mani. Le si strinse il cuore, come avrebbero fatto a liberarsi? Un altro ruggito fece tremare Sam. E poi... non erano nemmeno soli.

Gli spettatori continuavano a scalpitare, ad urlare e battere le mani convulsivamente. La ragazza avvertì le budella aggrovigliarsi. Sulle pareti dell'arena qualcosa si mosse, cigolando. Era un cancello di metallo nero.

«No...» ne uscì un'ombra informe proiettata dal sole cocente. Una grande macchia nera in trepidazione. Si avvicinava.

«Mike! Cosa devo fare?» spirito di iniziativa: zero. Sam provò ancora a liberarsi dalle catene, ma più tirava, più sembravano stringersi. Urlò per la frustrazione.

Un luccichio sinistro le riportò gli occhi nell'ombra nera poco distante. Zanne, zanne bianchissime e affilate come coltelli. Sam resistette per poco all'impulso di vomitare tutti i broccoli che aveva nello stomaco. Due piccoli occhi neri, pieni di ira le si puntarono addosso. Un ruggito tremante e gorgogliante, come un lamento affamato.

La ragazza non credette ai propri occhi. Quello non era un leone normale, era forse tre volte più grosso. La pelliccia lucente era a tratti macchiata di rosso. Dalle zanne colava una bava densa e disgustosa.

Camminava piano piano, come se per spuntino gli bastasse gustare la vista di Sam, immobile, terrorizzata, divorata dalla paura. La bestia sembrava sorridere divertita, mostrando quell'infinità di zanne letali tutt'altro che amichevoli.

"Pensa Sam, pensa diamine!" Provò di nuovo a strattonare i piedi, abbandonando la prudenza. Doveva liberarsi, ad ogni costo.

Quelle maledette catene che sprofondavano nel terreno sembravano stringersi attorno alle sue caviglie più lei tirava. Poi una lampadina le si accese nella mente, come un'illuminazione.

«Mike! Mike! Non dobbiamo tirarle via! Dobbiamo solo sfilarle, Mike!» il ragazzo era nel panico più totale, continuava a tirare le mani, come in preda alle convulsioni. Non era lucido, non riusciva a riflettere. Il pensiero di poterlo vedere agonizzante fra le fauci del leone scosse Sam.

Lentamente, sfilò il piede dalle catene, poi il secondo, piano. Esse sembrarono allargarsi, come ingentilite, per farla passare. Il leone continuava ad osservarla, come per studiare la sua preda. Sam mandò al diavolo tutti e si precipitò correndo verso Mike.

Il leone scattò con lei.

Angolo Autrice: Siamo già arrivati al capitolo 20, non mi sembra vero. Al capitolo VENTI! E poi quelle 4000 visualizzazioni... Sono felicissima ragazzi, davvero! Siamo solo all'inizio e se io sto continuando a credere in me e in Sam, in questa storia il merito è solo vostro. Non smetterò mai di ringraziarvi, grazie di tutto.

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