Prelevai quindi i miei occhiali da sole e le chiavi dell'auto prestata dagli Aubert, entrambi adagiati nello svuotatasche; infilai tutto nelle tasche del pantalone comodo e mi affrettai a uscire dalla suite.

Erin non aveva idea del fatto che avessi il giorno libero, pensai avviandomi in direzione dell'ascensore. Non dubitavo della sua felicità non appena mi avrebbe visto fuori all'asilo, così come ero certo della gioia che avrebbe provato nel sapere che avremmo trascorso l'intera giornata insieme. La bellezza del nostro rapporto era l'unica ovvietà di cui ancora facevo tesoro.

In ascensore, selezionai il piano sotterraneo, nonché il parcheggio custodito dell'hotel dove avrei trovato il SUV. L'idea di guidare un'auto così costosa, e per giunta non di mia proprietà, mi terrorizzava, e non solo perché non avrei avuto il volante a destra come in Inghilterra. Temevo di causare anche il minimo graffio a una vettura di tal valore.

Non impiegai troppo tempo a individuare il veicolo imponente, una volta giunto al parcheggio. La carrozzeria nera lucida sottolineava la sua possenza, tanto quanto la sua altezza dal suolo conferitagli dagli pneumatici importanti e la sua forma squadrata. Avvicinandomi, sbloccai le portiere con la chiave elettronica, e le luci dei fari anteriori mi comunicarono l'apertura.

Entrare in quell'auto fu meglio di qualsiasi accoglienza ricevuta nel Principato. Gli interni in pregiata pelle marrone mi abbracciarono con il loro profumo di nuovo - probabilmente, la macchina non era mai stata utilizzata, abbandonata nel parcheggio insieme ad altre auto appartenenti agli Aubert. Quindi chiusi la portiera dopo essermi accomodato davanti al volante, anch'esso in pelle, e regolai l'inclinazione dello specchietto retrovisore. Infine, per evitare ogni sorta di fastidio dopo essere uscito dal parcheggio, mi infilai gli occhiali da sole. Il rombo del motore mi soddisfò, non appena lo avviai.

Uscii dal piano sotterraneo con lo sguardo ben focalizzato sulla strada che mi condusse all'esterno. Abituarmi a guidare dal lato opposto non fu arduo, così, prima di procedere per le strade sconosciute del Principato, mi accostai al marciapiede più vicino per impostare il navigatore in direzione dell'École Saint-Charles. Il computer di bordo indicò un tragitto di poco più di ottocento metri, che iniziai a percorrere allontanandomi dal concentrato di edifici che accerchiava piazza Beaumarchais. Lasciai alle mie spalle il complesso del One Monte-Carlo, seguendo le istruzioni del display lungo un rettilineo.

L'aria della Costa Azzurra era respirabile solo studiando le palazzine che fiancheggiavano la strada, con i loro colori chiari e gli infissi eleganti, benché non esagerati rispetto al quartiere di Montecarlo in cui soggiornavo. Mancava un'ultima curva a dividermi dall'asilo che Erin avrebbe frequentato per quel periodo limitato di tempo, in cui svoltai per poi percorrere una salita per qualche metro.

L'edificio che ospitava l'École Saint-Charles sapeva distinguersi dal resto dei palazzi della cittadina. Era un concentrato di cemento e vetri oscurati, il cui piano terra era adibito a parcheggio. Vi entrai per piazzare il SUV in attesa dell'uscita di Erin e, una volta spento il motore del veicolo, mi recai all'esterno. L'ingresso dell'asilo era poco distante, raggiungibile in pochi passi. Una volta arrivato, sostai nella piazzetta che divideva la scuola da una chiesa, in compagnia dei genitori degli altri bambini.

Non avevo ancora avuto il tempo di chiedere a Erin come si trovasse all'asilo, o se avesse avuto occasione di stringere amicizia con i suoi compagni. Non ne escludevo la difficoltà: sapeva spiccicare alcune parole in francese, formando le frasi necessarie per intrattenere una conversazione frivola a portata di bambino, ma era ciò a cui le sue conoscenze si limitavano.

I miei timori, tuttavia, presero forma quando la campanella suonò e i bambini cominciarono a uscire, spargendosi per la piazzetta in cerca dei genitori. Non impiegai troppo tempo a distinguere le treccine rosse di Erin che si guardava intorno spaesata, probabilmente in cerca di Kira, con le spalle scosse dai singhiozzi e il visino inumidito dalle lacrime. Preoccupato, le indirizzai un cenno per farmi notare e lei mi corse incontro. Non mi rivolse una singola parola, limitandosi a stringermi all'altezza delle ginocchia. Per facilitare la nostra comunicazione, quindi, la presi in braccio.

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