Istituto Ştefan cel mare - Iaşi - Romania

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«Prego, si accomodi pure». Il preside ripose la sigaretta elettronica e abbassò il case del notebook. Si alzò in piedi tenendo un braccio poggiato sulla scrivania mentre protese l'altro all'uomo in giacca e cravatta che gli stava davanti. «Lei deve essere il professore Lireu. Ha per caso origini albanesi?»

«Me lo chiedono in molti. Nacqui in Iraq.»

«Interessante» il preside annuì con un sorriso affabile, facendogli cenno di accomodarsi. «Ho letto il suo curriculum e non le nascondo che l'ho fatto con molta ammirazione. Mi dica, cosa la spinge a volere insegnare in una scuola elementare? Lei ha, non so come non rischiare di minimizzare la sua carriera, ma lei, ecco, ha studiato lo spazio e viaggiato per milioni di chilometri. Ora, insegnare in una scuola elementare, mi sembra, non so, mi dica lei.»

«Sono proprio i miei studi ad avermi spinto, o meglio, costretto a compiere questa scelta. Vede, signor preside, credo fermamente che per costruire una società migliore, bisogna formare gli uomini. E quale periodo migliore, per la loro formazione se non durante la tenera età. A cosa serve andare e venire da un pianeta all'altro se poi la conoscenza di quanto si apprende rimane relegata a un piccolo gruppo di eruditi? Ma, se si insegna ai fanciulli, e si insegna con esperienze vissute sulla propria pelle, beh, credo sia in tal modo che si possano formare scienziati migliori di quelli che operano in questa epoca.»

«Io, io sono semplicemente onorato di accoglierla nel nostro istituto.» Aprì una cartellina controllando la posizione e il ruolo. «Bene. Vedo che le viene assegnata la quarta classe, scelta davvero eccellente. Sarei felice se un giorno allargherà i suoi orizzonti, ma non voglio farle carico di nulla che non provenga da spontaneità. Benvenuto all'istituto Ştefan cel mare, professore Lireu.»

«Grazie signor preside. Sono sicuro che la nostra sarà una fruttuosa collaborazione.»

«Ne sono più che certo ma, mi dica, davvero vuole iniziare da domani?» domandò il preside con gli occhi ancora luccicanti di ammirazione.

«Certo. Le confesso che in realtà sono impaziente a riguardo».

Una breve stretta di mano e il preside uscì chiamando un inserviente. «Signor Dimitru, accompagni il professore nella sezione 4H, per favore».


La porta della quarta classe si aprì e fece capolino una giovane donna, probabilmente sulla ventina, con dei sottili occhiali che non minimizzavano affatto la bellezza di due grandi occhi azzurri. Difficile credere che fosse un'insegnante. «Prego, si accomodi pure. Il mio nome è Isabelle. Tu devi essere quello nuovo immagino».

Le strinse la mano sorridendo. «Beh, mi sarei aspettato un linguaggio più formale ma, sì, sono quello nuovo. Puoi chiamarmi Angel, o sete la senti: professore Angel Lireu.»

«Oh, perdonami. Ma vedrai che linguaggio usano questi marmocchi nonostante la nostra fatica nell'insegnare loro la corretta grammatica.»

Lireu fece capolino nella sua classe osservando una trentina di ragazzini con il capo chino ognuno sul proprio foglio. «Vedo che la situazione la tieni bene sotto controllo. Li trovo molto concentrati.»

«Oh sì. Sono tutti angioletti. Ma questa è la quarta H. E, sai, è una sorta di classe di transizione, tra i bambini della terza e i quasi adolescenti della quinta. Qui, diciamo, si iniziano a prendere un po'più seriamente le decisioni per il proprio futuro. Tuttavia, se un giorno lavorerai anche con la quinta, scoprirai a tue spese che non sarà affatto un nido di usignoli» disse strizzandogli l'occhio.

«Ti dispiace se entro e mi presento ai ragazzi?»

«Oh, certo che no» e gli fece spazio «ma quando inizierai?»

«Domani. Solo che mi piacerebbe conoscere la classe prima di presentarmi investe ufficiale.»

«Capisco, e la trovo un'ottima idea. Anche io ho fatto la stessa cosa. E così inizierai domani, che buffo. E io che temevo di dover dire al preside che sono costretta a lasciare l'incarico a giorni, in quanto per lunedì prossimo dovrò trovarmi a Parigi per un concorso che ho vinto.»

«Congratulazioni allora. Dall'energia positiva che emani, sono più che sicuro che avrai successo. Le persone solari vincono sempre».

Isabelle annuì e gli fece cenno con il capo di entrare, dopodiché lo seguì ponendosi davanti alla lavagna osservando alcuni occhietti che si alzavano dal foglio incuriositi. Angel iniziò a camminare tra i banchi per poi fermarsi accanto a un ragazzino dai capelli castani, che sembrava non riuscire a svolgere una divisione.

«Fa 23,333 periodico semplice.»

«Oh, grazie» e scrisse in fretta il risultato «ma non doveva suggerirmelo. Non credo sia giusto.»

«Oh, non ti preoccupare» gli poggiò una mano sulla spalla «so che non ce n'era nemmeno bisogno».

Lo sguardo del bambino divenne per un attimo cupo e indagatore, poi tornò quel suo sorriso gioviale e riabbassò lo sguardo sul quaderno.

Isabelle batté le mani per attirare l'attenzione di tutti. «Bene ragazzi. Vi chiedo di alzarvi in piedi per dare insieme a me il benvenuto al vostro nuovo professore».

Angel la raggiunse. Lei gli si accostò poggiandogli una mano sulla spalla in maniera fin troppo confidenziale, ma lui la lasciò fare.

«Benvenuto, signor professore» dissero in coro gli alunni.

«Grazie. Il mio nome è Angel, Angel Lireu, e prima che me lo chiediate, non ho origini albanesi né rumene. Sono nato in Iraq, diciamo molti anni fa, più di quanti ne avete voi di certo» i ragazzini risero alla battuta del nuovo professore, e in quel modo li aveva già conquistati «Non vi nascondo che sono rimasto sorpreso nel trovarvi tutti così impegnati nel vostro compito. Ho controllato il programma constatando che siete molto più avanti delle classi che ho visitato durante la mia carriera. Dimmi pure» si rivolse a una ragazzina seduta in fondo alla fila.

«Scusi, signor professore. Ma lei non è quello che al telegiornale è stato su Giove e ha volato attraverso la sua atmosfera?»

«Sì, sono proprio quello» rispose ridendo divertito e tuttavia mostrando stupore a quella affermazione così precisa, e insieme a lui tutta la classe. Nel frattempo serpeggiavano risatine e vociferii tra i banchi, con annesse espressioni di ammirazione.

«Sarà una piacevole avventura vivere insieme quest'anno scolastico, e ho anche in serbo per voi qualche sorpresa che sarà fuori programma» osservò sul viso di molti delinearsi un sorriso di entusiasmo con un pizzico di orgoglio. Solo il volto di quel bambino di prima rimaneva impassibile e lo fissava con un'intensità quasi inquietante. «Sarò davvero molto felice di lavorare con voi. E voglio che sappiate una cosa fin da subito: non ho paure delle domande. Potrete porgerne a bizzeffe e ricordate soprattutto questo: una domanda stupida è solo una domanda che non viene posta» passò in rassegna con lo sguardo l'intera classe fermandosi d'un tratto su quel bambino di prima. «è chiaro, Timothy?»

Notò che il bambino strabuzzò gli occhi a sentire il proprio nome, e in maniera goffa rispose di sì alzandosi in piedi. Sembrava artefatto il suo atteggiamento, ma per il momento Angel rispose con un naturale sorriso. Salutò la classe e andò via.

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