Capitolo 236: Mercoledì, 15 agosto 2012

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Se sto a rimuginare su tutto quello che non va, è finita.

"Domattina hai l'arteriografia, te lo ricordi?".

Ecco, per l'appunto: l'arteriografia.

"E chi se la scorda!" sbuffo accarezzandomi la testa. In questi momenti mi manca tantissimo non potermi aggrappare ai miei capelli.

"Ti preoccupa?"

"Ma no..." rispondo sfregandomi un occhio.

Perché mai dovrebbe preoccuparmi? Devono solo farmi un taglio nell'inguine, infilarmi un tubo nell'arteria, spararmi dentro un liquido che a quanto pare brucia da matti, e ricucirmi. Ah, e dopo dovrò starmene fermo per tutto il giorno a riposo e anche quello dopo, senza contare la paura della puntura dell'anestesia in un punto così delicato e il fatto di dover essere nudo sotto il camice, che non mi fa stare propriamente tranquillo.

"Sicuro?"

"Sicuro".

Ad ogni modo, non capisco cosa le cambi se sono preoccupato o no, dal momento che non ho scelta.

"Ti ricordi che devi stare a digiuno a partire da stasera? E possibilmente non bere neanche. Qualche sorso se proprio non resisti".

Fantastico.

Questo me l'ero dimenticato. Pensavo di dover aspettare domenica per sentirmi dire queste cose, in previsione dell'operazione, e invece mi tocca già, grazie a questo schifo di esame.

"E ricordati di depilarti domattina, non prima, e non usare il rasoio!"

"Sì sì, mi ricordo, mi ricordo!".


Trascorro il resto della mattina a letto, tra Play e fumetti, pranzo compreso, finché mi viene in mente che domani, dopo l'arteriografia, a letto mi toccherà starci per forza, e che quindi oggi è meglio approfittare della libertà.

Girovago un po' per il primo piano, mi fermo a salutare Rocco e sto con lui una decina di minuti, passo alla macchinetta a prendermi una lattina di Coca e poi me ne vado sul terrazzo.

Fa caldissimo ma non ho voglia di starmene al chiuso; mi siedo sulla sdraio sotto al gazebo a sorseggiare la Coca e continuo a pensare a mio padre.

E alla mamma.

Chissà cosa ne penserebbe lei di questa cazzata dell'Afghanistan. Di sicuro non sarebbe d'accordo e si opporrebbe con tenacia alla sua partenza.

Se fosse ancora viva, lei non lo lascerebbe partire.

Ma se fosse ancora viva, lui non partirebbe.

Perché se fosse ancora viva, si prenderebbe cura lei di me, e lui non avrebbe bisogno di scappare come un vigliacco perché è troppo debole per restare.

Ci sarebbe lei accanto a me, a darmi forza, ad ascoltare davvero come mi sento, a parlare coi medici, a mettere tutte le firme che servono senza delegare niente ad Asia.

Ci sarebbe lei.

Ma lei non c'è.

Ho un nodo in gola che non ne vuol proprio sapere di sciogliersi.

Oggi va così.

Mi manca.

Trovo ingiusto che mi sia stata portata via.

Trovo ingiusto che abbia sofferto inutilmente.

Trovo ingiusto che adesso debba soffrire io per la stessa malattia.

Trovo ingiusto che mio padre sia così vigliacco.

Trovo ingiusto che Asia debba sentirsi responsabile nei miei confronti.

Leo (Io non ho finito)Where stories live. Discover now