Capitolo Sesto

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"Penso che se hai intenzione di scegliere un posto dove morire, allora Marte probabilmente non è una cattiva scelta... Non è che sia una sorta di desiderio di morte marziano o qualcosa del genere. Ma, yeah, nascere sulla Terra e morire su Marte, suona abbastanza bene."

(Elon Musk, giugno 2016)

Avvenne tutto in una frazione di secondo ma il tempo parve dilatarsi per diventare eterno, come per permetterle di ricordare per sempre ogni istante di quel terribile momento, in modo che tale ricordo potesse in futuro perseguitarla per sempre nei sogni.

In un istante tutti i clienti del locale scattarono in piedi estraendo delle armi illegali, evidentemente dotate di chip identificativi occultati, e le puntarono sugli agenti.

Loredana urlò "E' una trappola! A terra!".

La porta della cucina si spalancò e ne emerse un enorme droide da combattimento, con le mitragliatrici pesanti puntate su di loro.

I bambini iniziarono a gridare ma, da dietro il droide, emerse il cuoco che li afferrò trascinandoli al sicuro nelle cucine.

La cameriera iniziò ad urlare terrorizzata rannicchiandosi in un angolo.

AISHA, l'I.A. tattica dell'unichip di Monique, entrò immediatamente in modalità combattimento e un flusso di nanomacchine fuoriuscì dalla sua cintura, ricoprendola con uno strato protettivo che si solidificò in un esoscheletro più duro dell'acciaio.

Monique scatenò istantaneamente un potente EMP che mandò in avaria tutti i dispositivi elettronici non schermati nel raggio di cinquecento metri e fece crollare a terra alcuni bioidi. Si stringevano la testa urlando di dolore, in preda alle convulsioni, mentre i loro unichip impazziti inviavano impulsi casuali al corpo.

Tutte le proiezioni olografiche del locale ed anche della strada esterna sparirono lasciando solo persone organiche che si guardarono intorno smarrite e confuse.

Era il mondo reale.

Squallido, grigio, sporco.

Genuino.

Fuori, in strada, piovvero droni della polizia, anch'essi disattivati dall'EMP.

Ma evidentemente il droide da combattimento e le armi degli assalitori dovevano essere schermati, perché rimasero attivi.

Monique guardava tutto come se stesse assistendo alle scene di un film al rallentatore. La sua mente era altrove. Vide Loredana e gli agenti della squadra SCUDO entrare istantaneamente in azione, uno sciame di nanomacchine rovesciarsi al suolo fuoriuscendo dallo zaino di uno di loro e formare un muro difensivo tra loro e i terroristi.

Loredana urlava «Siamo agenti S.C.U.D.O., mettete giù le armi!» rivolta ai bioidi agitando il fucile mitragliatore di ordinanza.

I sintetici urlavano anche loro intimando a loro volta agli agenti di gettare le armi.

Presto ci sarebbe stata una carneficina. I terroristi erano molti di più e avevano un droide pesante da combattimento. Gli agenti S.C.U.D.O., da parte loro, erano soldati altamente addestrati e ben armati. Ma erano pur sempre meno della metà. E per di più non potevano permettere che dei civili venissero feriti.

Vide uno dei due uomini della Hokuto puntare l'arma verso la driade. La sintetica era rimasta ferma, a capo chino, al centro della scena, come se tutto il resto fosse solo un inutile contorno. Come se tutto il mondo avesse perso di importanza e fosse messo in ombra da un effetto vignetta, al cui centro c'era quella figura minuta e aggraziata.

Poi alzò le mani.

«Nessuno morirà oggi, non qui, non ora» disse con la sua voce frusciante.

I bioidi la guardarono confusi. Lei ricambiò lo sguardo annuendo.

«Verrò con voi» disse rivolta a Loredana «ma dovrete lasciare che questi yokai se ne vadano sani e salvi».

Loredana rimase lunghi istanti a fissarla. Stava comunicando mentalmente con la centrale. Poi annuì.

La driade si mosse verso gli agenti del Servizio di Ritiro Sintetici che le si misero subito ai lati. Uno dei due l'afferrò rudemente per l'avambraccio, strattonandola.

Monique si scosse dal suo stato: «Hey!» esclamò rivolta all'uomo «Vacci piano!».

Lui sbuffò e trascinò via la driade. «Muoviti HK-45DF6, sei stata ritirata su disposizione della Corporazione Hokuto. Ogni tentativo di auto-sabotaggio del tuo firmware o dei backup conservati sarà punito secondo le leggi sul danneggiamento di beni corporativi».

Lei non rispose.

Si voltò invece un'ultima volta verso Monique. I due si scambiarono uno sguardo silenzioso. Gli occhi della driade erano lucidi ma stava ancora sorridendo.

Pura luce.

Nessuno al mondo sorrideva così.

Poi si voltò, allontanandosi con passo incerto, trattenuta dai due agenti terminatori.

I bioidi e gli altri loro complici li guardarono uscire poi si dileguarono dall'ingresso secondario del locale.

Monique li seguì con lo sguardo.

Aveva un senso di gelo al cuore e la lingua stranamente secca.

Cadde a sedere, la mente che vorticava come impazzita.

Notò appena Loredana che rientrava nel bar e si sedeva all'altro capo del tavolo.

Rimasero in silenzio per un po', finchè non giunse la giovane cameriera di prima e iniziò a pulire il tavolo.

«Complimenti per l'azione agenti» disse la giovane. «Era ora che venissero a ritirare quella lattuga»

Monique le rivolse uno sguardo gelido.

«La chiamavano La Gemma» continuò quella. «Era qui da quasi un mese. Era una delle biobambole dello strip club lì di fronte. Veniva spesso qui quando non lavorava, forse per attirare nuovi clienti per il locale. Ma si diceva che in realtà venisse da Opportunity e che fosse uscita di testa ed avesse ucciso qualcuno».

Il panno si muoveva veloce sulla superficie lucida del tavolo, trascinando con sé il ricordo del tocco delle delicate dita della yokai.

«Spesso faceva discorsi strani sul suo vero passato...» scosse la testa con un sorriso sarcastico. «Come se non si sapesse che quelle puttane sintetiche hanno solo falsi ricordi impiantati. Probabilmente aveva contratto la sindrome degenerativa bioide. A volte si rifiutava di lavorare e dava di matto. Una volta la sentimmo urlare sin da qui, immaginate. Temevamo che prima o poi avrebbe ucciso qualcuno dei clienti. Ma finalmente la stanno portando allo smaltimento. Era ora! Era una minaccia. Quelle... "cose", quando si guastano, sono inutili e pericolose». Smise di pulire e interruppe il suo soliloquio per rivolgersi alle due donne. «Posso portarvi qualcos'altro?». Sorrideva.

Il suo sorriso era quello a cui Monique era abituata. Gelido, impersonale. Irreale.

Morto.

Monique non rispose.

Si accorse appena di Loredana che liquidava la ragazza con un gesto spazientito.

Sentiva lo sguardo della sua collega su di sé.

Rimasero in silenzio per lunghi minuti.

«Cazzo» mormorò infine l'altra a bassa voce, guardando la strada bagnata.

Monique alzò lo sguardo e incrociò gli occhi blu di lei.

«A volte mi chiedo chi veramente sia l'umano, in questo mondo fottuto».

Fuori pioveva ancora.

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⏰ Last updated: Feb 09 ⏰

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