ORPHANAGE: CAP ONE

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*SUONO DI SIRENE IN LONTANANZA*

Era una calda sera quando la sirena dell'ambulanza arrivò in quella casa.

Un cancello dorato si apre su un giardino immenso, perfettamente curato. L'erba verde sembrava essere un tappeto di velluto che si stendeva per svariati metri.

Al centro del giardino una fontana sputava ancora acqua ignara di ciò che stesse accadendo.

Alle spalle della casa proveniva una luce. Era la piscina illuminata che, visto il clima estivo, veniva spesso utilizzata per rinfrescarsi. D'altronde si sa, la Tailandia è invivibile quando fa caldo. Come si sopravvive senza una piscina nel giardino di casa?

La grande villa era bianca ed enorme. Comprendeva più di 20 stanze. Aperto il grande portone in legno si notava da subito l'estremo lusso all'interno della villa, già anticipato dall'esterno. Il pavimento in marmo si espandeva per tutta la casa. L'ingresso era riempito da molti mobili, poco abbinati tra loro ma sicuramente molto costosi. In fondo una scala con un corrimano dorato conduceva alle stanze al piano superiore. Quella sera non si riusciva neanche a vederla. Il sali e scendi di persone rendeva impossibile riuscire a distinguere dove finiva il pavimento e dove iniziavano i gradini

Arrivai e da lontano vidi le luci delle sirene ma non appena girai l'angolo per poterla vedere perfettamente, il suono si interruppe.

C'erano tre differenti ambulanze e l'auto del medico personale del nonno. Già da lì un senso di angoscia iniziò a crescere all'interno di me. L'angoscia mi pervase, mi tremavano le gambe. Volevo fermarmi, se non fossi arrivato alla fine della strada non avrei saputo. E fino a quando non sapevo poteva essere successo di tutto, come poteva anche non essere successo niente.

Un passo alla volta sempre più soccorritori. Tutti indaffarati, imbacuccati, si scambiavano furtive informazioni come se qualcuno li stesse spiando.

Arrivo all'entrata di casa e il cancello spalancato segnava che qualcosa di molto grave stava succedendo. Mai quella casa è stata così aperta agli estranei.

Mia sorella era seduta a terra alla base dalla fontana, quasi nascosta. La bocca semiaperta, le ginocchia quasi al petto e lo sguardo perso nel vuoto. Mi chinai per parlarle, con la voce tremante e affannata di chi era sommerso dalla paura, guardandola negli occhi dissi:

"Junta...Junta che succede? Junta parlami... perché ci sono tutti questi medici? E le ambulanze?

Junta ti prego, parla con me. GUARDAMI!"

Junta rispose con un filo di voce spezzato dalle lacrime.

"Atid...è il nonno. Il nonno è stato male. È successo tutto velocemente e non ho capito nulla. So solo che scendeva le scale ed era pallido...mi ha guardato è ha sorriso come sempre. Si è voltato verso papà e portando la mano al petto è crollato al pavimento. Pensavamo ad uno dei suoi soliti malori ma il suo medico personale ha chiamato l'ambulanza, una un'altra e un'altra ancora ma ancora non è uscito nessuno. NON PUO' MORIRE, ti prego! Non può. Il nonno no, non posso farcela Atid!"

la sirena smise improvvisamente di illuminare la strada. Si spensero le luci e quel lampeggiare si trasformò presto in un profondo buio. Il silenzio era pressante.

Lasciai le mani di mia sorella, che una volta libera, si asciugò le lacrime e sistemò i capelli per poi alzarsi. Andai io per primo, lei mi seguiva cautamente. Come se nascondersi dietro di me le impedisse di provare dolore. Davanti al portone c'era mio padre, impassibile. Il marmo dei gradini sopra i quali si era poggiato sembrava essere più morbido di lui.

Non lo vedevo da più di tre mesi, dunque, accennai a un saluto. Ricambiato da uno sguardo furtivo. Quasi come volesse rubare un istante per guardarmi senza farsi vedere, per poi voltarsi nuovamente verso la porta.

Orphanage, dara hnum🔞History of Perth e ChimonWhere stories live. Discover now