ormai è tardi

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Quando un anno prima Manuel aveva baciato Simone lo aveva fatto senza pensarci troppo. Alice lo aveva appena mollato ed era incazzato. Si era sentito usato e poi gettato via, come se non valesse abbastanza. 
Così quando Simone lo aveva rincorso nel cantiere della scuola, lo stesso cantiere in cui lavorava Alice, e gli aveva detto "non ti lascio, io ti voglio bene" a Manuel era sembrata l'unica cosa logica da fare. Aveva bisogno di sentirsi dire quelle parole, aveva bisogno di sapere che per qualcuno lui era importante, valeva qualcosa. E forse era stato egoista, aveva usato Simone per sentirsi amato da qualcuno, per poi pentirsi di tutto. A lui gli uomini non erano mai piaciuti, anche se con Simone era diverso. A lui piacevano le donne, gli piaceva Chicca, gli piaceva Alice, gli piaceva Nina. 

Ma dentro di sé Manuel lo sapeva che quello che era successo era successo perché lo voleva. Voleva baciarlo. Voleva sentire il contatto tra le loro lingue. Voleva sentire la morbidezza dei suoi capelli a contatto con le sue dita. Voleva sentire i loro corpi vicini, sempre più vicini, fino ad amarsi. E voleva sentire quanto Simone lo volesse davvero, voleva sentire la sua erezione contro di sé. 
Ed era stato Manuel il primo a baciarlo. E sempre Manuel il primo a toccarlo, a procurare piacere a Simone. Era stato Manuel che lo aveva spinto contro la parete e lo aveva toccato, sempre più voglioso di lui, incapace di fermarsi. 
Ma era sempre stato Manuel quello che poi lo aveva respinto, che lo aveva rifiutato, che lo aveva offeso. 
E se c'era qualcosa nella sua vita di cui davvero si pentiva erano le parole orribili che gli aveva sputato addosso "tu per me manco esisti". Non lo pensava davvero. Non lo pensava allora e non lo avrebbe mai pensato in tutta la sua vita. 
Ma a volte si fanno e si dicono delle cazzate, pur di non ammettere quello che davvero si prova. 
E Manuel non era pronto ad ammettere proprio un cazzo, nemmeno a sé stesso. Nonostante quella dannatissima vocina che nella testa continuava a fargli sapere che forse tutto quello era successo per un motivo. 

E così, un anno dopo, Manuel si ritrovava a pensare ancora una volta a quella sera, mentre era seduto sul motorino di Simone e si aggrappava al suo busto. La sensazione del corpo di Simone così vicino e il pensiero di quella dannata sera gli fecero arrossare il volto e provare un brivido lungo la schiena. Finse di non accorgersene e pose la sua attenzione alla strada davanti a loro. 

Arrivati a scuola niente era diverso, a parte che Manuel e Nina non si rivolsero la parola e non si scambiarono le solite effusioni. E Simone poté tirare un sospiro di sollievo perché finalmente non doveva sopportare la visione orrida di quei due che limonavano sotto lo sguardo poco attento di chiunque gli passasse accanto. 
Perché per quanto Simone fingesse che la cosa non gli interessasse, per quanto ci fosse stato Mimmo in quei mesi nel suo cuore, la visione di Manuel e Nina insieme gli aveva sempre dato tremendamente fastidio. 
La giornata fu tranquilla e senza troppi colpi di scena. Nemmeno Lombardi che lo interrogava sembrò per Simone una novità abbastanza interessante. E nemmeno il 6- che gli concesse sconvolse troppo il ragazzo. La sua vita negli ultimi due mesi era stata fin troppo complicata perché gli eventi scolastici potessero scalfirlo. 

Quel pomeriggio, dopo la scuola, Simone e Manuel decisero di andare insieme nel loro posto preferito per fumare una canna e parlare. 
Come facevano ogni volta si stesero accanto alla vecchia piscina abbandonata di casa Balestra e iniziarono a fumare, parlando di qualsiasi cosa gli venisse in mente. Finché a un certo punto non fu Manuel a decidere che era arrivato il momento di affrontare quella questione che in quei due mesi era sempre rimasta in sospeso. 
«Ti va di raccontarmi cosa è successo?» non aveva bisogno di specificare a cosa si riferisse, Simone sapeva benissimo dove voleva andare a parare. 
«Non so se ci riesco» disse sinceramente Simone. Non è che volesse tenersi tutto dentro. Ma, a parte la dottoressa Maggi, quello era un argomento che non aveva mai esternato con nessuno. 
«No devi dimme tutto. Dimme solo quello che te va». 
E Simone iniziò a raccontare dall'inizio e alla fine gli venne incredibilmente naturale aprirsi con il suo migliore amico. Gli disse dei problemi in carcere di Mimmo. Gli raccontò del loro primo bacio e della loro prima volta, senza alcuna vergogna, consapevole che Manuel non lo avrebbe giudicato. Gli raccontò ogni cosa, anche il momento in cui Mimmo gli aveva detto addio e di come si era sentito morire. 
E Manuel non disse nulla, ma avvicinò la sua mano a quella di Simone e intrecciò le loro dita, solo per fargli sentire tutto il suo sostegno, perché lui ci sarebbe sempre stato per Simone. Non lo avrebbe mai più lasciato solo. Anche se in quel momento una parte del suo cuore si era appena sgretolata. 

Manuel ascoltò ogni singola parola che usciva dalla bocca di Simone e osservò ogni dettaglio del suo volto mentre cercava con tutte le sue forze di non crollare, di non piangere. E in quel momento si sentiva morire. La consapevolezza che Simone fosse stato così tanto male per amore lo distruggeva. E una parte di sé, quella più egoista, era gelosa perché tutto quell'amore non era rivolto a lui, ma a Mimmo. 
Ma più di tutto Manuel era incazzato con sé stesso che in tutti quei mesi non si era accorto del rapporto che stavano costruendo Simone e Mimmo, troppo occupato a pensare alla sua di vita e alla sua storia d'amore con Nina. 
Quanto era stato egoista e stronzo per non accorgersi che il suo migliore amico si era innamorato, che lo aveva dimenticato e aveva deciso di donare il proprio amore a qualcuno che non era lui. 

E proprio quando la consapevolezza dell'amore di Simone per Mimmo prese possesso di lui, un'altra consapevolezza si stava espandendo nel suo cuore: era innamorato di Simone, ma era troppo tardi
Aveva avuto la sua possibilità, un anno prima, e l'aveva lasciata andare. Anzi, molto peggio, gli aveva sputato addosso, rinnegando ogni sentimento. 
E ora, che finalmente il suo cuore era pronto ad ammetterlo, era decisamente troppo tardi. 

Rimasero stesi a guardare il cielo che cambiava colore, mentre la canna si consumava tra le loro labbra e le loro mani rimanevano intrecciate. 
Mentre il cuore di Simone si sentiva un po' più libero e quello di Manuel tremendamente pesante. 

*** 

«A volte penso di non potere mai più essere felice» Simone stava piangendo, come capitava spesso quando andava dalla sua psicologa. 
«Penso che per tornare ad essere di nuovo felice dovresti imparare ad amare te stesso, prima di chiunque altro» la dottoressa Maggi gli sorrise dolcemente, dopo aver pronunciato queste parole. 
«Non credo di sapere come si faccia».
«E' una cosa che bisogna imparare a fare, sempre un piccolo passo alla volta. Ma vedrai che ci riuscirai». 

Ogni volta era sempre migliore e al tempo stesso peggiore della volta prima. Andare in terapia lo stava aiutando tanto: a capire sé stesso e i propri sentimenti, a convivere con il dolore. 
Non si era mai sentito così pieno e vuoto allo stesso tempo, come nei momenti in quello studio. In cui poteva dire tutto ciò che gli passava per la testa, incluse le sue paure più profonde. Consapevole che la sua psicologa non lo avrebbe giudicato, ma solo aiutato a capire sempre di più come migliorare. 
E quelle parole ora le sentiva forti e chiare dento di sé "imparare ad amare te stesso". Ma come si fa? Da dove si inizia? 
Simone era convinto che non avesse mai amato sé stesso, nemmeno prima di Manuel, nemmeno prima di Mimmo. 
Amare quei due ragazzi gli aveva riempito il cuore, finché tutto non era finito e il suo cuore era rimasto distrutto. Era stato bellissimo ma aveva anche fatto fin troppo male. I suoi sentimenti, per quanto belli, lo avevano prosciugato. 
E la dottoressa Maggi aveva ragione, doveva amare sé stesso, per la prima volta.  

Non lasciarmi solo - SimuelWhere stories live. Discover now