insensibile

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In tutti quei mesi non si era accorto di nulla, era stato il solito stronzo insensibile, troppo preoccupato dei suoi di problemi per accorgersi che il suo migliore amico stava crollando.
Manuel ora, guardando Simone che piangeva nel suo letto, si rendeva conto di quanto poco avesse capito dello stato d'animo del suo amico. Era stato così poco presente da non sapere nemmeno cosa lo avesse ridotto in quello stato. Possibile che fosse stato così ceco? Così insensibile? Così stronzo? 

In tutti quei mesi aveva pensato di essere lui quello devastato dalla vita. Scoprire di avere padre, che arriva all'improvviso ed elimina ogni certezza, lo aveva fatto sentire tradito, solo, incompreso. Pensava che nessuno potesse capirlo, nemmeno il suo migliore amico. E poi la fatica nel cercare di creare un rapporto con il padre, Nicola, e con sua sorella, Viola. Imparare a non odiare sua madre, nonostante gli avesse sempre mentito. 
E poi Nina, la ragazza nuova e misteriosa, che gli era subito piaciuta. Scoprire che lei avesse una figlia lo aveva spaventato all'inizio e, nonostante cercasse in tutti i modi di non darlo a vedere, continuava a spaventarlo. Non si sentiva pronto a quella valanga di responsabilità, nonostante fosse stato lui stesso a scegliere di farsene carico. E lo aveva fatto quando aveva dato retta a Nina e aveva deciso di rapire la bambina, che era stata data in affidamento, e scappare a Parigi. La sua testa glielo diceva che era un'idea di merda, che sarebbero finiti in mille guai. Ma la felicità negli occhi della sua ragazza all'idea di poter vivere felici e liberi gli faceva perdere il senno. 

E anche in quel momento era stato egoista, stupido, affrettato. Non aveva pensato a sua madre, al fatto che abbandonandola l'avrebbe distrutta. Non aveva pensato a Simone, nemmeno quando era stato lui a chiamarlo per vedersi e lo aveva visto turbato. Ma era accecato dall'adrenalina di scappare, dall'amore per Nina, per comprendere che il suo amico aveva un problema. Non si era accordo di nulla, della sua agitazione, della sua paura, del suo dolore. E gli aveva detto del suo piano, gli aveva raccontato tutto, perché di Simone lui si poteva fidare, perché per Manuel lui ci sarebbe sempre stato. Ma Manuel ci sarebbe stato per Simone? 
In quel momento non lo aveva fatto parlare, non aveva insistito, forse nemmeno gli interessava quello che Simone era andato a dirgli. E non gli era nemmeno interessato quando Simone si era lasciato sfuggire un "mi lasci qui da solo, come sempre".
Aveva continuato con il suo piano, nonostante dentro di sé sapesse quanto fosse stupido; avevano rapito la bambina al parco e avevano cercato di scappare. 
Il piano alla fine era fallito e tutto si era risolto, la bambina era tornata dalla famiglia affidataria e né lui né Nina erano stati denunciati. Inoltre suo padre aveva fatto in modo che Nina lavorasse per lui, per poter avere più possibilità di riprendersi sua figlia. E alla fine, come sempre, qualcun altro aveva risolto i casini in cui Manuel Ferro si ficcava da solo. 

Ed era stato troppo occupato da tutti questi casini che lui stesso aveva creato per accorgersi che Simone, piano piano, si stava sgretolando. 

Quel giorno, quando Dante aveva chiesto a Simone di rimanere a scuola mentre loro andavano a fare lezione fuori, non si era posto troppe domande sul perché di quella decisione. E quando, dopo un po', Simone li aveva raggiunti non gli aveva chiesto nulla, ma aveva notato che il suo amico aveva pianto. 
Quando erano tornati a casa Simone si era chiuso nella loro stanza senza dire una parola. Manuel, dopo aver mangiato velocemente qualcosa in sala da pranzo con Dante, Virginia e Floriana, era corso al piano di sopra per capire cosa fosse successo a Simone. 
Simone dava le spalle alla porta, aveva il cuscino stretto al petto e piangeva silenziosamente, non preoccupandosi delle lacrime che bagnavano le lenzuola. Manuel si avvicinò cautamente e si sedette sul letto, accarezzando la schiena del più piccolo.
«Che succede Simò?» chiese cauto, con il tono di voce più tranquillo che riuscisse a usare, quasi sussurrando. 
Simone non rispose, continuò a piangere, come se non si fosse nemmeno accorto della presenza di Manuel alle sue spalle. Così il più grande non disse più nulla, si stese sul letto accanto al suo amico e lo abbracciò. 
Rimasero in quella posizione tutto il pomeriggio. Simone alternava momenti di pianto a momenti di sonno. E Manuel semplicemente restava lì a confortarlo, accarezzandogli i capelli, stringendolo a sé. 

Quando il sole sparì all'orizzonte e Simone sembrava più tranquillo nel suo sonno profondo, Manuel si alzò cautamente e scese al piano di sotto, dove Floriana stava preparando la cena. Non si dissero molto, ma entrambi erano visibilmente preoccupati per Simone. 
Quando la cena fu pronta, Manuel tornò da Simone per convincerlo a mangiare qualcosa, ma il più piccolo era ancora addormentato e non volle svegliarlo.
A cena quella sera erano tutti molto tesi e nessuno sembrava in vena di tante parole. Ma fu Manuel il primo a interrompere il silenzio.
«Cos'ha Simone?» chiese ai presenti, che alzarono lo sguardo su di lui. 
Fu Dante che prese la parola «oggi Simone ha visto Mimmo».
Non disse niente di più e Manuel sentiva che stesse omettendo qualcosa, ma non volle indagare. Se Dante non aveva iniziato con un flusso continuo di parole, spiattellando tutto, allora forse doveva essere qualcosa di importante, qualcosa che nemmeno quel logorroico del suo professore di filosofia poteva dirgli. E forse l'unico che poteva rispondere alle sue domande era Simone. 

Fu una cena breve e silenziosa. Eppure a Manuel sembrò interminabile e quel silenzio lo stava assordando. Non riusciva a non pensare a Simone da solo al piano di sopra che piangeva. E a sé stesso che non era riuscito a stare accanto al suo migliore amico, che non sapeva nulla, che non comprendeva il motivo per cui, dopo aver visto Mimmo, Simone stesse così male. 
Cosa si era perso? Quante cose il suo migliore amico non gli aveva detto? Quante cose non gli aveva chiesto? Da quando Manuel era diventato così stronzo da non accorgersi di nulla?
Quando tornò in camera Simone era nella stessa posizione in cui lo aveva lasciato. Manuel si mise sul suo letto, accanto a quello di Simone, e rimase a osservare il suo amico, controllando che non si risvegliasse e ricominciasse a piangere. Rimase sveglio per molto tempo, osservando Simone, finché il sonno non arrivò prepotente e si addormentò. 

Non lasciarmi solo - SimuelWhere stories live. Discover now