Capitolo 2

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Derbyshire, 1813

Una cavalcata mattutina è l'ideale quando bisogna schiarirsi le idee e non lasciarsi sopraffare dalle emozioni. O meglio, questo è quello che pensava Edward Davings mentre spronava incessantemente il suo purosangue a raggiungere una velocità così elevata da permettergli di allontanarsi il più rapidamente possibile da suo padre. Da lui e da quello che quest'ultimo gli aveva appena confessato.
Il ragazzo si era svegliato stranamente di buon umore quella mattina e si era alzato dal letto con un'energia che difficilmente aveva nelle prime ore del giorno. Si era poi lavato e vestito, prima di scendere al pian terreno per fare colazione. Fu proprio in quel momento, mentre scendeva le scale dell'antica dimora, che una delle domestiche lo fermò dicendogli che il duca lo aveva mandato a chiamare urgentemente. Senza fare domande, Edward si era diretto verso lo studio di suo padre. La discussione che i due uomini ebbero nei successivi quindici minuti fu una delle più accese che i domestici avessero mai sentito avvenire in quella casa. Tutto quello che videro, invece, fu il figlio del duca uscire in fretta dalla casa per dirigersi alle scuderie. Qualche istante dopo il ragazzo sfrecciava per la campagna del Derbyshire in monta al suo destriero.
Non poteva crederci! Sapeva che, con la morte di suo zio e il titolo che passava nelle mani di suo padre, prima o poi anche per lui sarebbero arrivati responsabilità e doveri: mai avrebbe però pensato che sarebbero arrivati così in fretta e soprattutto senza preavviso. In qualità di unico erede maschio del nuovo duca, aveva ben chiaro che la discendenza del casato sarebbe pesata interamente sulle sue spalle. Questo voleva dire sposare una donna di buona famiglia per poi procreare un degno successore al titolo. Tuttavia credeva che avrebbe avuto la possibilità di scegliere da solo una moglie e non che il padre, di sua iniziativa, lo avrebbe promesso a una giovane, figlia di un amico benestante, la cui generosa dote nuziale avrebbe posto fine allo stato di precarietà in cui il ducato viveva.
Dopo che il defunto zio Charles aveva sperperato tutte le finanze di cui disponeva sui tavoli da gioco, Edward e suo padre avevano avuto a che fare con i libri contabili della tenuta per più di un anno, cercando soluzioni che permettessero alla famiglia di non cadere in disgrazia. C'erano riusciti... per qualche mese. Le successive settimane le avevano passate arrancando, cosa che continuavano a fare, nonostante i loro più disperati tentativi di rimettersi in piedi. Un matrimonio combinato con una donna che portava con sé una ricca dote sembrava essere la loro ultima speranza.
Edward era abbastanza maturo da comprendere la decisione presa dal padre, ma non abbastanza da ammetterlo apertamente. Mai avrebbe messo da parte l'orgoglio per dire al duca che quella era la mossa più saggia da fare e che avrebbe fatto come lui desiderava, sposando una perfetta sconosciuta prima della fine della Stagione.
Questo stava cercando di metabolizzare mentre sfrecciava per i campi della tenuta, prestando ascolto solo ai suoi pensieri e al rumore del vento che gli frusciava tra i capelli. Non pretendeva l'amore, si era arreso all'idea di sposare, un giorno, una persona per cui non provasse nessun tipo di affetto. Il suo desiderio era solo quello di trovare una donna affascinante, la cui compagnia fosse resa gradevole dalla sua capacità di conversare su qualsiasi tipo di argomento, e non solo sulle attività predilette dalle signorine. Una donna graziosa, nei modi e nelle abitudini, una buona madre e padrona di casa... una vera duchessa! In fondo non chiedeva molto. Di certo, però, una creatura simile non sarebbe stata facile da scovare, ma lui era pronto a dedicarsi al noioso compito di ricerca che lo avrebbe aspettato. Adesso, invece, si sarebbe dovuto unire in matrimonio a una perfetta sconosciuta, le cui virtù, sempre nel caso in cui ci fossero state, le avrebbe scoperte solo a nozze compiute. No, questo non poteva proprio accettarlo.
Arrivò a questa conclusione dopo quella che ormai era stata una lunga cavalcata. Tirò le redini del cavallo e lo costrinse a fermarsi violentemente. Aveva capito cosa fare. Ora doveva solo tornare indietro e parlarne con suo padre. Convincerlo non sarebbe stato facile, ma non si sarebbe arreso senza almeno provare. Spronò il cavallo ad andare nella direzione da cui erano venuti e presto si ritrovò ad affidarlo a uno stalliere, per poi percorrere a grandi falcate lo spazio che lo separava dallo studio del duca.
Era un'idea folle, ma così folle che avrebbe potuto funzionare.
Bussò alla porta per trovarsi di nuovo dinanzi all'uomo che poco prima lo aveva spinto a comportarsi da ragazzino e fuggire via dalle sue responsabilità. Quel ragazzino adesso era sparito e al suo posto c'era un uomo che finalmente aveva deciso di prendere in mano la sua vita. Con uno sguardo vivace, che non rispecchiava per niente la postura composta che aveva assunto, disse tutto d'un fiato: «Me ne vado». 

Un matrimonio da evitareWhere stories live. Discover now