1° capitolo

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Avete mai sentito parlare del mistero della vita?
Nessuno sa chi potrebbe averci creato, nessuno si è mai chiesto:
- " ma io, perché vivo?  Per cosa sono venuto al mondo? Qual è il mio obbiettivo? " -

Dovrebbe essere una domanda comune, ma pochissimi riflettono su essa...
Forse solo i filosofi sono fatti per riflettere e porsi domande sulla vita?

No.
La verità è che dentro siamo tutti filosofi e, so che molte volte vi demoralizziate sul fatto che la vita non ci regali tutto quello che noi ci aspettiamo, decide lei il nostro destino.

Il mio è stato un destino inaspettato, non ho scelto io a questo mondo di essere speciale...
Ma per speciale non intendo che io sia un dono benevolo.
Oh no, la vita riserva anche ingiustizie, ma sono le ingiustizie a renderci imbattibili, sono le ingiustizie che costruiscono la nostra corazza.
E questa corazza è fatta per rompersi quando si raggiunge il massimo del nostro potere, delle nostre forze.

Tornando a me e al discorso dell' "essere speciale".
Il mio nome è Undici, si, un nome strano, il nome di un numero.
Il mio vero nome non me lo ricordo, so solo che sono la ragazza quasi più grande rispetto ai miei fratelli e sorelle.
Sono l'unica ad aver capito che siamo rinchiusi in un laboratorio per esperimenti illegali ai minori, dato che noi abbiamo un dono speciale.
La telecinesi.
Le nostre giornate sono molto semplici.
Appena svegliati facciamo colazione, pane e acqua per non appesantirci per poi andare nelle sale prova sfogandoci usando il nostro potere imparando anche a controllarlo per non creare guai, poi ci sono le orette libere e verso la sera si va di nuovo a lavorare se si può dire.
Ho 16 anni, un età difficile, l'età dell' adolescenza, in questo preciso istante vorrei essere libera.
Per libera intendo che vorrei correre nel mondo al di fuori di questo laboratorio, vorrei conoscere i miei veri genitori, sapere se ho sorelle o fratelli di sangue, ma soprattutto trovarmi dei veri amici.
Non come i bambini rinchiusi in questa, se possiamo dirlo, " prigione ".
È da quando sono venuta al mondo che sapevo una cosa: il mio destino sarebbe stato presto distrutto.

                      Per oggi è tutto Cloe, Undici.

Chiusi il mio diario.
Mi trovavo nella mia insignificante cameretta, per insignificante intendo monotona e incolore.
Ebbi un oretta libera e la usai per stare sola, con la pace che mi circondava, in tutta tranquillità.
Misi sotto al mio letto Cloe, lo so cosa starete pensando: solo una bambina potrebbe dare un nome al proprio diario.
Pur essendo una ragazza di 16 anni, la mia personalità era ancora infantile, anche se in compagnia delle altre persone facevo uscire l'adolescente forte e impassibile che era in me.
Bussarono alla mia porta.

- Undici, è ora. -

La mia ora di lettura era terminata, quello che mi chiamò fu mio padre, grand uomo responsabile  e pacato, come d'altronde dovrebbe essere chiunque al di fuori del laboratorio.
Pur essendo una progioniera come gli altri, potevo definirmi particolare.
Rispetto a loro avevo molti più lussi come più ore libere e qualche volta cibo prelibato.
Ma non vi aspettate chissà cosa.
Mi portarono nella mia sala personale dove avrei dovuto far uscire tutta la mia rabbia, ma in completa sicurezza.
Mi misero un apparecchio in testa, per monitorare sia il battito cardiaco che la frequenza dello sforzo emesso dal cervello.
Prima di sedermi, un ragazzo un pochino più alto di me si avvicinò, i suoi capelli erano biondo paglia e la pelle era molto chiara, piu chiara della mia.
Molto probabilmente vide che l'apparecchio fu messo male e decise di aggiustarlo, ma mentre lo sistemava cominciò a sussurrarmi all'orecchio.

- Sei agitata? - mi disse.

- Leggermente, ma è sempre così...poi piano piano mi tranquillizzo. - risposi.

- Tu hai del potenziale Undici, credi in te stessa, qualunque cosa puoi chiedere a me. -  quelle belle parole che disse mi suonarono in testa come una dolce melodia, facendomi salire l'autostima.

- Io...non ricordo il tuo nome, scusa... - fui imbarazzata quando finì la frase perché mi parve di essere stata un tantino maleducata quando glielo chiesi, ma non mi ricordai se io e lui avevamo già parlato in passato.

- Certo, è normale, io e te non abbiamo mai parlato, piacere Peter. -
Mi tese la mano.
Non avrei mai potuto sapere che quello fu un incontro che cambiò il mio destino.
Il destino si ribaltò, diventò...sottosopra.

𝙎𝙤𝙫𝙧𝙖𝙣𝙞 𝙙𝙚𝙡 𝙎𝙤𝙩𝙩𝙤𝙨𝙤𝙥𝙧𝙖 [ᴘᴇᴛᴇʀ ʙᴀʟʟᴀʀᴅ × ᴜɴᴅɪᴄɪ]Where stories live. Discover now